Rassegna della stampa araba

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:09:19

La guerra fredda scoppiata tra Arabia Saudita e Iran dopo l’esecuzione del leader sciita Nimr al-Nimr si combatte anche sul terreno dell’informazione. Tra i tanti commenti pubblicati sul quotidiano panarabo Al-Sharq al-Awsat, di proprietà saudita, spiccano quelli di due editorialisti di punta del giornale. Uno è Abd al-Rahman al-Rashid, ex-direttore del canale satellitare al-Arabiya. In un articolo intitolato “Perché al-Nimr deve essere eccezione?”, al-Rashid ha scritto che “al-Nimr era uno shaykh molto estremista, e non è vero che era un leader politico. Come i leader delle organizzazioni estremiste sunnite istigava all’opposizione e alla lotta armata, e raccoglieva armi e finanziamenti. […] Gli uomini di religione non godono di alcuna immunità quando sono responsabili di atti di istigazione o dell’uccisione di civili, siano essi sunniti, sciiti o di qualsiasi altra religione. Il nostro problema, anzi il problema del mondo contemporaneo, sono gli uomini di religione estremisti che compiono atti di distruzione e minacciano ovunque la pace. Non ha senso chiedere ai sauditi di giustiziare leader religiosi sunniti”. L’altro editoriale è firmato da Ridwan al-Sayyid, importante intellettuale libanese. Al-Sayyid accusa gli iraniani di essere i responsabili della guerra confessionale che sta distruggendo il Medio Oriente: “Gli iraniani hanno voluto dall’inizio che il loro conflitto con gli arabi avesse un carattere religioso. Affermano di detenere la leadership del mondo islamico e che a loro è stata affidata la difesa dell’Islam nelle grandi questioni che lo riguardano, come la questione palestinese. Così molti arabi si sono lasciati ingannare, visto che lo slogan agitato era: morte all’America, morte a Israele. Senonché ben presto si è visto che cosa nascondeva questo slogan, visto che gli iraniani hanno partecipato con gli americani all’accaparramento dell’Iraq, diffondevi i crimini settari e l’emigrazione forzata. […] Gli iraniani sono riusciti a suscitare una guerra religiosa contro gli arabi, ora in nome dell’Islam, ora in nome della sciitizzazione”. Al-Sayyid non soltanto accusa l’Iran, ma rivendica la necessità del primato saudita sul mondo arabo: “L’aggressione confessionale e settaria guidata dall’Iran [...] ci fa percepire più chiaramente il nostro bisogno di solidarietà e dello Stato. In ogni angolo del mondo arabo lo Stato è un progetto di resistenza, fermezza e salvezza. E oggi lo Stato degli arabi è l’Arabia Saudita”. Anche Al-Hayat, altro quotidiano panarabo controllato dai sauditi, si schiera apertamente con Riad. Dawud al-Sharyan, giornalista che anima un talk di grande successo su al-Arabiya, ha scritto che “il governo saudita ha trattato al-Nimr con la pazienza di Giobbe, sopportando il suo estremismo, il suo impeto e la sua violenza per più di dieci anni e tentando molte volte di evitare lo scontro, nonostante il suo progetto non fosse diverso da quello di Bin Laden”. Affermazioni di sostegno ai sauditi giungono anche da altre parti del mondo sunnita che pure non ricadono direttamente nella sfera d’influenza saudita. Il pensatore marocchino Ahmad al-Raissouni, influente ideologo del movimento islamista Unicità e Riforma e membro dell’Unione mondiale degli ulema presieduta da Yusuf al-Qaradawi, ha detto in un’intervista a Arabi21 che “l’Iran deve smetterla di pensare che tutti gli sciiti siano suoi cittadini, o suoi vassalli” e che “l’appartenenza confessionale non dà il permesso all’Iran di immischiarsi nelle questioni islamiche di tutto il mondo musulmano e soprattutto quando c’è di mezzo uno sciita”. Rispetto ai commentatori della stampa apertamente filo-saudita, al-Raissouni tiene a mantenere una certa distanza dalla monarchia del Golfo, ma allo stesso tempo identifica il nemico senza mezzi termini: “Noi siamo contro l’Iran. L’Arabia Saudita ha le sue politiche e ha commesso i suoi errori, sui quali possiamo essere d’accordo o in disaccordo. Per esempio essa si è intromessa negli affari egiziani, contribuendo alla caduta di Morsi, ma è evidente che l’Iran sta avanzando in tutti gli Stati musulmani. […] È necessario contrastare l’Iran, è necessario che l’Iran sappia che il mondo sunnita ha una sua esistenza, una sua personalità, una sua opzione dottrinaria sin dalla missione dell’inviato di Dio e non accetteremo questa sciitizzazione soprattutto da quando essa avviene con la forza delle armi”. Naturalmente di segno opposto i commenti della stampa filo-iraniana. Sul quotidiano Al-Safir, espressione della comunità sciita libanese, Nasri al-Sayegh scrive per esempio che “lo shaykh Nimr al-Nimr non è il primo a subire ingiustizia e non sarà l’ultimo. […] Lo shaykh agiva con la parola, dicendo no: no alla distinzione tra musulmano e musulmano, no all’ingiustizia e all’esclusione, no alla tirannide e alla dittatura. Agiva con la parola e mai con gli atti. Nel regno [saudita ndr], parlare è un crimine, l’atto di pensare è un crimine”. Mentre i commentatori filo-sauditi lasciano trasparire una certa inquietudine per un Iran in ascesa, quelli filo-iraniani insistono sull’iniquità del regno saudita, ma anche sulla sua delicata situazione. Al-Sayegh aggiunge infatti: “Da quando è scoppiata la Primavera araba, l’Arabia Saudita ha proceduto con l’eliminazione dei suoi nemici e la protezione dei suoi amici: ha protetto Hosni Mubarak, impedendo che fosse condannato a morte; ha accolto Ben Ali, a cui ha garantito un piacevole soggiorno senza chiedergli conto delle sue azioni, si è accanita contro i Fratelli musulmani in Egitto; ha celebrato la caduta di Gheddafi e ha contribuito al delirio libico. Ciononostante l’Arabia Saudita si trova a un importante punto di svolta, che suscita diversi interrogativi: quando finiranno le guerre saudite? Il regno si salverà dai loro effetti devastanti? La sua situazione interna esploderà e con essa tutta il Golfo? Sono domande senza risposta, ed è questa la cosa più grave. Uno dei segnali di questa gravità è l’iniziativa di uccidere al-Nimr e l’escalation che ne è seguita”.