In gioco il futuro del modello politico turco, in bilico tra stabilità e democrazia

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:09:56

Gli elettori hanno visto in lui una garanzia di stabilità, nonostante i recenti mesi del suo mandato siano stati caratterizzati da scontri e violenze politiche. Il trionfo di Recep Tayyip Erdoğan al voto del primo novembre ha riportato il suo partito, Giustizia e Sviluppo (Akp), alla maggioranza in Parlamento, con circa il 50 per cento delle preferenze. “Il popolo turco ha votato contro la possibilità di un governo di coalizione”, ha spiegato a Oasis Berkay Mandıracı, analista dell’International Crisis Group. “Scegliendo di fatto il governo unico dell’Akp, la popolazione ha optato per la ‘stabilità’, colonna portante della campagna elettorale di Erdoğan”, a discapito di una Turchia più democratica, in cui gli altri partiti avrebbero forse avuto un’occasione. “Il successo del partito”, dice Mandıracı, “è dato dall’aver sottratto voti agli altri schieramenti, anche divergenti tra loro”, grazie alla debolezza dell’opposizione stessa nel delineare una personalità politica in grado di rappresentare una valida alternativa. “Certamente serviranno ulteriori analisi per capire esattamente da dove vengono i voti”, continua, “ma si può supporre che l'Akp è stato capace di mobilitare molti suoi ex-elettori che si erano astenuti a giugno a causa delle precedenti mosse del presidente". Gli sconfitti Alla vittoria dell’Akp si contrappone il flop dei partiti di opposizione. Da un lato, il partito repubblicano Chp oscilla ancora intorno al 25 per cento delle preferenze, quota raggiunta anche lo scorso giugno. Nei mesi passati, i repubblicani, oppositori storici di Erdoğan, non hanno saputo sviluppare il programma elettorale, né organizzarsi diversamente per raggiungere nuovi elettori e ampliare i consensi. E’ stato un colpo per il partito Chp il netto calo di voti raccolti a Smirne, roccaforte dei repubblicani. Dall’altro lato, l’Hdp, il partito filo-curdo, ha perso molti voti nel Sud-Est del Paese, regione a maggioranza curda, dove storicamente raccoglieva più consensi. Tuttavia, date le condizioni avverse in cui hanno svolto la loro compagna elettorale (i recenti attentati e le violenze contro la popolazione), i curdi moderati hanno avuto un relativo successo, conquistando 59 seggi in Parlamento, anche se in discesa rispetto agli 80 di giugno. “Per ampliare la sua fonte di voti", ha detto Mandıracı, “all’Hdp non basterà attrarli dal suo bacino naturale, ma dovrà capire il suo ruolo di mediatore nella comunità curda e allontanarsi in maniera definitiva dal Pkk”. Secondo l’analista, la perdita maggiore è stata registrata dal partito nazionalista Mhp, i cui voti sono andati in larga parte all’Akp, grazie soprattutto alla dialettica nazionalista sfoderata maggiormente negli ultimi mesi dagli islamisti di Erdoğan. La fine del presidenzialismo? Le elezioni politiche di giugno avevano lanciato un chiaro messaggio. “Erdoğan dovrebbe aver imparato che la sua idea di repubblica presidenziale non piace alla Turchia”. La riforma costituzionale, pubblicizzata durante la scorsa campagna elettorale, è stata probabilmente la causa della sua sconfitta prima dell’estate, tant’è vero che per quest’ultima tornata il presidenzialismo è rimasto in secondo piano. Mandıracı è pertanto convinto che questa non sia più una priorità per il partito e sostiene che il governo si muoverà invece verso l’inclusione dell’opposizione, dando ancora una chance alla democratizzazione del Paese. A suo avviso, se il tema dovesse riproporsi non avrebbe la stessa portata di prima. Il dibattito in merito è però molto acceso e non mancano opinioni in netto contrasto. Per alcuni, infatti, il Sultano Erdoğan sfrutterà la maggioranza ottenuta proprio per accentrare ancora più potere. Violenza in aumento e democrazia sempre più lontana La situazione al momento è critica. All’indomani del voto, la rivista turca Nokta è stata ritirata dalla vendita per aver intitolato il numero di lunedì 2 novembre “L’inizio della guerra civile turca”. In seguito alla decisione presa dalla 5° Corte Penale di Pace, il capo redattore e il direttore della rivista sono stati arrestati. La libertà di stampa in Turchia ricomincia subito a risentire dell’autoritarismo di Ankara. Il governo mono-colore mostra l’abilità strategica di Erdoğan: “Il ruolo dell’opposizione nei prossimi mesi sarà deciso dalla volontà del leader dell’Akp di includerla nelle scelte politiche del Paese. Se la sua politica sarà quella dell’esclusione”, afferma Mandıracı, “il governo difficilmente avrà successo”. Gli scontri con la polizia scoppiati dopo la pubblicazione dei risultati, in modo particolare nelle regioni a maggioranza curda, preoccupano e fomentano il clima di violenza diffuso nel Paese. Già in campagna elettorale il governo aveva promesso una lotta al Pkk. "Aprire nuovi canali di comunicazione con il leader del movimento curdo, Abdullah Öcalan, ad oggi ancora in prigione, potrebbe significare un passo positivo nel processo di pace". La democratizzazione del Paese appare decisamente in bilico, anche se dal Crisis Group sono ottimisti: “L’Akp deve ritornare sui suoi primi passi e portare avanti le riforme democratiche. Questo non solo renderà stabile il governo, ma potrà anche riaprire il dossier turco del processo di integrazione nell’Unione Europea. Gli ostacoli sono ancora molti, ma l’entrata in Europa e la democratizzazione sono “speranze da non abbandonare”. Per Berkay Mandıracı, visto che “le prossime elezioni si terranno tra quattro anni, c’è tutto il tempo per vedere miglioramenti nella conciliazione tra i vari schieramenti nel Paese".

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