Riportiamo le parole dell’arcivescovo di Milano, Sua Eminenza il cardinale Angelo Scola, in un passaggio del dibattito “Comunicazione e Misericordia” tenutosi il 30 gennaio all’Istituto dei Ciechi di Milano in occasione della festa del Santo Patrono Francesco di Sales

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:09:14

“Una società plurale deve essere il più possibile inclusiva. In questo senso, anche se criticare la laicità francese ti rende sempre un bersaglio preferito, io continuo a criticare quella della famosa legge del 1905. Non si può pretendere che una società civile vitale e plurale come la nostra si concepisca, per parafrasare i filosofi, come una notte in cui tutte le vacche sono nere - non si vede più niente - come la costruzione di uno spazio di impossibile neutralità in cui tutto sparisce. Al contrario, deve essere il più possibile inclusiva dal punto di vista del principio, e dal punto di vista della concretezza della realtà deve essere il più possibile rispettosa di una storia. Quindi non si tratta di togliere il presepio, ma casomai, se incrementano i bambini musulmani, prendere una loro festa e inserirla nella dimensione pubblica. Ovviamente sul piano pratico tutto questo, come si dice quando si fa il discorso sulle moschee, va fatto rispettando delle condizioni oggettive: qual è la comunità che domanda questo, perché lo domanda, qual è il rapporto tra il sacrosanto diritto ad avere un luogo di culto - se c'è una libertà di religione - e il realismo della domanda, che comunità ci sta dietro, come pensa di volere questa moschea, cosa ci vuole fare, come questa rispetta anche urbanisticamente la storia di una città che è cristiana, con quasi totale sicurezza, dall'inizio del secondo secolo? Sono tutte queste le condizioni da vagliare, ma per il resto la nostra deve essere una società inclusiva. Poi come sempre non si può pretendere che la legge, che è necessaria, risolva la questione del mio e del nostro giocarci di persona con queste cose, in un rapporto effettivamente aperto e spalancato, financo misericordioso nel difficile equilibrio tra misericordia e giustizia. E' un equilibrio che a livello umano è assai difficile da costruire e va quindi costruito di volta in volta. Io penso da questo punto di vista proprio i simboli, se ben interpretati, fatto salvo soprattutto in momenti tragici come questi l'elemento ‘sicurezza’ che deve essere ben calcolato, dovrebbero favorire il dialogo interreligioso e quindi rappresentare un elemento fondamentale per la costruzione di una vita buona. Perché il simbolo è il modo con cui si dà carne alla propria convinzione, un modo con cui si accetta il cambiamento, anche se il cambiamento è un pugno allo stomaco, ti dà una scossa, si accetta il cambiamento dinamicizzando la propria fisionomia, la propria identità, non perdendola. Ma da questo punto di vista la situazione ci ha fatto fare passi in avanti: fino a 25/30 anni fa da soliti europei curiosi di tutto facevamo gli esercizi zen nelle abbazie! Adesso almeno ci occupiamo dei problemi reali nostri e di questi nostri fratelli”. Scola: «Una società inclusiva non rinuncia ai propri simboli e accoglie quelli degli altri»