Quando l’intellettuale egiziano Farag Foda pensava che democrazia e separazione tra Stato e moschea avrebbero salvato l’Egitto

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:09:42

(…) La laicità – Dio ce ne scampi – sarebbe una pianta satanica sopraggiunta da fuori, una concezione ateistica estranea al nostro mondo, un influsso deliberato dell’imperialismo o del sionismo o di tutti e due insieme, e una forma di miscredenza, implicita presso i moderati e dichiarata presso gli altri, e anzi per i primi un modo di spargere la corruzione sulla terra e per i secondi un’apostasia indubitabile, non curabile se non con la morte (dopo aver offerto la possibilità del pentimento) o quanto meno con l’amputazione alterna di una mano e di un piede o la crocifissione. A fronte di questa levata di scudi, i politici hanno smesso di utilizzare la parola o di insistervi e i sostenitori della laicità, o meglio quelli che tutti si aspetterebbero essere i sostenitori della laicità, hanno preferito prendere il bastone nel mezzo, dopo aver definito una delle due estremità come “laica”, e averla rifiutata, e aver descritto l’altra parte come “teocratica” (nel senso del governo degli uomini di religione) e averla rifiutata anch’essa, preferendo abbracciare una posizione mediana. (…) La laicità in Francia è diversa da quella nel Regno Unito: mentre in Francia lo Stato è completamente separato dalla religione, nel Regno Unito il capo di Stato è anche capo della chiesa, una differenza che, per quanto formale, non cessa di essere tale. E di certo la laicità in Egitto è ancora diversa, perché significa la separazione tra religione e politica, ma non tra religione e Stato, dato che esiste un ampio spazio di compenetrazione tra queste due realtà. Il fatto è ormai pacifico ed è diventato come un costume tradizionale: lo Stato sostiene le istituzioni religiose e ne sceglie la leadership, celebra in modo ufficiale le festività e ricorrenze religiose e riserva alla religione ampio spazio nei suoi media e nelle sue istituzioni educative. Questo però avviene all’interno di un quadro definito e limitato, che non porta l’Egitto fuori dalla laicità e non lo fa entrare nel novero degli Stati religiosi.

Se i sostenitori della laicità la considerano come una separazione tra religione e Stato, o totale e completa o limitata alle sole realtà politiche e alle questioni di governo, al contrario i suoi avversari ritengono che questa separazione sia impossibile e che mescolare religione e Stato sia un obbligo religioso, che l’Islam sia religione e Stato e che chiunque accetti la fede e rifiuti lo Stato rinneghi necessariamente un insegnamento di fede. E con questo insegnamento di fede intendono il fatto che essa organizzerebbe le modalità di governo e le questioni politiche. Di questa pretesa però non portano mai le prove. Non per questo tacciono, ma anzi vagano senza meta per monti e per valli. Ti rinviano al Corano. Ma se gli dici che il Corano non ne fa parola, che non tratta di come si debba scegliere il governante e non chiarisce la natura del regime di governo, ti rimandano alla shûrâ [“consultazione”]1 .

Se gli domandi come la interpretano, e in che misura sia obbligatoria per il governante, si dividono in tutto tranne che nell’ostilità verso di te e si disputano su tutto tranne che sul dichiararti miscredente. Ti rimandano alla Sunna2, ma se gli dici che l’epoca del Profeta è legata alla sua persona e non è una prova per le generazioni seguenti (perché dove si trova oggi un governante che [come il Profeta] non parli mosso da passione e riceva rivelazioni divine sul da farsi?), ti scaraventano addosso il governo dei Califfi ben guidati3. E se provi a discutere con loro o ad analizzare le cose, danno letteralmente di matto dicendo che sei entrato nelle regioni sacre. Se provi a obiettare con argomenti logici, fanno i finti logici dichiarando che la ragione non ha parte in queste cose e se gli metti di fronte gli errori compiuti dai Compagni, gli uni si stracceranno le vesti chiamando Dio in loro soccorso e gli altri risponderanno che gli errori dei musulmani non sono una prova contro l’Islam. E in questo hanno ragione, ma chi mai ha detto che stiamo obiettando all’Islam? L’Islam è nel cuore e nella ragione insieme. Noi qui stiamo solo protestando contro la loro pretesa di poter governare per mezzo dell’Islam e questo è ben diverso; perché l’Islam, a nostro avviso, è religione e non è Stato (nel senso moderno della struttura dello Stato), è coscienza e non è spada (nel senso antico della spada). (…)Spesso mi domando perché sia così e credo di avere una risposta che contiene molti elementi di verità e che si può sintetizzare in questo modo: abbiamo ricevuto [questi valori] da altri e non abbiamo pagato nessun prezzo per essi. Ogni cosa ha il suo prezzo, la democrazia, la laicità, la civiltà, i diritti umani, tutto ha un prezzo. Il mondo civilizzato ha pagato un prezzo per tutte queste cose. Per arrivare dove si trova ora ha dovuto attraversare mari di sangue e camminare sopra i cadaveri di migliaia di vittime. Per questo si tiene ben strette queste conquiste e non le molla, sapendo bene la fatica e la serietà, il sudore e il sangue che hanno richiesto. Noi invece abbiamo ricevuto tutte queste cose senza sforzo, ce le hanno trasmesse i pionieri [delle riforme]. Difenderle ci risulta difficile e non ci importa granché di perderle parzialmente o totalmente. Sono assolutamente certo che pagheremo il prezzo tra poco, a meno che ogni coscienza libera non si risvegli e ogni patriota desideroso di veder progredire il proprio Paese gridi con quanta voce ha in gola: “No! No allo Stato religioso! No al rifiuto della laicità! No al confondere le carte tra politica e religione!” E tutte queste espressioni sono alla fine sinonimi. Grideranno alla miscredenza. Ma per favore, chi sono loro per giudicare se uno è miscredente o no, chi sono loro per escludere le persone da una religione in cui crediamo e a cui ci consacriamo nel nostro intimo, non vedendo in essa altro che amore e tolleranza, non spade sguainate, sudari insanguinati e distese di tombe! (…) 

(…) La cosa peggiore che sta accadendo nel lottare contro questa corrente è che lo Stato, pur essendo laico, si comporta come se fosse uno Stato religioso, per paura, calcolo o incapacità. Finge di non vedere le irruzioni che una minoranza compie nei luoghi di divertimento pubblici con il pretesto di trasformarli in moschee, per paura di essere attaccato sulla fede o sul dogma; chiude un occhio di fronte alle armi, bianche e non, per paura che alcuni dicano che è in guerra con gli “islamisti”; e difende le sue opinioni servendosi degli uomini di religione “ufficiali”, giustificandosi con gli isnâd4 della giurisprudenza islamica e non con i testi della Costituzione, con la Legge autentica o il chiaro Interesse generale.

(…) Nello Stato laico le cose si accettano o si rifiutano a partire dalla difesa dell’interesse generale e dal modo in cui lo si comprende, e secondo un unico criterio vincolante che è la Costituzione e la Legge. E se Costituzione e Legge presentano delle mancanze, a te tocca correggerle emendandole. Ma se le trascuri e difendi le tue decisioni basandoti su quella che pensi sia la religione autentica e il retto sforzo interpretativo, ebbene così facendo tu consegni agli altri un’arma con cui ti pugnaleranno perché hai preso in prestito da loro la loro arma e gli hai dato modo di giustificare quanto fanno e riprovare quello che tu fai rendendo lecito il tuo sangue, perché tu non riuscirai a reggere a lungo il loro estremismo e non ce la farai a resistere alla loro chiusura mentale e allora subito ti si rivolteranno contro (...) 

Noi siamo molti e loro pochi, noi siamo un futuro e loro un passato, noi siamo calmi e loro sbraitano. Penso che le loro azioni siano soltanto uno stimolo a rispondergli; penso che le loro parole siano soltanto un monito a resistergli. Allora non gioveranno loro gli strepiti e i vaneggiamenti né la vuota retorica o la violenza degli schiavi. Ma hanno il diritto di esigere da me che io li porti a vedere e li conduca per mano al vero e indichi loro la strada giusta e i suoi segnavia, prima che sia troppo tardi. E con questa strada intendo i fondamenti dello Stato laico, che sono i seguenti: 1. Il diritto di cittadinanza è il fondamento dell’appartenenza, nel senso che noi tutti, musulmani e copti, apparteniamo all’Egitto in quanto egiziani. 2. Il fondamento del governo è nella Costituzione, che tratta in modo uguale tutti i cittadini, e assicura la libertà di fede senza limitazioni o vincoli. 3. L’interesse generale e particolare è il fondamento della legislazione. 4. Il regime di governo è civile (madanî), trae la sua legittimità dalla Costituzione (nel senso appena precisato) e si adopera per realizzare la giustizia attraverso l’applicazione della legge (nel significato appena precisato), attenendosi alla dichiarazione dei Diritti dell’Uomo (nel suo contenuto generale di civiltà). Mi pare che quanto precede rappresenti l’essenza di quello che viviamo oggi, di quello che persone come me cercano di consolidare e chiarire e che altri cercano di distruggere e abbattere perché contraddice totalmente la loro idea di Stato religioso. Sono assolutamente certo che la nostra epoca non ha spazio per questo concetto, ma temo che alcuni riescano a piegare l’Egitto verso di esso. In quel caso ne pagheremo tutti il prezzo e sarà molto alto. (…) 

Oggi la democrazia domina, tutti la desiderano e la auspicano. Così sarà anche per la laicità e i suoi sostenitori: nel futuro dominerà e diventerà una speranza, anzi forse l’unica speranza, perché la storia, come ho detto, ha il suo moto e il suo ritmo. Un moto che non conosce regresso e un ritmo che non ha nulla a che fare con l’oscurantismo o l’ignoranza.

(Farag Foda [Faraj Fawda], Hiwâr hawl al-‘almâniyya [Dialogo sulla laicità], al-Qâhira 1986, pp. 7-27 passim trad. dall’arabo di Martino Diez)

 

1 Si tratta di una procedura di consultazione tra i credenti, raccomandata in Cor. 42,38: «Coloro che obbediscono al loro Signore, e compiono la Preghiera, e delle loro faccende decidono consultandosi fra loro, e di quel che la Provvidenza ha loro donato, largiscono». Modernamente si è cercato di ritrovare in questo accenno coranico la forma islamica della democrazia.

2La tradizione di Muhammad, con valore normativo per i credenti.

3I primi quattro successori di Muhammad, tutti suoi Compagni. Sono considerati un modello per le generazioni successive.

4L’isnâd è l’elenco dei trasmettitori di una tradizione profetica (hadîth). L’aggettivo “autentico” (sahîh) è un termine tecnico della scienza degli hadîth, ma l’autore lo applica volutamente alla legge secolare (qânûn).

L'articolo è un estratto dell'e-book Troppa religione o troppo poca?