I conflitti si sono trasformati da politici a religiosi e scavano un solco profondo tra comunità, ha detto il Custode di Terra Santa Pizzaballa. Anche se la guerra dovesse finire, sarà difficile ricostruire i rapporti

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:09:56

“Quello che sta accadendo attualmente in Medio Oriente non è una crisi, è un cambiamento epocale”, ha detto padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terrasanta, intervenendo il 27 ottobre a Madrid alle giornate dedicate dalla Conferenza episcopale spagnola al tema “Cristianesimo e Islam: 1400 anni di convivenza difficile”. Dai conflitti politici ai conflitti religiosi Uno degli indici di questo cambiamento è il fatto che, se fino a qualche anno fa l’elemento politico prevaleva su quello religioso, ora è il contrario: “In Terra Santa non si sente più parlare di confini, territori, Stati. La parola d’ordine è Liberare (la moschea di) al-Aqsa e i ragazzini odiano allo stesso modo Benjamin Netanyahu e Abu Mazen”. La trasformazione è visibile anche nella composizione del movimento palestinese: “Una volta i leader dei movimenti di liberazione erano sia musulmani sia cristiani. Georges Habache, per esempio, figura storica del nazionalismo palestinese, era cristiano. Oggi tutti i movimenti di liberazione sono islamici e l’Isis esercita una grande attrattiva su di essi”. Le ragioni di questa attrattiva sono molteplici, ma secondo padre Pizzaballa è fondamentale la natura del messaggio dello Stato Islamico: “In una regione lacerata dai conflitti, e in società piagate dall’emarginazione, dalla frustrazione e dal risentimento, l’Isis offre risposte estremamente semplici e chiare. Noi puntiamo giustamente a fornire risposte articolate a questioni complesse, ma il discorso dell’Isis penetra molto più facilmente”. Nuove sono anche le modalità della militanza. Quanto sta accadendo ora in Israele è radicalmente diverso dalle insurrezioni precedenti: “Quella di oggi non è un’intifada, ma qualcosa di peggiore. Le rivolte del passato erano organizzate e guidate. I moti di oggi sono spontanei, messi in atto da cani sciolti, e prima o poi qualcuno se ne impossesserà”. La guerra e la frattura comunitaria In Medio Oriente, la guerra e l’onnipresenza dell’elemento religioso stanno scavando un solco profondissimo tra le comunità e in particolare tra cristiani e musulmani. È un problema nel problema perché “prima o poi la guerra finirà, e noi cristiani rimarremo in Medio Oriente perché non abbiamo nessuna intenzione di andarcene. Ma sarà difficilissimo ricostruire i rapporti perché è venuta meno la fiducia reciproca”. Le tensioni e le difficoltà non sono mai mancate, ma c’era “un intreccio di relazioni”. Per spiegare come questo intreccio sia stato compromesso, il Custode racconta un episodio di cui è stato testimone durante una visita del maggio scorso ad Aleppo: “A un certo punto una zona vicina a quello in cui ci trovavamo è stato colpita dai bombardamenti. Era un’area abitata sia da cristiani sia da musulmani e ci sono stati 200 morti, per tre quarti musulmani e per un quarto cristiani. Ma per i musulmani i morti erano solo 150, mentre per i cristiani 50, perché ognuno contava soltanto i suoi e non considerava quelli degli altri”. La guerra in Siria è un tragico spartiacque. Padre Pizzaballa è in Medio Oriente da 25 anni, ma mai prima d’ora aveva sentito i cristiani parlare male dei musulmani: “Magari lo pensavano, ma non si sarebbero mai espressi in modo esplicito. Ora lo fanno. È una cosa comprensibile, ma questo renderà molto difficile la convivenza anche se la guerra dovesse finire”. E l’intervento russo sembra avere creato più illusioni che soluzioni: “Molti ritengono che la Russia stia cambiando il corso della guerra, ma io non ne sono così convinto. Come tutti, la Russia agisce per il proprio tornaconto, che consiste nel liberare la zona costiera in cui si trova la sua base navale e dove l’Isis non è presente. I russi stanno combattendo soprattutto Jabhat al-Nusra e il Jaysh al-Fath, che sono gli unici gruppi a insidiare veramente Asad. In questo modo resteranno solo l’Isis e Asad e a quel punto non ci sarà più scelta. Ma l’80 per cento dei siriani è sunnita e non vuole Asad. Per questo mi sembra irrealistico pensare a un futuro per la Siria che contempli la sua permanenza al potere”. Effetti sull'Europa I mutamenti mediorientali avranno forti ripercussioni sull’Europa. Il fenomeno dei migranti e dei profughi “è inarrestabile e di questo bisogna prendere atto. Però va governato, e per fare questo non si può rispondere né dicendo che bisogna ributtarli tutti a mare né sventolando le bandiere della pace e negando i problemi. L’accoglienza è un dovere, ma bisogna pensare dei percorsi di integrazione che tengano conto della storia e della cultura dei Paesi in cui i migranti arrivano”. Per spiegarsi Padre Pizzaballa ricorre ancora a un aneddoto: “Vengo da un paese del Nord Italia di 5.000 abitanti, la cui vita religiosa e civile è sempre ruotata intorno alla parrocchia. Ora ci abitano circa 1.000 musulmani, che hanno chiesto di poter costruire una moschea vicino alla chiesa, suscitando timori e attriti. È giusto che abbiano un luogo in cui pregare, ma se questo viene costruito a una certa distanza dalla chiesa si evitano tensioni inutili”.