Un turco cristiano che dirige il periodico culturale Agos, edito in due lingue, turco e armeno, analizza l’attuale situazione turca a partire dalla prospettiva delle minoranze: subiscono ancora discriminazioni subdole connesse a una fase ardua di transizione democratica.
Intervista a Ferda Balancar.

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:38:13

Quali sono gli aspetti più originali del suo giornale ? Io sono un turco cristiano e ho molti amici armeni, cattolici e protestanti, come il fondatore del nostro giornale Agos, Hrant Dink, armeno, assassinato nel 2007. Sono giornalista da 20 anni e ho anche lavorato per alcune ONG. Il nostro giornale è pensato per turchi e armeni e, nonostante non abbia neanche vent’anni, sappiamo che è molto conosciuto. È la sola rivista che viene pubblicata nelle due lingue, il turco e l’armeno. Metà degli impiegati sono turchi, l’altra è armena. Non tutti siamo cristiani, alcuni di noi infatti sono di tradizione musulmana. Per quanto riguarda le minoranze, al momento in Turchia non si può parlare di discriminazione da parte dello Stato, mentre ci sono comunque dei problemi di censura e, a volte, anche di discriminazione all’interno della società. È in questo quadro che il nostro fondatore è stato ucciso da alcuni fascisti e razzisti. Come guarda alla situazione politica attuale in Turchia ? Il nostro lavoro si concentra su argomenti politici, religiosi e di relazioni internazionali, in generale sull’attualità politica e sociale. In questo momento, il conflitto tra Fetullah Gülen e Recep Tayipp Erdoğan è un grosso problema per la Turchia, un problema nuovo. Non è assolutamente vero che gli islamisti moderati sono quelli di Hizmet e che i conservatori sono gli appartenenti all’AKP, come si legge su molti giornali, soprattutto su quelli occidentali. Se da una parte Gülen è considerato moderno, si può anche dire che Erdoğan, dall’altra parte, non è estremista. Si tratta piuttosto di un conflitto d’interessi. La vera questione è il conflitto d’interessi economico, politico ed egemonico ed è la prima volta che il movimento Hizmet si impegna politicamente in maniera diretta. E i cristiani turchi che posizione assumono in questo contesto? I turchi cristiani non prendono parte a questo conflitto politico e in una situazione così complicata non si può predire quali saranno i risultati sul medio e lungo periodo. Tuttavia, al momento, si può constatare che non c’è un partito politico d’opposizione nel Paese che si pone come valida alternativa all’AKP. Anche il CHP non rappresenta un’alternativa ed è proprio per questo motivo che Erdoğan è così forte. Non è un’opposizione perché il CHP simboleggia l’ancien régime, mentre l’AKP è il nuovo che vince contro il vecchio regime kemalista. A che punto è il processo democratico in Turchia secondo lei? La Turchia è più democratica dei Paesi arabi, ma non è ancora al livello di quelli europei. Siamo in una transizione democratica. Negli ultimi dieci anni, grazie all’AKP, la Turchia ha fatto dei passi sulla strada verso la transizione democratica, anche dal punto di vista delle relazioni con le minoranze. I musulmani sostengono Erdoğan o Gülen, ma anche se sono, per così dire, islamisti, sono più vicini alla democrazia rispetto, per esempio, ai Fratelli Musulmani di Morsi. La Turchia, infatti, è molto diversa dall’Egitto. Com’è diventato cristiano e come sono percepiti oggi i cristiani in Turchia ? La mia famiglia era musulmana e io stesso sono stato praticante fino a 25 anni, quando ho cominciato a leggere la Bibbia perché, a partire dal Corano, che avevo imparato a memoria, mi sono sorte molte domande, soprattutto riguardanti il Vangelo. Da quel momento ho iniziato un percorso personale. Essere cristiano in Turchia oggi è difficile, in quanto essere “turco” viene fatto coincidere con l’essere “musulmano”. Se questo era vero soprattutto in passato, rimane vero anche oggi. Infatti, la gente ci vede ancora come un pericolo, anche se a poco a poco ci si abitua e il processo democratico avanza. È interessante notare come, durante gli eventi di Gezi Park, Erdoğan, avendo reagito in modo esagerato contro i manifestanti, ha accusato europei e americani di aver causato i disordini. Questa idea è entrata nel pensiero comune, tanto che ormai si dice che sono state le potenze straniere a provocare gli avvenimenti di Gezi Park. In questo contesto, i cristiani sono ancora identificati con gli europei e gli americani, fatto che rappresenta certamente un ostacolo per il dialogo e l’incontro tra i popoli. Ad ogni modo, penso che in verità nessuno creda più che gli occidentali siano tutti cristiani.