Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:43:28

Gli svizzeri sono forse refrattari al concetto di “libertà religiosa”? Voglio rassicurare subito i miei lettori: ogni cittadino di questo paese continuerà a godere della libertà di avere le proprie convinzioni e di praticare la religione cui appartiene. In quanto membro del Gruppo di lavoro “Islam” della Conferenza episcopale svizzera, non ho esitato un solo istante sulla risposta da dare all’iniziativa di proibire la costruzione di nuovi minareti in Svizzera. Per me era chiaro che avrei dovuto votare no a un tale progetto. Oggi, per chi come me si aspettava un altro risultato dal voto, sarebbe sbagliato recriminare e considerare i vincitori odierni degli xenofobi, degli islamofobi o persone appartenenti a partiti politici di destra o addirittura di estrema destra. Tale stigmatizzazione semplicista, già presente nel dibattito pubblico, ha portato ai risultati che conosciamo. Essa ha anche indotto gli specialisti di sondaggi e il parlamento svizzero a sbagliare sull’esito del voto. Ci si può e ci si deve rammaricare per il fatto che il Parlamento non abbia avuto il coraggio o il discernimento necessari per impedire che questa votazione avesse luogo. Ma ciò che più di tutto colpisce è che una stigmatizzazione tale abbia dissuaso le persone che hanno promosso l’iniziativa dall’aprirsi veramente a un confronto con gli oppositori, e ciò senza timore di vedersi appiccicare l’etichetta di xenofobi o di islamofobi. La paura di essere giudicati e attaccati verbalmente sembra essere uno degli elementi più presenti nella campagna di questi ultimi mesi. Avendo partecipato a diversi dibattiti in quartieri di diverse località svizzere (il quartiere è un contesto privilegiato per percepire la mentalità del luogo e la sua evoluzione) sono rimasto sorpreso dal vedere che, col succedersi degli incontri, il numero delle persone favorevoli all’iniziativa andava crescendo. Tra queste figuravano anche persone impegnate in opere caritatevoli e parenti di musulmani residenti in paesi musulmani. Potrà stupire, ma non ho mai veramente incontrato xenofobi e conosciuto pochissimi simpatizzanti dell’UDC, il partito che ha sostenuto l’iniziativa. Chi c’è dietro il progetto di proibire la costruzione di minareti? O ancora: cosa nasconde una tale ottica? Non spetta a me fornire una diagnosi esaustiva sulla questione. Ma si può notare che nel profilo delle persone che hanno fatto loro l’iniziativa c’è una forte presenza dell’elemento identitario e religioso. La sociologia ci invita a guardare all’identità come a una “costruzione”. Questa costruzione evolve grazie all’apporto di nuovi elementi di tipo etnico, linguistico, religioso, politico, ecc. L’identità svizzera evolve anch’essa ma a un ritmo che non segue quello dei paesi vicini. La Svizzera sembra avere bisogno di più tempo per adattarsi all’evoluzione della società in generale. L’elemento religioso, in quanto forza che segna da secoli la storia del paese, ha sempre creato problemi alla Svizzera, sempre diffidente verso ciò che potrebbe limitarne l’indipendenza, sempre altrettanto sensibile alle questioni relative ai diritti dell’uomo e a tutto ciò che riguarda il diritto alla libertà. Purtroppo, l’islamismo intollerante e invadente, propagato da certi gruppi in Afganistan, Pakistan o Arabia Saudita, da un po’ di tempo sembra allarmare le famiglie svizzere. Sarebbe falso fare astrazione di questa paura per l’Islam, ma bisogna anche chiedersi da dove provenga e perché i cittadini svizzeri votino sì a un’iniziativa che, in prima istanza, non riguarda l’Islam in quanto tale, ma solo la costruzione di edifici religiosi. Oso sperare che il risultato del voto diventi per i musulmani della Svizzera un’occasione di azione in vista di un’affermazione di un Islam europeo. Allo stesso modo, oso credere che i risultati di questa votazione non diano luogo a rappresaglie sterili. La democrazia permette di scegliere. Il popolo svizzero ha scelto. Si può deplorare questo singolo fatto e sperare che nel paese, dove i musulmani sono sempre i benvenuti, continui la coabitazione pacifica. Il risultato deve anche spingere i musulmani della Svizzera a riflettere sul loro posto nella società, in Svizzera, in Europa e nel mondo. In Europa l’Islam deve, a mio avviso, rafforzare le sue capacità di riflessione e di azione per denunciare e lottare contro ogni violazione dei diritti dell’uomo. Deve farlo anche per quanto riguarda i paesi musulmani. L’Islam dovrebbe inoltre promuovere la libertà religiosa, ammettendo la possibilità per le persone di abbandonare la fede musulmana. L’amalgama che troppo spesso si crea tra l’Islam e i gruppi fanatici e irrispettosi delle norme più elementari della dignità della donna e dell’uomo in alcuni paesi musulmani è profondamente ingiusto. Ciò fa parte delle stigmatizzazioni con le quali si pretende di classificare tra gli islamofobi quanti hanno accettato l’iniziativa. Tuttavia è necessario chiedersi se i musulmani della Svizzera e d’Europa hanno veramente riflettuto e agito per prendere le distanze da un Islam aggressivo e soffocante.