Da Damasco a Berlino, passando per il Libano, Lesbo e la rotta balcanica. Quattro amici la cui storia è intrecciata a doppio filo con il dramma siriano ma che, al di là delle etichette, sono innanzitutto dei bravi musicisti

Ultimo aggiornamento: 18/03/2024 11:52:29

I Khebez Dawle (lett. “Pane [calmierato da parte] dello Stato”) sono una band post-rock siriana. La loro storia è stata molto mediatizzata, da una parte per la sua surreale e straordinaria parabola, dall’altra per la sua perfetta ordinarietà nel rispecchiare dinamiche tristemente familiari a migliaia di sfollati e rifugiati a causa della guerra civile siriana, di cui proprio questa settimana si ricorda il decimo anniversario. La storia di oggi inizia però poco prima di quel triste 15 marzo 2011.

 

[Qui tutte le puntate di T-arab]

 

2010. Anas Maghrebi, studente di economia all’Università di Damasco, ma originario di al-Nabk, un paesello a 80km da Damasco (vicino al monastero di Mar Mūsā), fonda Anā (“Io”), insieme a qualche amico musicista. A causa della forte censura, non si esibiscono mai dal vivo.

 

2011-2012. Con lo scoppio delle proteste antigovernative, il batterista del gruppo, il più attivo dei membri nelle rivolte, viene ritrovato morto in una macchina, mentre Bashar, il chitarrista è costretto ad arruolarsi nell’esercito. Abbandonata l’università e ogni progetto di vita a lungo termine, nel pieno del caos siriano, Anas decide di raggiungere due suoi amici musicisti (Muhammad e Hekmat) a Beirut. Prima di farlo, entra in un internet-cafè e carica online la demo della canzone di oggi. Titolo: “Vivo”. Autore: “Pane dello Stato”. Finito il caricamento, una bomba distrugge l’edificio accanto al caffè.

 

2013-2015. Anas, e qualche tempo dopo, Bashar, che ha disertato, trovano rifugio in Libano. Insieme ai due amici già a Beirut, si esibiscono in vari locali della città e registrano il primo disco dei Khebez Dawle, un concept album di undici canzoni che raccontano la storia di un uomo nel bel mezzo delle “primavere arabe” e delle rivolte siriane, tra le sue battaglie interiori ed esteriori. Genere? Rock sha‘bī (popolare), a lor dire «qualcosa di intellettuale che un taxista di Damasco possa ascoltare».

 

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Agosto 2015. Invitati a concerti all’estero, ma impossibilitati ad andarci, perché con un permesso di soggiorno scaduto in Libano e senza visto per altri Paesi, vendono gli strumenti, pagano dei trafficanti 1200 dollari a testa e, come molti altri siriani, si dirigono prima in Turchia e poi, in gommone, a Lesbo. Il resto si trova dettagliatamente online: l’arrivo a sull’isola greca, la distribuzione dei loro cd a turisti increduli, la rotta balcanica (con annesso fermo della polizia), i concerti improvvisati, l’arrivo a Berlino, la “band di rifugiati” in “viaggio per la libertà” nei Balcani[1]. Etichette difficili da gestire, che hanno più volte rifiutato. Musici, prima che rifugiati. Emblematica, in questo senso, una delle loro più importanti esibizioni a Berlino, al Berlin Cinema for Peace 2016: un concerto carico di disagio, tra le colonne della Konzerthaus coperte dall’artista Ai Weiwei con 2000 giubbotti di salvataggio provenienti da Lesbo e le discutibili foto degli illustri ospiti avvolti da scintillanti coperte isotermiche. Fa solo un gran bene ascoltare il loro nuovo brano, uscito nel dicembre 2020. Perché? Perché è solo una gran bella canzone (e video) di un gruppo post-rock (sha‘bī) di base a Berlino.

 

Buon tarab!

 

Canzone: ‘Ā’ish

Artista: Khebez Dawle

Data di uscita: 2015

Nazionalità: Siria

 

 

Qui tutte le puntate di T-arab. Sotto invece trovate il testo della canzone in italiano e arabo

 

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Vivo

Sei ancora vivo, stai bevendo un po’ d’acqua

E il missile che ti ha mancato sta dicendo: “poveretto, è ancora vivo”

Nonostante le condizioni devastanti, e questa vita piena zeppa di difficoltà

sei ancora vivo.

Nonostante le cospirazioni universali e le agende politiche confessionali,

E nonostante un sacchetto di pane ti costi ora 100 lire

sei ancora vivo

 

Ancora vivo, sott’assedio,

Cerchi di concentrarti, magari riesci a capire cosa sia successo

Ti sei espresso, ti sei trattenuto,[2] hai amato e sei cresciuto

Hai messo tutti i tuoi risparmi di una vita in una casa, e ora la casa è stata distrutta[3]

Ti han detto “Confida in Dio e non preoccuparti”,

I tuoi cari sono tutti morti,

Ma oh, davvero complimenti,[4] sei ancora vivo!

 

Chiedi a te stesso: “come è possibile?”

Chi si ricorderà di me quando lascerò questo mondo?

Non ti preoccupare, ci sono altri 23 milioni

Pronti a fuggire[5] via da qui.

Ma davvero sei ancora vivo?

E nonostante tutta questa morte…vivo.

 

عايش

لسّاتك عايش وعم تشرب مَيّ

والقذيفة الـلّي مضيّعتك عم بتقول "خطيّ، لسّاته عايش"

بـرغم الظروف الـلي بتخرّي كتير

وهالعيشة الـمليانة تعتير لسّاتك عايش

بـرغم المؤامرة الكونيّة والأجندة الطائفيّة

ولَكْ ربطة الخبز يللّي صار حقّها ميّة لسّاتك عايش

 

لسّاتك عايش تحت الحصار

بتحاول تركّز بركي بتفهم شو اللّي صار

حكيت وتعبّـيت حبّـيت وتربّـيت

شقا عمرك حطيته ببيت و هلأ طار البيت

قالـولك وكّل الله وما عليك لَكْ ماتوا الـلّي بيعزّوا عليك

بس ما شاء الله حواليك لسّاتك عايش

 

بتسأل حالك شلون؟

ومين بيتذكرني لمّـا فارق هالكون؟

لا تزعل في غيرك 23 مليون

جاهزين لـيطيروا مِن هـون

معقول لسّاتك عايش

ومع كـترة الموت عايش

 

 


[1] Non erano i primi musicisti siriani in fuga. Si veda, a titolo d’esempio, il caso dei The Last Postman e dei MaBRaD.
[2] Un’altra possibile traduzione: “eri pieno di convinzioni”.
[3] Lett. “è volata”.
[4] Mā shāʾ Allāh, lett. “ciò che vuole Dio” (in assonanza con il verso precedente “confida in Dio”), utilizzato per complimentarsi o per esprimere una positiva sorpresa.
[5] Lett. “volare”.

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