Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:45:39

«Fu al British Museum di Londra che mi si aprirono gli occhi. Quando vidi tutti quei volumi in siriaco contenti testi mai pubblicati né tradotti, capì che c'era un tesoro ancora da scoprire». Padre Jakob Thekeparampil, barba bianca corta e curata che incornicia il volto scuro tipico degli indiani del Kerala, è seduto su una poltrona di vimini nel patio del SEERI, il Saint Ephrem Ecumenical Reserach Institute di Kottayam. Racconta come nacque questo istituto di ricerca, da lui fondato nel 1985 e che, ad oggi, è l'unica realtà in India a fornire una formazione universitaria in lingua e letteratura siriaca. «In India esistono sette chiese nate dalla tradizione siriaca, ma alla fine degli anni Sessanta neppure i sacerdoti erano più in grado di leggere e tradurre un testo in siriaco. Per la liturgia si usavano le traduzioni in lingua locale, il malayalam, di alcuni testi base per i Sacramenti. Il Vangelo veniva letto in siriaco, ma durante l'omelia il sacerdote ne forniva ai fedeli una traduzione sommaria. Dunque la liturgia era in parte in siriaco in parte in malayalam, e questo avveniva già prima del Concilio Vaticano II, visto che nelle chiese siriache c'era già la libertà di usare la lingua locale. Nella sostanza, però, i sacerdoti stavano progressivamente perdendo la capacità di comprendere il siriaco. Oggi, infine, la liturgia è sostanzialmente tutta in lingua locale». Fino agli anni Sessanta il siriaco era una materia scolastica nelle scuole pubbliche, ma gli insegnanti erano forniti dalle Chiese, che però a poco a poco non riuscirono più a trovare personale qualificato, decretando così la scomparsa della materia in ambito scolastico. La formazione dei preti, racconta ancora padre Jacob, era condotta sul modello della Chiesa latina. I testi di teologia e di ecclesiologia erano quelli della tradizione latina. «Io, ad esempio, ho studiato in un seminario della chiesa siro-malabarese, anche se appartengo alla siro-malankarese. Mi sono poi perfezionato a Roma, ma le lingue di apprendimento erano l'italiano, l'inglese e il latino. Non una parola di siriaco. Tutta la formazione era calibrata sul modello latino: ho studiato Sant'Agostino, Tertulliano, San Tommaso d'Aquino eccetera. Ma nulla si diceva riguardo ai padri della tradizione siriaca: giganti come Sant'Efrem e Giacomo di Sarug. I loro scritti sono in siriaco: né gli insegnanti né gli studenti dei semirari indiani erano in grado di attingere ai loro testi». Il problema non riguardava soltanto le chiese cattoliche siro-malabarese e siro-malankarese, ma anche tutte le altre chiese siriache ortodosse e protestanti. «Ci si rese conto che era necessario creare le condizioni per far crescere un pensiero teologico sano, che si fondasse anche sull'accesso diretto alle fonti della nostra propria tradizione. Avevamo bisogno, in una parola, di esperti di siriaco». In fondo, ricorda padre Jacob, era uno degli appelli del Concilio Vaticano II: tornare alle fonti per trovare nuovi modelli teologici e liturgici. «A mandarmi a Londra a studiare fu il mio professore di siriaco di Parigi che nel 1971 mi disse che se avessi voluto fare il dottorato con lui, avrei dovuto studiare seriamente. Così non solo mi impossessai della grammatica e del vocabolario, ma imparai anche a cantare la liturgia siriaca e a leggere i manoscritti originali». Arrivato a Londra per terminare il proprio dottorato su alcuni manoscritti, padre Jacob si accorse dell'immenso tesoro nascosto: preghiere liturgiche, testi monastici, commenti biblici, libri di filosofia. «Erano lì che non aspettavano altro che essere letti da studiosi contemporanei che potessero farne tesoro per il bene della Chiesa di oggi». L'idea di costituire un istituto di studi siriaci in India prese corpo durante il Symposium Syriacum del 1980, quando alcuni Vescovi del Kerala chiesero aiuto alla comunità scientifica internazionale. Da quel momento padre Jacob cominciò a girare l'Europa per raccogliere testi a beneficio della biblioteca del nascente istituto. «Arrivai all'aeroporto di Kochin con un container pieno di libri, non penso che nella storia del Kerala uno studente sia mai tornato in patria con tanto materiale». Il SEERI vide la luce nel 1985 e nel 1994 cominciò la collaborazione con la locale università Mahatma Gandhi di Kottayam. Oggi tutti i seminaristi della regione devono passare di qui per seguire corsi di siriaco e, oltre a poter consultare migliaia di testi inediti, al SEERI si possono conseguire Master e PhD in lingua e letteratura siriaca. Ogni quattro anni l'Istituto organizza un convegno mondiale e ogni sei mesi pubblica «The Harp», una rivista internazionale in inglese che prende il nome dall'appellativo che la tradizione ha attribuito a Sant'Efrem: l'arpa di Dio.