Isis: OGM mediatico tra apocalisse e cultura underground globale

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:08:57

Chissà se Quentin Tarantino avrebbe mai sospettato che il suo stile potesse fare scuola anche tra i conquistatori del Mashreq, mettendolo nella condizione di passare il testimone di padre del cinema ai propagandisti del sedicente Stato Islamico. Se guardasse la serie dei video Clanging of the swords, dal primo all’ultimo, non avrebbe dubbi: uno degli ispiratori è lui, malgrado tutto. Regia superlativa, effetti in grande stile, uso di tecnologie high-quality and pro, Canon 3D fullframe quando serve e splatter a volontà. Salvo che qui di umorismo alla Tarantino se ne vede poco e tutto è terribilmente serio e maledettamente apocalittico. L’analisi dettagliata di tutta la produzione media di Isis (in particolare i video) lo rivela chiaramente: il mostro Isis/Daesh – una minaccia imperialista che rivede e riscrive ideologie totalitarie in salsa islamico/halâl – utilizza la tecnologia nel video per dare evidenza a un concetto proclamato con tutte le forze a disposizione, militari e politiche: l’Islam deve essere reso moderno e “scientifico” e va riaffermato come dominatore e protagonista sulla scena mondana. Nulla di meglio che utilizzare poche parole d’ordine ossessive – che contraddicono il meglio di quattordici secoli di cultura e istituzioni di governo islamiche – e spararle in un bricolage di immagini allucinato, molto distante dall’Islam tradizionale, ma con chiare ed evidenti citazioni verso un certo tipo di cinema e di cultura underground globale, in modo da rendere immediata la codificazione del messaggio visuale a servizio di una doppia radicalizzazione cercata e calcolata. Sul tema, da quando Isis ha potenziato la sua produzione con messaggi internazionali, si sono espressi ricercatori, analisti e centri di ricerca. Tuttavia, non tutti hanno sottolineato adeguatamente come il cuore del messaggio di Isis sia un OGM mediatico che non avrebbe potuto crescere se non avesse intercettato, potenziato e modernizzato una parte del messaggio coranico legato all’apocalisse […] con certa produzione hollywoodiana sulla fine del mondo, già presente in nuce in alcuni video-clip made in Usa, finalizzati alla propaganda religiosa verso le seconde generazioni e/o i potenziali credenti nati e cresciuti in Occidente. […] Il cyber-jihad ha, tra le pietre miliari della sua strategia di comunicazione, i messaggi dei suoi ideologi. In questo, anche il terrorismo ha seguito un percorso “stilistico” nella comunicazione dei suoi contenuti-chiave tanto che possiamo parlare di una sorta di “evoluzione”, in termini di tecniche di ripresa, montaggio e grafica, funzionali al messaggio stesso. Nelle prime apparizioni di Bin Laden e, successivamente di Ayman al-Zawahiri, ad esempio, o di Anwar al-Awlaki, colpisce una certa naïveté della forma rispetto alla sostanza. È evidente dai primi filmati che lo stile ricalca molto quello delle comunicazioni dei mujahidin, dove il leader è calato o in un contesto ambientale tipicamente orientale (di solito case, compound militari, studi televisivi improvvisati) che suggerisce il luogo di battaglia o l’ambiente di meditazione. La telecamera è fissa, immobile. Le inquadrature sono anch’esse statiche. È preferito il mezzo busto o il campo medio: mai un piano americano o un primissimo piano. Non a caso questa comunicazione appare come un’epifania: la guida spirituale e militare si manifesta eccezionalmente da un luogo isolato e sicuro e deposita l’atteso messaggio ai seguaci in attesa. In questi video non c’è azione, c’è solo la forza della parola nuda e cruda e di un volto, non esattamente selvaggio. Tutt’altro: nel caso dei tre personaggi sopra citati, un volto estremamente curato. Alle spalle del leader, c’è sempre la bandiera di al-Qaida. Ad apertura e chiusura, in sostituzione della sigla del telegiornale, c’è sempre un nasheed (inno) introduttivo. In virtù di tutti questi elementi, potrebbe essere possibile definire questa comunicazione, che era soprattutto quella di al-Qaida e che si arricchirà di nuovi (e pochi) elementi di drammatizzazione solo dopo l’attentato riuscito alle Torri Gemelle, compresa la celebrazione del pilota-terrorista Mohamed Atta, come debitrice di un linguaggio “romantico”. Lo spartiacque tra uno stile e l’altro, non più romantico ma anticipatore della gamification, è deciso da Hamas e dai suoi video dinamici, pieni di azioni di guerriglia, parate militari, esplosioni. È allora che inizia a prevalere uno stile espressionistico con grande importanza assegnata alla rappresentazione della guerra. Il salto “di qualità” è estremo con i video di Isis. Che, ovviamente, utilizzano sapientemente la grafica in 3D per amplificare la portata del cyber-jihad. L'articolo è un estratto dell'e-book Il tablet e la mezzaluna. Islam e media al tempo del meticciato