Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:36:42

Il fortunato volume di John Witte rappresenta un contributo significativo alla storia del pensiero giuridico e a quella della sua relazione con i ­fenomeni di rinnovamento o riforma religiosa in Occidente. L’autore ha da tempo dato vita a una linea di ricerca che ha reso il Centro di cui è ­direttore – il Center for the Study of Law and ­Religion dell’Università di Emory, Atlanta – un polo di eccellenza mondiale. Non diversamente dai suoi lavori su Lutero e sul protestantesimo, l’approfondimento sul primo calvinismo dà un apporto formidabile alla comprensione del legame tra storia religiosa dell’Occidente e vicende politiche. Almeno dal primo Novecento, era apparso chiaro come il diritto e la politica in Europa e Nord America fossero debitori della religione, quanto a terminologia, allusioni, concetti. ­Witte documenta brillantemente come questo legame non sia accidentale. L’autore conduce il lettore attraverso la Ginevra di Calvino, primo ­laboratorio dove vennero applicate le idee del pensatore riformato e del suo continuatore Beza; passa poi a quel classico del pensiero politico che fu Althusius; ­illustra il contributo intellettuale del poeta John Milton per finire dedicandosi agli insediamenti puritani nell’America settentrionale. Witte mostra la vitalità della riforma luterana sotto il profilo politico e giuridico, tratteggiandone i fronti di espansione. Soprattutto, egli ­illustra come l’evoluzione del calvinismo ­“politico” si intersechi con le vicende storiche che introducono l’Occidente nella modernità. ­Calvino, e poi Beza, declinano il pensiero di Lutero in termini giuridici, dando vita a un esperimento ­destinato a essere discusso per secoli. Althusius offre una sponda ideologica formidabile alla ­lotta per l’indipendenza dei fiamminghi e contribuisce, anche concettualmente, alla fine ­della grande Spagna. In seguito, l’inascoltato John Milton offrirà argomenti di riflessione e spunti da cui teorici e persino politici pescheranno abbondantemente: le Costituzioni del New England si rivelano esempi di ingegneria giuridica largamente influenzata dal calvinismo. Interi temi del costituzionalismo e della teoria generale del ­diritto sono emersi, in maniera disordinata e talvolta persino carsica, dalla storia religiosa. Sovra­nità, federalismo, libertà, separazione tra Stato e Chiesa sono concetti dotati di una peculiare densità e di un carattere polisemico proprio per il contributo delle diverse confessioni cristiane. Le ricerche sul protestantesimo e sul calvinismo di Witte hanno finora confermato le sue ­intuizioni: le origini del diritto moderno devono essere riconsiderate. Quanto ai diritti umani, alla centralità del diritto e ai valori del costituzionalismo moderno, illuminismo e rivoluzione francese da un lato, e rivoluzione americana ­dall’altro, non sorgono in contrapposizione a quanto li ha preceduti, ma sono ­momenti-chiave in cui i contenuti della riflessione politica e ­giuridica di lungo corso vengono rilanciati. Il lavoro dello studioso canadese trapiantato ad Atlanta ha molteplici meriti di ordine generale, ­oltre a offrire un’indagine approfondita di ­alcune delle correnti principali del calvinismo. Tra i ­tanti, spicca la conferma che diritti umani e costituzionalismo non nascono dalla liberazione dell’uomo dalla religione, ma proprio dalla sua fede. Il valore del lavoro cresce se si guarda allo sforzo dell’uomo Witte: egli ha portato uno sguardo obiettivo e sincero non a un oggetto qualsiasi, ma alla sua tradizione religiosa. ­Senza tacere il rogo di Serveto, Witte mostra come l’ade­sione a una tradizione non sia un ostacolo alla ricerca, ma una ragione per andarvi a ­fondo. Come il suo predecessore Calvino, anch’egli è per primo interessato alla ricerca del vero e ­persuaso che la propria tradizione rappresenti un tesoro da valorizzare, nella convinzione che separare completamente la religione dai diritti umani impoverisca l’una come gli altri.