Oasis, sosta paolina a Istanbul per la presentazione del libro Aziz Pavlus, traduzione in turco delle catechesi di Benedetto XVI su San Paolo.

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:38:27

Su Istiqlal Caddesi, la via dello shopping che conduce fino a Piazza Taksim, si fa quasi fatica verso sera a camminare per la folla giovane che lo percorre incessantemente. Ma altrettanto affollata e dinamica era la sala della comunità di Sant’Antonio, che su quel viale si affaccia e che ha ospitato venerdì 31 gennaio la presentazione del libro fresco di stampa Aziz Pavlus, la raccolta delle venti catechesi dedicate da Benedetto XVI all’Apostolo delle genti (2008-2009), tradotte in turco per iniziativa di Oasis e grazie al sostegno di Aiuto alla chiesa che soffre. L’uscita di questo piccolo volume ha offerto l’occasione per un incontro ecumenico e interreligioso, inedito sia per la composizione del panel dei relatori, sia per i presenti in sala. A introdurre alla lettura del testo sono intervenuti con il Patriarca Bartolomeo I, il Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano, e Mons. Louis Pelâtre, Vicario Apostolico di Istanbul dei latini, come anche due professori musulmani: Niyazi Öktem, che insegna Filosofia del diritto dell’Università Doğuş e Fatih di Istanbul, e Erendiz Özbayoğlu, professoressa di Lingue e letteratura latina all’Università di Istanbul. Tra le duecento persone in sala, si contavano religiosi e religiose di diverse comunità, laici dei movimenti cattolici attivi a Istanbul (neocatecumenali, focolarini, carismatici…), ma anche esponenti delle altre confessioni cristiane e amici musulmani. Una varietà che si poteva cogliere anche dal numero di lingue parlate in quella sede: turco soprattutto, ma anche italiano, francese, inglese, armeno, bulgaro, rumeno… Solo un riflesso delle disparate provenienze dei cristiani che oggi, per le vie più imprevedibili, sono giunti a comporre il tessuto vivo della Chiesa in Turchia. Un dato però accomunava tutti: la curiosità per la figura di quel terribile persecutore dei cristiani che, sulla via di Damasco, incontrò qualcuno così potente da rovesciargli la vita e da indurlo a invertire la direzione di marcia del suo cammino. Una figura, quella dell’Apostolo, che ha impresso il suo sigillo – come ha ricordato Bartolomeo – non solo sulla storia del cristianesimo, ma sul pensiero e sulle tradizioni di quelle genti con le quali, durante i suoi instancabili viaggi, è entrato in relazione. Sulle peregrinazioni e l’azione di evangelizzazione del santo si è soffermata Erendiz Özbayoğlu, che sulla scorta di fonti storiche ha ripercorso la vita di Paolo, prima e dopo la caduta da cavallo, soffermandosi sulla straordinaria conversione di colui che da persecutore divenne annunciatore impavido, anche in catene e fino alla morte, della salvezza che viene da Gesù Cristo. Di Paolo come “santo dell’Anatolia” ha parlato anche Niyazi Öktem: «Per me che sono musulmano questo incontro è uno dei più importanti della mia vita, dedicata da oltre trent’anni al dialogo – ha confidato il professore. Noi discendiamo da Abramo e secondo il mio credo l’Islam è l’ultimo gradino della fede che deriva da Abramo. Anche per me Paolo è un santo, un grande uomo dell’Anatolia che ha annunciato il monoteismo nella mia terra. Anche gli studiosi di religione musulmana lo devono riconoscere». Quando si guarda alla vita di Maometto, ha rilevato Öktem, non si può non riconoscere che il Profeta dell’Islam ha avuto relazioni di amicizia con ebrei e cristiani: «Il Corano sostiene che il paradiso non è un club per soli musulmani – ha spiegato il professore – ma è aperto a tutte le persone giuste. Questo è l’orizzonte all’interno del quale dobbiamo guardarci e dialogare. Il teologo Said Nursi, parlando dei cristiani morti in Anatolia orientale durante la Prima Guerra mondiale, ha avuto l’audacia di affermare che alcuni di essi sono degni non solo di trovarsi in paradiso, ma di essere anche annoverati tra i martiri, la categoria più alta di beati. Questo è uno snodo fondamentale per il dialogo». Di fronte alla complessità dell’attualità turca, in questa stagione particolarmente intricata, un gesto semplice come un dialogo attorno alla proposta di alcune catechesi paoline non si è illuso di poter incidere in chissà quale modo straordinario nella vita di un popolo schiacciato da una coltre pesante di tensioni politiche ed economiche, da divisioni, discriminazioni e libertà non pienamente rispettate. Tuttavia che oggi un piccolo strumento di conoscenza dell’ideale cristiano possa cominciare a passare di mano in mano nella rete delle comunità cristiane, fino a raggiungere i musulmani curiosi di conoscere, scavalcando anche le barriere linguistiche, è un dato di fatto. Sotto la coltre, un ulteriore dinamismo positivo è avviato.