L’esperienza, la testimonianza e l’eredità dei diciannove fra religiosi e religiose uccisi 30 anni fa in Algeria e beatificati nel 2018, raccontati nella mostra “Chiamati due volte. I martiri d’Algeria”, che sarà presentata dal 22 al 27 agosto al Meeting di Rimini per l’amicizia fra i popoli
Ultimo aggiornamento: 16/05/2025 10:17:00
Dalla prima suora delle Piccole Sorelle dell’Assunzione, Suor Paul-Hélène Saint-Raymond, assassinata nella Biblioteca organizzata per i ragazzi nella Casbah di Algeri, fino al Vescovo Pierre Claverie, ucciso in un attentato insieme al suo amico musulmano Mohammed Bouchikhi. Fra il 1992 e il 2002 il terrorismo colpisce l’Algeria facendo 150.000 vittime tra cui molti imam, che persero la loro vita per aver rifiutato di giustificare la violenza. Fra le vittime ci sono diciannove martiri cristiani che nel 2018 sono stati proclamati beati a Orano, città in cui monsignor Claverie fu vescovo. Alcuni di loro, i sette monaci trappisti di Tibhirine, sono diventati famosi nel mondo grazie al film Uomini di Dio (di Xavier Beauvois, 2010).
La mostra, realizzata da Fondazione Internazionale Oasis in collaborazione con Libreria Editrice Vaticana – che pubblicherà anche il catalogo – è un percorso -itinerario che traccia la storia, la testimonianza e l’eredità dei beati martiri d’Algeria, dall’incontro con il popolo algerino, alla scelta di restare “a qualunque costo” in un Paese tormentato dalla violenza, passando per il contesto storico-politico e la Chiesa algerina, «un relitto cistercense nell’oceano dell’Islam» - come diceva il Priore del monastero di Tibhirine - fino al sacrificio ultimo e al dono della vita.
Le interviste, la documentazione video-fotografica e gli oggetti appartenuti ai diciannove – raccolti a Roma, Parigi, in Normandia, a Lione, a Tunisi, in Algeria – raccontano la loro fede e il loro impegno per il dialogo e la pace.
Come ha scritto il Cardinal Vesco, oggi arcivescovo di Algeri, «va ricordato che nel decennio nero degli anni Novanta molti sono stati anche gli imam che sono stati uccisi, come pure migliaia lo sono stati semplici cittadini algerini o stranieri che vivevano nel Paese. L’eroicità dei diciannove martiri è rappresentata soprattutto dall’aver scelto di rimanere in Algeria per condividere fino in fondo la situazione e la condizione dei loro fratelli algerini».
Chiamati due volte e due volte fedeli, perché, come ben sintetizza Thomas Georgeon, postulatore della causa di beatificazione dei martiri, «hanno fatto una scelta di fedeltà. Fedeltà a Gesù Cristo. E poi questo incontro con Cristo si è sviluppato in un incontro con l’altro. I diciannove sono martiri dell’alterità, cioè hanno accettato di andare incontro all’altro e di vivere l’incontro con l’altro, diverso da sé».
Il motivo alla base della scelta di rimanere in terra d’Algeria e di donare la vita emerge con chiarezza ed esaustività dal testamento di Christian de Chergé, Priore del Monastero di Tibhirine.
Nel suo ultimo libro Nell’attesa di un nuovo inizio il cardinale Angelo Scola, arcivescovo emerito di Milano e fondatore di Oasis, scrive a proposito del testamento: «ho letto e riletto più volte questo testo straordinario con grande emozione perché esprime, con delicati toni poetici e con profonda sensibilità teologica, un interesse nei confronti dell’Islam che ho sempre avuto e che ho coltivato soprattutto nell’ultima parte della mia vita con l’istituzione della Fondazione Oasis. Anche a me è capitato spesso, senza ovviamente toccare i vertici della riflessione di padre de Chergé, di chiedermi per quale misterioso disegno di Dio oltre un miliardo di uomini e donne sono fedeli all’Islam. E ho cominciato a intravvedere e a capire che il Signore ci dona la grazia e ci offre la possibilità di lasciarci trasformare da essa in una misura che non avremmo mai immaginato quando nella Chiesa si è iniziato a parlare di dialogo inter-religioso».
Dialogo che i beati martiri d’Algeria hanno vissuto intensamente con i loro vicini musulmani. Un dialogo di vita, di esperienza religiosa e di opere: tenere aperta una scuola, un centro professionale, una biblioteca, un dispensario, insegnare a cucire alle donne povere, curare i malati, ma anche rivendicare e praticare la libertà religiosa, vissuta, come testimoniano Claverie e il suo confratello vescovo Henri Teissier, come un bene anche per l’Algeria e per tutto il mondo musulmano.
La mostra sarà visitabile al prossimo Meeting di Rimini per l’amicizia fra i popoli, in programma dal 22 al 27 agosto, presso Fiera di Rimini.
Comitato Scientifico della Mostra: Cardinal Angelo Scola, arcivescovo emerito di Milano; Cardinal Jean-Paul Vesco, arcivescovo di Algeri; Padre Thomas Georgeon, postulatore della causa di beatificazione dei martiri d’Algeria; Marie-Dominique Minassian, responsabile del progetto di ricerca “Gli scritti di Tibhirine”; Nadjia Kebour, docente al PISAI di Roma; Diego Sarrió, vescovo di Laghouat in Algeria e già preside del PISAI di Roma; Anna Pozzi, giornalista del mensile Mondo e Missione del PIME; Jean-Jacques Pérennès, già direttore della Scuola biblica di Gerusalemme, biografo di Pierre Claverie.
Curatori della mostra
Per Fondazione Internazionale Oasis: Alessandro Banfi, Michele Brignone, Martino Diez, Claudio Fontana e Chiara Pellegrino
Per Libreria Editrice Vaticana: Lorenzo Fazzini