Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:08:43

La precedenza alla lotta all’estremismo Al-Sharq al-Awsat, 25 marzo 2016. Di Ridwan al-Sayyid Un hadīth dell’Inviato di Dio – le preghiere di Dio e la pace siano su di lui – afferma che la conoscenza sarà preservata dai giusti di ogni generazione; essi la purificheranno dalle interpretazioni di chi eccede e dalle distorsioni di chi afferma il falso. Dopo due decenni è diventato evidente chi sono coloro che eccedono e chi sono coloro che affermano il falso e distorcono. Entrambe le malattie si sono manifestate nel cuore dell’Islam o se ne sono ammantate. Tutti noi ne abbiamo seguito le manifestazioni e abbiamo provato ad affrontarle. La questione è diventata evidente in seguito alla comparsa di al-Qaida e dei suoi rami, che negli ultimi quindici anni hanno inciso profondamente nelle società, negli Stati e nel mondo sostenendo alcune interpretazioni della religione – il takfīr, l’uccisione e il califfato di al-Baghdadi sono tra le più recenti –, e alla distorsione della religione operata dall’Iran in nome dell’opposizione piuttosto che della protezione dei santuari degli Ahl al-bayt [gente della Casa, famiglia del Profeta] o degli interessi strategici iraniani. Dal diciannovesimo secolo i sociologi occidentali divergono dai teologi e dagli uomini di religione sul modo di considerare la religione. Gli ‘ulamā’ si focalizzano sui principi della religione e sulle sue manifestazioni cultuali ed etiche. Quanto ai sociologi, dicono di interessarsi alle influenze non religiose della religione e agli effetti mondani e sociali evidenti di quest’ultima. È in atto una discussione tra le parti sulla possibilità di comprendere le manifestazioni e le influenze senza considerare i principi dottrinali o teologici della religione. Tuttavia il riferimento ai fondamenti rimane necessario per leggere la modalità con cui avvengono i cambiamenti nelle nozioni religiose e come queste vengano sfruttate per obbiettivi autoritari e strategici (al-Qaida, Daesh, Hezbollah, ‘Asā’ib ahl al-Haqq [gruppo paramilitare sciita iracheno], le brigate fatimidi [sciiti afghani]…). Ognuna di queste parti segue la via che gli sembra più agevole per giungere a ciò che si è prefissata. Personalmente ritengo che l’operato di al-Qaida, Daesh e dei loro simili rappresenti l’eccesso e l’estremismo, mentre le azioni delle milizie iraniane rappresenti la distorsione [della religione]. Ho stabilito questa divisione perché i primi parlano di combattere la superbia del mondo, correggere la fede rendendo lecito il sangue e uccidendo in nome del takfīr, o dicono che il fine (lo Stato Islamico o l’applicazione della sharī‘a) giustifica i mezzi […]. Quanto agli iraniani, che distorcono, guadagnano gli sciiti alla propria causa col pretesto di liberare lo sciismo dalla tirannia e diffonderlo con questo metodo. […] Il mondo e il popolo siriano Al-Jazeera, 18 aprile 2016

La riforma religiosa e la sua relazione con la riforma politica Al-Maghris, 8 aprile 2016. Di ‘Ali al-Murabit Il problema della separazione della religione dalla politica è diventato il fulcro delle battaglie ideologiche che da anni in Marocco vedono coinvolti i laici, che esortano a separare la religione dalla politica, e la corrente islamica che si oppone a tale separazione. È evidente che chi si addentra nella questione dal punto di vista islamico, offre una visione della realtà evidentemente inadeguata condannando le dottrine contemporanee e i sistemi di governo importati. Essi rifiutano in maniera assoluta la democrazia e la considerano [una forma di] miscredenza nonostante essa comprenda alcuni principi e disposizioni presenti nella shari‘a islamica, tra cui il principio che sancisce la salvaguardia della responsabilità e il diritto dei popoli di scegliere i loro governanti. Nella maggior parte dei Paesi arabi questa corrente è ascesa al potere proprio in nome della democrazia, a seguito del movimento popolare noto come Primavera araba, e il partito islamista di Giustizia e Sviluppo ha assunto la guida del governo marocchino. Quanto ai laici che rifiutano la sharī‘a e sono vincolati agli accordi internazionali, le battaglie politiche ne indeboliscono gli sforzi e ne prosciugano le forze. […] Il fatto è che il campo religioso è esso stesso un campo politico e ideologico. Esso è infatti un campo di battaglia all’interno del quale si consumano le lotte per il governo. Negli anni Settanta lo Stato è tornato nel campo religioso con forza e adottando una strategia di dominio, nel tentativo di contrastare e combattere l’opposizione di sinistra. Oggi però ci troviamo di fronte a più interpretazioni del testo religioso e del diritto islamico al punto che la stessa religione è diventata uno spazio di conflitto non solamente tra il governo e gli islamisti, ma anche tra gli islamisti dello stesso Paese. L’opulenza di al-Sisi e la crisi del popolo egiziano, devastato dalla disoccupazione, dalla corruzione, dalla povertà, dalla crisi del turismo e dai rincari Al-Jazeera, 17 aprile 2016