L’ultimo libro di Lorenzo Trombetta analizza il conflitto siriano esaminando in profondità i rapporti tra autorità e comunità, tra Stato e territorio

Ultimo aggiornamento: 07/09/2022 14:57:21

Recensione di Negoziazione e potere in Medio Oriente. Alle radici dei conflitti in Siria e dintorni, Mondadori Università, Milano 2022

 

Il conflitto siriano, così come altre guerre, è stato trattato dai media generalisti in maniera poco approfondita e discontinua. Nell’impossibilità di affrontare il tema nella sua interezza, i mezzi di comunicazione di massa hanno preferito concentrarsi su eventi che fossero in grado di catturare la sensibilità dell’opinione pubblica. Le immagini dei campi profughi alla frontiera con la Turchia, le foto dei corpi senza vita portati a riva dalle correnti dell’Egeo, i video di Aleppo rasa al suolo dai bombardamenti aerei e i filmati girati dai miliziani jihadisti hanno avuto senza dubbio un grande impatto visivo ed emotivo. Prese da sole, però, queste istantanee non riescono a rendere conto delle complesse dinamiche sociali, politiche ed economiche che esistono e scandiscono l’andamento della guerra.

 

“Complessità” è invece una delle parole chiave di Negoziazione e potere in Medio Oriente. Alle radici dei conflitti in Siria e dintorni, libro scritto per Mondadori Università da Lorenzo Trombetta, arabista, storico, giornalista dell’Ansa e analista per Limes che da anni vive a Beirut. Il volume non si limita a descrivere lo scenario bellico dell’ultimo decennio, ma dimostra di possedere un notevole spessore metodologico, che permette di contestualizzare i conflitti del Medio Oriente (e non solo) sottolineandone le premesse storiche, l’importanza della geografia, le sfaccettature del sistema di potere e le sue (inter)relazioni con la popolazione e con i singoli individui.

 

La prima sezione, Strumenti, è una guida introduttiva al testo, una sorta di “libretto delle istruzioni” che accompagna e prepara il lettore alla complessità della Siria. Per (iniziare a) comprendere il conflitto, infatti, occorre andare oltre le frasi fatte, le categorie preimpostate, i luoghi comuni, le vulgate. Ecco qualche consiglio indirizzato non solo al grande pubblico, ma anche chi, di mestiere, si occupa d’informazione o scrive analisi di geopolitica: le griglie e i modelli teorici non dovrebbero mai sostituirsi alla lettura della realtà; lo sguardo sulla contemporaneità non basta, se non è sostenuto da una solida conoscenza dei processi storici di lunga durata; lo spazio geografico deve essere esaminato nella sua completezza, dalla dimensione internazionale a quella locale e periferica.

 

Immagine 2022-09-07 145418.jpgLa seconda parte, Potere, entra nel vivo della materia esaminando le relazioni tra l’“autorità” e la “comunità”, tra Stato e territorio. Prendiamo il caso del regime, sovente identificato unicamente con la figura del presidente della Repubblica, Bashar al-Asad. Come osserva Trombetta, il ra’is rappresenta solo la punta dell’iceberg del sistema (nizam) siriano: scendendo più in basso troviamo il vecchio establishment del partito Ba‘th, la classe imprenditoriale oligarchica, il potente apparato burocratico, i quadri militari e, infine, i servizi segreti. Nessuno di loro opera nel Paese allo stesso modo e con la stessa efficacia, dal momento che ogni provincia ha le sue dinamiche particolari, influenzate dalla presenza di tribù e minoranze etnico-religiose e dall’ingerenza di potenze straniere. Lungi dall’essere un corpo monolitico, il regime, trasformatosi profondamente durante l’ultimo decennio, oggi presenta caratteristiche ibride, a metà fra uno Stato sovrano e un attore non statuale. Al contrario, osserva l’autore, il Rojava, l’amministrazione autonoma curda formatasi a partire dal 2012 nel Nord del Paese, ha in parte ripreso le politiche proprie del nizam, tanto che fonti locali hanno rinominato il governo delle sigle curde come «nuovo partito Ba‘th», (p. 238) mettendo in discussione la narrazione del Rojava liberale e democratico.

 

Intendere il potere in Siria come un rapporto binario e a senso unico tra un “dominante” e un “dominato” risulta fuorviante: questa rappresentazione semplicistica esclude infatti il fondamentale ruolo svolto dagli Intermediari, titolo della terza e ultima parte. Si tratta di numerose figure della società civile, come mercanti, uomini d’affari, personalità appartenenti alla sfera religiosa e impiegati statali che escono dai loro ruoli “formali” per partecipare alla negoziazione del potere, un processo “informale” e dai contorni sfocati che nel corso del tempo è stato costantemente aggiornato, rimodulato, ritrattato e talvolta, come avvenuto durante le Primavere Arabe, contestato in maniera sempre più violenta. Illuminante, ad esempio, il caso di Abu Ramez, impiegato comunale di Aleppo che, una volta in pensione, continuò a svolgere, nel sottoscala dell’ufficio del comune, la funzione di “superconsulente” concedendo nulla osta ai progetti urbanistici abusivi in cambio di tangenti.

 

La sezione prosegue con un lungo excursus storico sugli ultimi due secoli della regione levantina, che permette di individuare, dalla dominazione ottomana alla nascita della Repubblica, variabili e costanti della società siriana, in cui cambiamenti climatici, caratteristiche ambientali e l’azione delle comunità umane si influenzano a vicenda. Testimonianze personali e box informativi arricchiscono ulteriormente il testo, corredato da schemi riassuntivi, cartine geopolitiche e infografiche.

 

Grande attenzione è posta sul corretto impiego della terminologia. “Popolo” e “leader”, ad esempio, sono vocaboli troppo generici e vanno, di conseguenza, scomposti e declinati a seconda del contesto e del periodo storico preso in esame. Molto interessante, infine, l’idea di riportare espressioni e modi di dire propri della lingua araba, che consente al lettore di avvicinarsi ancora più da vicino alla realtà levantina: citiamo, a titolo di esempio, la “vitamina waw”, come i libanesi chiamano ironicamente la wasta, ossia il mediatore che serve per aggirare ostacoli di pratiche burocratiche o finanziarie.

 

Negoziazione e potere in Medio Oriente ha il merito di offrire notevoli spunti di riflessione su un conflitto che, oltre ad aver generato nuove dinamiche politiche ed economiche, ha profondamente alterato il tessuto sociale e demografico del Paese, processi di cui non si conosce ancora l’esito. Concludendo con le parole dell’autore: «il conflitto, come ogni problema, non si risolve, bensì si affronta» (p. 312).  

 

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