Una guida ai fatti della settimana nel Mediterraneo allargato e nel mondo musulmano attraverso la stampa araba
Ultimo aggiornamento: 08/08/2025 15:02:05
Questa settimana, la stampa araba ha continuato a dividersi attorno alla Conferenza di New York, dove ancora una volta si è discusso del riconoscimento della Palestina e della soluzione a due Stati. Su al-Arabi al-Jadid, il giornalista marocchino Ali Anouzla ha rivolto una dura critica al vertice statunitense, scrivendo: «La soluzione a due Stati non può essere raggiunta da un governo di destra fascista; la conferenza di New York non ha avuto il coraggio di rivolgere alcuna condanna ai crimini israeliani […]. Fino a quando la comunità internazionale continuerà a essere incapace di imporre a Israele il rispetto delle risoluzioni internazionali?».
Parallelamente, si è intensificato lo scontro sulle responsabilità dei Paesi arabi di fronte all’“accanimento” israeliano tra le testate filo-islamiste e vicine all’“Asse della Resistenza”, da un lato, e quelle filo-saudite e filo-emiratine, dall’altro.
Sul quotidiano libanese pro-Hezbollah al-Akhbar, Mahmoud Abdulhakim firma un articolo emblematico dal titolo “La sindrome dell’arabo perso”. Il bersaglio sono i Paesi del Golfo, accusati di rappresentare «il baricentro della moderazione» ma di essere incapaci di affrontare apertamente il «nemico sionista». Secondo l’autore, queste leadership «si astengono da ogni escalation e da ogni rappresentazione veritiera dell’entità sionista […]. Nei discorsi dei leader arabi, soprattutto di quelli del Golfo, è comune trovare una chiara ammissione di debolezza e dipendenza strategica».
Nonostante questa consapevolezza, scrive Abdulhakim, gli Stati del Golfo non reagiscono: «O non hanno la capacità di intraprendere una battaglia per guadagnare maggiore indipendenza […], o non hanno un interesse diretto nel farlo. Forse è questo il “segreto” di ciò che chiamiamo impotenza araba».
Sul fronte opposto, la replica arriva dalla piattaforma d’informazione filo-saudita Asasmedia, dove il giornalista libanese Ahmed al-Rashani accusa Hezbollah di aver lanciato una campagna mediatica contro Riad, accusata di collusione con Israele. Al-Rashani denuncia quella che definisce una propaganda orchestrata ad arte, criticandone il tempismo: «Proprio mentre Riad è impegnata nello scontro più duro con Stati Uniti e Israele per ottenere il riconoscimento della Palestina – e mentre il governo israeliano punta a realizzare una “seconda Nakba” – Hezbollah lancia un attacco frontale contro l’Arabia Saudita».
L’autore ricorda inoltre la posizione di Riad sulla Siria: «L’Arabia Saudita ha respinto con decisione il piano israeliano volto a dividere e destabilizzare lo Stato siriano». Per queste ragioni, conclude al-Rashani, «la campagna del partito di Dio contro il regno saudita supera ogni limite della logica politica, sollevando una seria domanda sull’approccio selettivo e arbitrario con cui Hezbollah dichiara la propria opposizione al progetto israeliano nella regione».
Dalle colonne della testata panaraba di proprietà saudita al-Sharq al-Awsat, il politologo libico Gibriel al-Ubeidi punta invece il dito contro la Fratellanza Musulmana, accusata di strumentalizzare il dolore e la fame della popolazione di Gaza a fini politici. In particolare, l’articolo critica una protesta organizzata di fronte all’ambasciata egiziana a Tel Aviv contro l’assedio a Gaza, che descrive come una messinscena orchestrata da membri della Fratellanza con cittadinanza israeliana, definiti provocatoriamente «i Fratelli di Israele».
Secondo l’autore, la scena riflette la «schizofrenia in cui vive questa organizzazione sinistra», che manipolerebbe simboli e rivendicazioni palestinesi in modo cinico e opportunistico. Al-Ubeidi denuncia, inoltre, un sistematico meccanismo di disinformazione, amplificato da «reti digitali e account organizzati», volto a deviare le responsabilità sul dramma umanitario di Gaza e a scaricare la colpa su altri attori, mentre i membri della Fratellanza si ergerebbero a paladini della causa palestinese. L’articolo si conclude con una feroce condanna: «La disinformazione della “Fratellanza di Israele” sui responsabili della fame a Gaza non è diversa da chi finge onore e castità: entrambi ostentano menzogna e manipolazione, e attribuiscono la colpa a chi non l’ha commessa, in nome di un tornaconto politico che i leader della Fratellanza sanno sfruttare con abilità in qualsiasi contesa».
Anche lo scrittore emiratino Hani Salem Mashur, in un articolo pubblicato sul quotidiano del suo Paese al-Ayn al-Ikhbariyya, si allinea alla posizione di al-Ubeidi. «Gli slogan non sono più in grado di coprire la nudità politica, e la questione palestinese, con tutta la sua carica simbolica storica, non può più giustificare la palese contraddizione nel comportamento della Fratellanza Musulmana e del suo braccio armato, Hamas», scrive Mashur. A suo avviso, il vero pericolo non è più rappresentato da Israele o dall’Iran, ma da «coloro che governano in nome della resistenza», poiché il progetto della Fratellanza consisterebbe nel far saltare qualsiasi percorso verso la pace, «perché i Fratelli Musulmani vivono soltanto di caos». Conclude l’autore con una provocazione: «Avete capito perché manifestano contro l’Egitto a Tel Aviv? Perché, ormai, Tel Aviv è chiaramente più vicina alla Fratellanza che al Cairo».
Toni altrettanto critici, ma rivolti questa volta contro le «coscienze dormienti» dei leader arabi, provengono dalla testata filo-islamista arabi21. L’accademico egiziano Ashraf Dawaba, con evidente amarezza, scrive: «La morte ha colpito la coscienza dei governi arabi musulmani e la vergogna perseguita i leader rimasti in un silenzio tombale. Persino l’Egitto, il più grande Paese arabo e confinante direttamente con Gaza, mantiene una posizione imbarazzante: l’immagine dell’Egitto difensore della Umma si è offuscata, trasformandolo in uno Stato che soddisfa le richieste dell’entità sionista».
In un tono accusatorio, l’articolo si conclude: «Il sangue di Gaza non andrà sprecato e la fame dei suoi bambini e dei suoi figli non passerà senza punizione; certamente la potenza di Dio si manifesterà contro chi ha complottato, chi si è mostrato vile e chi è rimasto in silenzio».