Una settimana di notizie e analisi dal Medio Oriente e dal mondo musulmano

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 10:01:25

Venerdì scorso in Arabia Saudita sono stati arrestati alcuni membri della famiglia reale, tra cui l’unico fratello di re Salman, Ahmed bin Abdulaziz, e l’ex principe ereditario Mohammed bin Nayef. Sono poi seguiti arresti di altri membri del Consiglio di fedeltà, l’organo, composto da 33 principi anziani, che dona il proprio appoggio al sovrano tramite la pratica della bay’a. L’accusa è di aver tentato di ordire un colpo di stato nei confronti dell’attuale principe ereditario Muhammad bin Salman. Dopo gli arresti sono state mostrate immagini di re Salman apparentemente in buona salute, anche se le sue reali condizioni sono oggetto di dibattito, scrive Middle East Eye. Le redini del comando sono in ogni caso in mano al figlio, anche se i recenti arresti rivelano il “terreno traballante” su cui si sta muovendo il principe, scrive Madawi al-Rashid. Il giovane erede ha infatti l’appoggio del padre, mentre è da chiarire se gli altri membri del Consiglio di fedeltà ne sosterranno l’ascesa al trono.

 

L’Occidente, d’altra parte, chiude spesso un occhio sugli scandali di corte e non solo, scrive Haaretz. Anche la guerra in Yemen infatti non si ferma: dopo che le forze ribelli Houthi hanno conquistato parte del nord del Paese, la coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha risposto con un’operazione militare nei pressi di Salif. Un reportage della BBC mostra invece le condizioni di Taiz, una città contesa tra forze ribelli e forze governative.

 

In parallelo alla crisi politica e all’impegno militare in Yemen, l’Arabia Saudita ha ingaggiato anche una guerra sul prezzo del petrolio con la Russia, che martedì ha fatto crollare i prezzi del 30%. Quello che per il New York Times è stato fin dall’inizio un matrimonio di convenienza, è stata invece secondo ISPI una relazione che sarebbe anche potuta decollare e diventare un punto di riferimento nello scenario geopolitico mediorientale. La Russia si era infatti alleata con i Paesi dell’OPEC per contrastare le esportazioni dello shale oil americano. Tuttavia al rifiuto di Mosca di limitare la produzione di greggio, l’Arabia Saudita ha risposto scontando pesantemente il proprio petrolio e annunciando la messa in commercio di un milione di barili al giorno a partire da aprile, così da punire la Russia per essersi ritirata dall’alleanza, spiega il Financial Times. Non è un caso, scrive l’European Council on Foreign Relations, che il crollo del prezzo del petrolio si sia verificato in concomitanza degli arresti di corte: MbS vuole consolidare il suo potere sul piano internazionale quanto sul piano interno. Il principe infatti sembra essersi lanciato in una corsa per il trono mentre il padre è ancora in vita.

 

 

Quale governo per l’Afghanistan?

 

I colloqui di pace non sono partiti nel migliore dei modi, visto che lunedì si sono svolte due cerimonie di giuramento, dando vita di fatto a due governi. Sia Ashraf Ghani che Abdullah Abdullah si sono dichiarati presidenti, minando la buona riuscita dei colloqui intra-afgani, principale obiettivo degli Stati Uniti in questa fase del processo di pace. Nonostante gli USA appoggino il governo di Ashraf Ghani, si è comunque generato uno stallo riguardo il rilascio dei prigionieri talebani ora detenuti dal governo. I talebani sono irremovibili sulla questione: i colloqui inizieranno solo dopo il rilascio completo dei 5.000 prigionieri, scrive The Guardian. Ghani finora ha acconsentito alle richieste solo in parte. Quella che si prospetta ora quindi è una sfida non indifferente per l’inviato diplomatico degli Stati Uniti Zalmay Khalilzad, di cui parla il Washington Post. Non è ancora chiaro come darà forma agli interessi americani e al futuro dell’Afghanistan allo stesso tempo, date le divergenze tra i gruppi afgani.

 

La ritirata delle truppe americane dovrebbe verificarsi solo se le condizioni dell’Afghanistan lo consentiranno, ma i dettagli riguardo al ritiro e il tipo di attacchi proibiti a entrambe le parti sembrano essere contenuti in un documento vago e per ora tenuto segreto al pubblico, spiega il New York Times. La percezione che si ha a Washington e a Kabul è perciò che l’unico interesse degli Stati Uniti sia andarsene dal Paese, lasciandolo al proprio destino, scrive Foreign Policy. Secondo La Croix ad averci guadagnato finora sono solo i talebani, che hanno imposto le loro condizioni agli americani e hanno ora a che fare con un governo disunito. È solo questione di tempo affinché prendano il controllo totale del Paese.

 

 

I profughi siriani rinchiusi tra due fuochi

 

L’incontro di lunedì tra Erdogan e i leader europei si è concluso senza un accordo sulla gestione dei profughi al confine tra Grecia e Turchia. Il presidente turco chiede all’Unione Europea un maggiore aiuto finanziario, mentre il Consiglio europeo ha intimato a Erdogan di rispettare i propri impegni in base ai patti siglati finora. Nonostante le divergenze, secondo quanto scrive La Croix, le parti hanno comunque deciso di trovare un accordo entro il 26 marzo. Nel frattempo Erdogan ha dichiarato che lascerà aperto il confine tra Grecia e Turchia, dove la situazione dei rifugiati resta drammatica: ne parla La Croix, mentre il New York Times racconta di un sito tenuto finora segreto in cui i migranti vengono rinchiusi da parte del governo ellenico. In più negli ultimi giorni si è avverato il timore per il Coronavirus nei campi profughi sulle isole greche, scrive il Guardian. Il campo di Moria, dove i rifugiati vivono in condizioni di scarsa igiene e con poche cure mediche, ospita circa 20.000 persone, di cui la metà hanno meno di 18 anni.

 

In Siria intanto il gruppo islamista conosciuto come HTS (Hayat Tahrīr al-Shām) sembra aver abbandonato il messaggio del jihad globale per concentrarsi solo sulla lotta armata locale, cercando di reiventarsi, scrive Le Monde, come una sorta di “talebani siriani”.

 

 

Il default economico del Libano

 

Sabato scorso il primo ministro libanese Hassan Diab ha dichiarato il default economico del Libano: il Paese dei cedri non ripagherà un debito di 1,2 miliardi di dollari in Eurobond, i buoni del tesoro emessi dal governo. Le Monde fa notare che è la prima volta nella storia del Paese a verificarsi una contingenza del genere, anche se la crisi economica va avanti da tempo ed è tra le ragioni che hanno spinto molti giovani libanesi, in piazza dal mese di ottobre, a protestare. Secondo La Croix nelle prossime settimane il Libano comincerà una trattativa con il Fondo Monetario Internazionale, che porterà con ogni probabilità a delle misure di austerità. Hezbollah però si è già detto contrario a contrattare con l’FMI. L’Orient Le Jour ripercorre le politiche economiche libanesi degli ultimi decenni, e riporta una frase del primo ministro Hassane Diab, secondo il quale il Libano paga le conseguenze di una politica economica inadeguata basata su un’economia di rendita, anziché su un’economia basata sulla produzione, facendo un chiaro riferimento all’era Hariri. In più nei mesi scorsi da Washington era arrivato l’ennesimo giro di vite di sanzioni nei confronti di industrie legate proprio a Hezbollah, col tentativo di indebolire l’alleato dell’Iran. In questo contesto complicato e incerto si colloca il malcontento della popolazione libanese, che aveva protestato contro la corruzione della classe politica e domandato la fine del confessionalismo nel Paese, la cui storia viene spiegata molto bene in questo video de Le Monde.

 

 

In breve

 

Due soldati americani e un soldato inglese sono morti durante un attacco missilistico in Iraq. Ne parla la BBC, che illustra la situazione delle forze americane nel Paese. Nella giornata di venerdì gli Stati Uniti hanno risposto bombardando la base di una milizia sciita pro-Iran.

 

Dopo gli attentati di venerdì scorso, in Tunisia ci sono stati cinque arresti, riporta Le Monde

 

Macron ha incontrato Haftar mentre la crisi libica è momentaneamente in stand-by, spiega Formiche.net