Intervento di Jalel Harchaoui alla conferenza internazionale “Cambiare rotta. I migranti e l’Europa” del 28 settembre 2023

Ultimo aggiornamento: 15/03/2024 11:36:57

Grazie molte, voglio anzitutto dire che sono molto onorato dell’invito e che ho ascoltato con molto piacere e interesse i dibattiti precedenti. Prima di iniziare il mio intervento sui migranti vorrei fare un accenno a quanto successo a Derna, città di centomila abitanti che nell’arco di poche ore ha perso tra l’11 e il 15% della sua popolazione. Non ho memoria di un simile cataclisma provocato dal riscaldamento globale. Naturalmente i numeri avrebbero potuto essere molto più bassi se in Libia ci fossero state meno corruzione e disfunzionalità politiche. Parto da questo punto perché, quando si studiano le sofferenze dei migranti, ci si dimentica che anche i libici hanno sofferto molto nel loro Paese. Non si sempre può confidare nel fatto che i leader stiano dalla parte della popolazione, anzi spesso sono più vicini ad altri Paesi. L’altra premessa che volevo fare è che ho studiato la Libia perché sono algerino, cosa che mi è tornata molto utile, ma sono anche un cittadino francese, vengo da Parigi.

Sono rimasto piacevolmente colpito dalla qualità delle analisi che ho ascoltato poco fa a proposito della preoccupazione dei cattolici per i migranti. Mi trovavo in Francia quando Sua Santità il Papa era a Marsiglia per la sua visita di due giorni. Per quanto grande, di solito Marsiglia è una città dimenticata, ma in quei giorni molti cattolici francesi avevano criticato e attaccato il Papa sui media per le sue affermazioni sui migranti. Qui invece noto un atteggiamento completamente diverso.  

 

Per quanto riguarda il fenomeno migratorio voglio premettere che non parlerò del caso tunisino. Normalmente le statistiche sugli arrivi irregolari in Italia attraverso il Mediterraneo sono dominate dalla Libia, anche se negli ultimi mesi sono prevalenti le partenze dalla Tunisia. Non voglio però entrare nel merito di quest’ultima: mi concentrerò solo sulla mia area di studio, la Libia. I dati aggiornati a fine agosto mostrano che sono arrivati 35.000 migranti. Si tratta di circa 5.000 migranti irregolari al mese, appartenenti a diverse nazionalità, perlopiù non libici, che, attraversando la Libia, arrivano in Italia. Questi arrivi possono essere divisi in due parti. Circa 2500 persone provengono dall’Ovest del Paese, storicamente centro nevralgico del sistema del traffico di esseri umani. Ma c’è stato uno sviluppo che aiuta a comprendere la preoccupazione dei decisori politici italiani. Questo nuovo fenomeno, che rappresenta la seconda parte del flusso migratorio, è sorto in aggiunta al consueto business, e si colloca nella parte orientale del Paese. Se avessi fatto questo mio intervento nel febbraio o nel marzo del 2022, non avrei fatto alcuna menzione dell’Est perché il fenomeno non esisteva ancora, i migranti non avevano la possibilità di partire dalle coste orientali della Libia per arrivare direttamente in Italia. Quel sistema è fondamentalmente emerso nell’estate del 2022. Dopo aver sottolineato i preoccupanti numeri della Libia occidentale, è importante notare che questi erano molto più bassi pochi anni fa: tra il 2019 e il 2020 arrivavano ogni mese in Italia circa 500-1000 migranti. Le cose sono cominciate a cambiare con lo scoppio, alla fine del 2020, della guerra in Etiopia tra il governo di Addis Abeba e la provincia del Tigrai, i cui effetti erano già visibili all’inizio del 2021. Nell’aprile del 2023 si è aggiunta la guerra in Sudan; a quel punto tutti gli indicatori hanno cominciato a segnalare un graduale aumento dei flussi. Niente di esplosivo, niente di eccezionale. Il grande cambiamento dell’ultimo anno è stato favorito dalla parte orientale della Libia. Vorrei fare alcune osservazioni al riguardo, perché è piuttosto strano osservare un fenomeno del genere comparire all’improvviso. Questo traffico non è stato avviato di per sé dalla famiglia Haftar, che controlla Bengasi e tutta la Libia orientale. Il maresciallo Khalifa Haftar è emerso nel 2014 e, da allora, ha consolidato il suo potere nell’Est, anche se ha subito una sconfitta a Tripoli nel 2020. Dopo questa sconfitta, ha aumentato il suo coinvolgimento nella criminalità organizzata in generale. Non in maniera diretta, perché è un uomo di ottant’anni e non può fare molto. Sono i suoi figli ad aver messo le mani su qualsiasi tipo di attività criminale, come il traffico di droga, il furto di automobili, di metalli, lo smantellamento delle infrastrutture pubbliche e così via. Tra queste attività vi era anche il traffico di esseri umani, che nell’ultimo anno includeva il trasporto di migranti dalla costa libica orientale a quella occidentale. Questi migranti appartengono a nazionalità di solito assenti nell’Ovest del Paese. La maggior parte naturalmente sono egiziani. A tal proposito ricordo che l’Egitto sta affrontando una grave crisi economica, di cui è difficile vedere la fine. Ma ci sono anche pachistani, bangladesi, palestinesi e siriani. Si tratta di una presenza del tutto nuove. Come sono arrivati lì? Grazie al regime di Assad. C’è un traffico illecito, fondamentalmente approvato e protetto dal governo siriano, che opera attraverso la compagnia aerea Cham Wings. I pakistani la usano per volare da Dubai a Bengasi e, una volta atterrati in Libia, diventano parte di questa attività lucrativa. Ci si potrebbe chiedere perché l’Unione Europea ha rimosso le sanzioni contro Cham Wings, la compagnia controllata dal regime siriano che è cruciale per lo svolgimento del business. Ad ogni modo, il punto è che è sorto un traffico che aiuta i migranti a imbarcarsi su vecchi pescherecci in partenza da Tobruk o dai dintorni di Bengasi per raggiungere l’Italia. Naturalmente Haftar non spedirà mai migranti in Grecia, perché Atene ha dimostrato di essere un alleato politico molto affidabile. Attività illecite del genere non sarebbero mai sorte nella Libia orientale se la famiglia Haftar le avesse considerate inaccettabili. Ma queste non solo sono state considerate accettabili, ma addirittura utili come leva da utilizzare contro Roma. Il governo italiano è stato infatti piuttosto disponibile a offrire qualsiasi tipo di assistenza economica al governo di Tripoli e ad altri attori della Libia occidentale. L’obiettivo era quello di creare un incendio per dimostrare di essere il soggetto perfetto per spegnerlo.

 

Arriviamo così alla visita del maresciallo Haftar a Roma all’inizio di maggio. A luglio, i numeri del flusso migratorio erano già scesi. Bisogna anche considerare le dichiarazioni pubbliche dei politici italiani. Non serve fare speculazioni: basta citare le note ufficiali dei membri del governo. Questi hanno infatti promesso di iniettare fondi nella ricostruzione di Bengasi. C’era inoltre la promessa di fornire un sostegno economico a favore della famiglia del Maresciallo e di altri suoi soci. Ecco come si sono abbassati i numeri dei flussi.

 

Concludo dicendo che, quando si ha questo tipo di precedenti, si pensa di aver compiuto qualcosa di positivo. Si è convinti di agire razionalmente sulla base della teoria dei giochi e di poter influenzare il comportamento dei leader libici. Tuttavia, ritengo che questa conclusione sia sbagliata perché la calma raggiunta quest’estate non può durare a lungo. Ad un certo punto, quei leader probabilmente sentiranno il bisogno di ricorrere agli stessi strumenti contro Roma, replicando quanto fatto in precedenza. Abbiamo visto che la stessa cosa si è verificata anche in Tunisia. Seguire la logica di questi gruppi e cercare di accontentarli di solito porta a qualcosa che sembra un buon risultato, ma che in realtà non è mai niente di definitivo. Dovremmo sempre ricordare che nel corso della storia la politica dell’accondiscendenza si è spesso rivelata infruttuosa. Di nuovo, non si tratta di dare giudizi politici, ma di essere razionali e di fare analisi dal punto di vista della teoria dei giochi. Un’altra osservazione riguarda la Libia occidentale. C’è stata una campagna di attacchi aerei con droni condotta da Tripoli contro attori situati solo 50 chilometri più a Ovest. Le persone sono state giustamente accusate di coinvolgimento nel traffico di esseri umani, ma la campagna era una farsa, dal momento che era stata organizzata dal primo ministro Dbeiba pochi giorni prima della sua visita a Roma. Anche lui voleva dimostrare di disporre di una certa leva. Quegli attacchi aerei erano pericolosi, ma non hanno modificato in alcun modo i dati, le dinamiche o le attività che hanno cercato di colpire.

 

Per concludere, ho voluto esporre questa analisi su come i libici guardano all’Europa. Ho pensato che queste cose potessero essere interessanti all’interno del dibattito di oggi. Vi ringrazio molto.

 

 

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