Il quarto episodio del podcast “Il Mediterraneo come destino. I grandi protagonisti del dialogo” racconta la storia del fondatore dell’ENI

Ultimo aggiornamento: 12/06/2023 10:04:22

Dopo personaggi come Giorgio La Pira, Taha Hussein, Pierre Claverie, ci si potrebbe chiedere cosa c’entri un manager di una grande azienda di idrocarburi come Enrico Mattei con un podcast intitolato “Il Mediterraneo come destino: i grandi protagonisti del dialogo”. Eppure nella serie, realizzata per Oasis da WIP Italia grazie al sostegno della Fondazione Cariplo, la figura di Mattei rientra perfettamente. Certo, non ci soffermiamo sui suoi risultati imprenditoriali e manageriali, pure validissimi. Questi coglierebbero soltanto una delle sue tante e diverse sfaccettature.

 

 

Mentre avanzava gli interessi dell’AGIP prima e dell’ENI poi, il manager marchigiano promuoveva quelli dell’Italia. Il suo obiettivo era portare il nostro Paese fuori dalla situazione di povertà estrema in cui si trovava dopo la fine della Seconda Guerra mondiale. Un po’ per necessità, ma molto anche per convinzione, per raggiungere il suo scopo Mattei proponeva tuttavia una partnership paritetica ai Paesi della sponda sud del Mediterraneo, dell’Africa e del Medio Oriente che iniziavano il loro percorso verso la decolonizzazione. L’orizzonte all’interno del quale si muoveva Mattei era l’opposto di un gioco a somma zero: se in una situazione di estremo bisogno, si può essere tentati di credere che il proprio guadagno sia possibile solo se la controparte perde altrettanto, il fondatore dell’ENI muoveva dalla convinzione che l’Italia e i suoi fornitori di energia sarebbero dovuti uscire insieme dalla povertà. Una povertà che non era intesa nei suoi aspetti meramente economici, tanto che Mattei insisteva sulla necessità di contribuire alla formazione della classe dirigente locale.

 

Subito dopo la sua morte, l’Observer scriveva che «la sua comprensione della psicologia dei nuovi paesi africani fu il grande contributo che Mattei recò all’immagine della nuova Italia. Trattava le nazioni africane su un piano di uguaglianza». Le tradizionali barriere costruite per la difesa degli interessi particolari, «o anche solo giustificati da un’angusta visione del mondo, dovranno cadere nel riconoscimento dell’identica e universale parità dei diritti degli uomini alla vita e al benessere», diceva Mattei nel 1961. Si coglie in lui il desiderio non soltanto di fare affari, di procurarsi gas o petrolio dai nostri partner, ma di partecipare alla costruzione di un destino comune. Mattei lo faceva a partire dalla sua fede cattolica, più volte richiamata esplicitamente: era «orgogliosamente di parte», ci ha ricordato Alessandro Aresu in un’intervista inserita in questa puntata, ma proprio per questo riusciva a parlare con tutti, anche con chi era estremamente diverso da lui, come i comunisti dell’Unione Sovietica.

 

Da Acqualagna a Matelica, da Milano ai viaggi in Algeria, fino alla tragica e misteriosa morte avvenuta nei cieli sopra Bascapè, è su queste caratteristiche di Enrico Mattei che ci soffermiamo in questo podcast. Un’eredità che l’Italia dovrebbe capire come attualizzare, se davvero vuole fare del “Piano Mattei” un asse della sua politica estera. Del resto, come affermava Paolo VI nella Populorum Progressio, lo sviluppo è il nuovo nome della pace. Oggi più che mai vale la pena perseguirlo.

 

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