Il secondo episodio del podcast “Il Mediterraneo come destino. I grandi protagonisti del dialogo” racconta la straordinaria vicenda umana e intellettuale del “decano della cultura araba”

Ultimo aggiornamento: 22/05/2023 15:45:04

«È cieco. Vede più lontano di quanto in Egitto sia permesso vedere»: così il poeta e drammaturgo francese Jean Cocteau descriveva Taha Hussein alla fine degli anni ’40. Non esagerava. Nato nel 1889 in una famiglia di condizioni modeste, Taha aveva perso la vista a tre anni a causa di una congiuntivite curata male, ma questo non gli aveva impedito di diventare un intellettuale d’eccezione, al punto da meritarsi il soprannome di “decano della cultura araba”. È a lui che è dedicato il secondo episodio della serie podcast “Il Mediterraneo come destino: i grandi protagonisti del dialogo”, realizzata da WIP Italia per Fondazione internazionale Oasis con il sostegno di Fondazione Cariplo.

 

La vita del grande letterato egiziano fu tutt’altro che facile, e non solo a causa della disabilità fisica. La sua passione per la libertà gli procurò infatti diversi nemici, sia negli ambienti religiosi che in quelli politici. A sostenerlo il suo coraggio, uno sconfinato amore per il sapere e soprattutto Suzanne, la moglie conosciuta durante gli studi in Francia. Impossibile parlare di Taha senza raccontare anche di lei, «la donna che è diventata i miei occhi» come lui scrive nel suo romanzo autobiografico I giorni. Una «coppia fusionale» li definisce Amina Taha-Hussein Okada, nipote di Taha Hussein da parte di padre e conservatore del Museo di Arti asiatiche di Parigi, che spiega come la casa dei suoi nonni al Cairo fosse diventata un luogo di ritrovo per pensatori e artisti di tutto il mondo.

 

Formatosi prima alla celebre moschea-università di al-Azhar, poi alla moderna Università egiziana e quindi in Francia, Taha Hussein incarna, nella sua vita prima ancora che nelle sue idee, la fecondità che può scaturire dallo scambio culturale tra le due sponde del Mediterraneo. È stato un autore prolifico, ma la sua opera trascende i numerosi scritti che ci ha lasciato. Il centro tanto della sua riflessione quanto della sua azione è sempre stata la questione educativa. Riteneva infatti che indipendenza politica, sviluppo e democrazia fossero impossibili senza la diffusione della conoscenza. Per questo s’impegnò a dare impulso alle istituzioni culturali del suo Paese e, diventato ministro, introdusse l’istruzione secondaria universale e gratuita. Come dice Wael Farouq, Taha Hussein voleva che i giovani egiziani non acquisissero solo delle nozioni, ma diventassero capaci di appropriarsi criticamente del sapere. 

 

Con il tempo, molti dei suoi critici hanno dovuto ricredersi e oggi Taha Hussein è celebrato anche dagli ambienti che una volta lo contestavano. Ma la sua eredità resta da mettere pienamente a frutto.

 

 

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