Rassegna stampa italiana ed estera del 17 aprile 2018

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:54:34

Dalla stampa italiana

 

Nel campo del distretto di Cox’s Bazar in Bangladesh si trovano 832 mila rohingya: 33 mila registrati come rifugiati e altri 832 mila “contati” dal governo di Dacca, che li accoglie definendoli “cittadini birmani senza documenti”, scrive Francesco Moscatelli su La Stampa. Sono in arrivo i monsoni ed è una corsa contro il tempo per garantire un minimo di sicurezza alle strutture dove risiedono i rohingya. Tuttavia, dice un intervistato, “meglio morire nel fango che farsi ammazzare dal Tatmadaw (l’esercito birmano, ndr) com’è successo a mio padre”.

 

Si è conclusa da due giorni la prima edizione della Settimana della moda dell’Arabia Saudita. Tra rinvii e caos organizzativo la kermesse ha visto la partecipazione di sole donne. Le foto, che potevano essere scattate soltanto dagli organizzatori, “dovevano essere approvate dalla censura del governo prima di venire pubblicate”, riporta Il Post.

 

AsiaNews si sofferma su quello che definisce il “lungo cammino dell’Uzbekistan verso la libertà religiosa”: sono stati rilasciati alcuni prigionieri di coscienza, ma molti restano detenuti e continuano i processi per motivi religiosi.

 

Nonostante il recente raid occidentale, i fronti caldi siriani – scrive Roberto Bongiorni sul Sole 24 Ore – non riguardano direttamente il presidente Bashar Assad. Il primo aspetto tra quelli descritti concerne lo scontro tra Iran e Israele. Il secondo, più complesso, ruota attorno al ritiro americano dalle zone controllate dai curdi e ai diversi obiettivi che hanno nell’area Francia, Turchia, Stati Uniti e curdi stessi.

 

Dalla stampa francofona

 

Ha inizio la ricostruzione di un quartiere della città siriana di Homs a opera del Governo di Damasco. Il reportage di François d'Alançon su La Croix mostra la città distrutta e sottolinea la volontà di ricostruire e di ripartire dei cittadini, affiancata dagli interessi dei finanziatori, talvolta in conflitto.

 

In Marocco, la storia delle manifestazioni ricomincia all’infinito, scrive Orient XXI. L’approfondimento di oggi è dedicato al movimento di protesta di alcuni gruppi di lavoratori che esprimono la loro frustrazione per le precarie condizioni lavorative. Tuttavia, scrive Ilhem Rachidi, in queste mobilitazioni si vedono strascichi del Movimento del 20 febbraio che ha scosso il Paese nel 2011.

 

Jeune Afrique racconta la strada di alcuni Paesi dell’Africa subsahariana verso l’abolizione della pena di morte. Nonostante alcuni Paesi pratichino ancora l’esecuzione capitale, non si possono dimenticare i grandi passi avanti fatti dai Governi africani come quello del Ciad e del Gambia.

 

Esiste un accordo “segreto” stipulato tra Mosca, Ankara e Damasco, sulla questione curda. L’approfondimento di Slate rivela come i tre Paesi si siano messi d’accordo per gestire la presa di Afrin e per affrontare le milizie curde in Siria.

 

Dalla stampa anglofona

 

 

Che cosa succede in Libia senza Khalifa Haftar? Le notizie e il giallo sulla salute in peggioramento del generale libico potrebbero rendere ancora più instabile il Paese, secondo al-Jazeera

 

Come gli elettori hanno registrato la loro protesta nelle elezioni egiziane? Nell'ultima settimana di marzo, il Paese è andato al voto. Il presidente Sisi ha ottenuto un secondo mandato. Si è trattato di elezioni soltanto nominalmente, visto che mancavano credibili rivali al leader. Molti egiziani, però, hanno intenzionalmente invalidato la scheda per far arrivare in qualche modo la loro protesta (the Washington Post).  

 

"Il nostro primo errore sarà il nostro ultimo errore": un movimento per i diritti umani pachistano sfida l'esercito. Un nuovo movimento per i diritti civili in Pakistan sta rapidamente raggruppando sostenitori tra la minoranza etnica Pashtun facendo ciò che è quasi impensabile: accusando apertamente il potente e popolare esercito nazionale d'essere "opressore" e di uccidere senza conseguenze migliaia di membri della minoranza Pashtun (the New York Times).

 

Attaccati per la loro fede, i membri di una familgia musulmana reagiscono attraverso l'educazione. Sulla radio pubblica americana, NPR, la giornalista Leila Fadel dedica una serie di reportage ai "musulmani d'America: una nuova generazione".