Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:42:03

Nell’attuale dibattito sulla libertà religiosa nei paesi arabi, Amin Elias ha proposto sulla scorsa edizione della newsletter di Oasis alcune riflessioni di Dominique Avon, parlando in particolare dei progressi verificatisi nel rispetto della libertà religiosa in questi paesi, a partire dal Libano. Vorrei aggiungere alla sua riflessione sul tema ciò che da vent’anni a questa parte sta accadendo in Algeria. Mi sembra infatti che nessuna società araba abbia conosciuto un’evoluzione della stessa ampiezza nell’ambito della libertà religiosa. Si sa infatti che in Algeria, a partire dagli anni ’90, alcune comunità evangeliche, formate da convertiti dall’Islam, si sono sviluppate fino al punto di aver assunto una consistenza numerica particolarmente sorprendente per quanti conoscono le società arabe. È difficile fornire cifre precise. Gli stessi evangelici affermano spesso di essere almeno una quarantina di migliaia di cristiani provenienti dall’Islam. Tale evoluzione è ben nota al pubblico algerino. Effettivamente, da quando questo fenomeno religioso ha avuto inizio, sono stati pubblicati centinaia di articoli sulla stampa algerina francofona e arabofona. La stessa stampa ha più volte costretto le autorità algerine, e in particolare il Ministero algerino degli Affari religiosi, a prendere pubblicamente posizione sul tema. Ecco perché, nel 2006, sul Bollettino ufficiale algerino è stato pubblicato un decreto che, dopo aver riaffermato che la costituzione algerina garantisce la libertà di coscienza, si dichiarava contrario alle azioni di proselitismo. Da quel momento, le azioni di proselitismo, hanno iniziato ad essere punite con severe pene detentive e multe. L’anno successivo, il 2007, le condizioni di esercizio del culto sono state precisate con un decreto attuativo. Questi provvedimenti hanno spinto i responsabili delle diverse chiese cristiane d’Algeria ad avviare un dibattito con il Ministero degli Affari religiosi. E, in questo contesto, i responsabili evangelici sono dovuti entrare in relazione con le autorità del Ministero. Credo sia stata la prima volta che in un Paese arabo dei cristiani provenienti dall’Islam abbiamo avuto la possibilità di discutere con delle autorità pubbliche dell’esistenza e dell’organizzazione delle proprie comunità di cristiani convertiti. Dal momento che sulla stampa e nell’opinione pubblica continuava il dibattito, il Ministero algerino ha addirittura organizzato, nel febbraio del 2010, un convegno di due giorni sul tema della libertà religiosa. Tutti i responsabili delle Chiese cristiane presenti in Algeria, compresi i responsabili algerini degli evangelici provenienti dall’Islam, sono stati invitati a questo appuntamento, al quale erano peraltro stati invitati universitari musulmani e alcuni funzionari del Ministero. In breve le posizioni espresse in questo convegno possono così essere riassunte. La costituzione algerina riconosce l’Islam come religione di Stato, ma garantisce la libertà di culto e di coscienza. Le traiettorie religiose personali dei cittadini appartengono solo a questi ultimi. Ma lo stato deve proteggere l’Islam e non può di conseguenza accettare iniziative deliberate di proselitismo che mirassero a convertire dei musulmani. La situazione che si sta sviluppando in Algeria è dunque particolarmente nuova nei Paesi arabo-islamici. Per le autorità algerine infatti non si tratta solo di dibattiti di principio sulla libertà religiosa. Esse devono ormai gestire le loro relazioni con intere comunità di convertiti algerini venuti dall’Islam.