Omelia di Natale del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano e presidente di Oasis

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:06:46

MESSA NEL GIORNO DEL NATALE DEL SIGNORE Is 8,23b – 9,6a; Salmo 95 (96); Eb 1,1-8a; Lc 2, 1-14

Duomo di milano, 25 Dicembre 2016

1. Questo Bambino è irradiazione della gloria del Padre «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria» (Epistola, Eb 1, 1-3). L’incarnazione del Figlio – come scrive l’autore della Lettera agli Ebrei – è il compimento del disegno gratuito voluto da Dio prima ancora della creazione ed è l’ultima parola della sua rivelazione d’amore. Questo Bambino irradia la gloria di Dio. Da Lui emana una vivida luce che fa brillare questo santo giorno del Suo Natale. Tale luce consiste nella Sua umanità che, come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 515), passo dopo passo conduceva i Suoi a riconoscere la Sua divinità. Il dono straordinario ed immeritato del Natale di Gesù fa dire al nostro padre Ambrogio: «Sarebbe perfino inutile nascere, se non avessimo il vantaggio di essere redenti» (Sant’Ambrogio, Isacco e l’anima, 4,35). 2. Liberi di fronte a questo Evento «C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria [la singolare umanità di Gesù Bambino] del Signore li avvolse di luce» (Vangelo, Lc 2, 8-9a). Colpisce che i primi a cui viene dato l’annuncio della nascita del Salvatore sono i pastori, gente povera, di periferia, invisa al mondo cittadino. Eppure, forse proprio per questo, liberi e decisi di fronte a quell’evento straordinario. I pastori non hanno niente da opporre alla grazia della salvezza. Il Natale è l’autentica povertà che nobilita noi uomini, assai spesso così poco coscienti della nostra dignità. Con sorpresa veniamo oggi risvegliati dalla libertà di Dio che mobilita la nostra. «Nessun amore prende con la forza l’essere amato» (F. Mauriac, Il mistero del Dio-Fanciullo e altre meditazioni). 3. Ci è stato dato un figlio Maria «diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia» (Vangelo, Lc 2,7). La Vergine che avvolge in fasce Gesù Bambino diventa l’icona della tenerezza eterna del Padre verso il Figlio per mezzo dello Spirito Santo. Riferendosi alla nudità di cui si vergognarono i nostri progenitori nel giardino dell’Eden dopo il peccato originale, i Padri della Chiesa ne parlano come del simbolo di ogni nostra miseria e fragilità. Avvolgerla è la natura propria della Redenzione. «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio» (Lettura, Is 9,5). Citando la Familiaris Consortio di San Giovanni Paolo II, Papa Francesco apre il V Capitolo dell’Amoris Laetitia con queste parole: «L’amore dà sempre vita. Per questo, l’amore coniugale “non si esaurisce all’interno della coppia [...]. I coniugi, mentre si donano tra loro, donano al di là di se stessi la realtà del figlio, riflesso vivente del loro amore, segno permanente della unità coniugale e sintesi viva ed indissociabile del loro essere padre e madre”» (Papa Francesco, Amoris laetitia 165). La fecondità come fattore essenziale, costitutivo e non accessorio, dell’amore sponsale è certamente un caposaldo del pensiero di Cristo che siamo chiamati a testimoniare e a trasmettere alle nuove generazioni spesso così confuse e smarrite, soprattutto in questa materia. 4. Incarnazione e Redenzione Se l’amore perfetto della Trinità si comunica attraverso lo svuotamento fino alla morte di croce di questo tenero bimbo, perché io non cambio, vinto nella durezza del mio cuore? Cosa è mutato in questo mondo dopo la Redenzione di Nostro Signore Gesù Cristo? – così obiettava un interlocutore a Sant’Agostino. Questi interrogativi trovano eco in noi più che mai in questi giorni. Lunga è la scia di attentati terroristici che ha tragicamente insanguinato quest’anno, fino all’ultimo, a Berlino. Che posizione assumere, come cristiani, di fronte a questa minaccia che incide profondamente nelle nostre vite? La prima istintiva reazione è la paura – che è appunto lo scopo del terrorismo; e subito dopo, la richiesta di un rafforzamento delle misure di sicurezza. Ma la sicurezza non è tutto: per quanto sofisticati siano i sistemi di difesa, ci sarà sempre una falla, il tallone d’Achille. Ecco perché diventa essenziale l’educazione, la cultura e la testimonianza. Occorre contestare l’ideologia jihadista, ponendosi e opponendosi a essa. Come cristiani il nostro modo di porsi è innanzitutto annunciare Gesù Cristo, con più vigore e meno complessi. Gesù non ha aspettato che le condizioni oggettive del suo tempo migliorassero, ma ha generato un soggetto nuovo nella storia. Nel nostro porsi c’è già anche l’op-porsi. L’opporsi a ogni violenza nel nome di Dio, come Papa Francesco non si stanca di richiamare. E al tempo stesso l’opporsi anche al sistema economico che fa sì che, come Paesi occidentali, chiudiamo gli occhi di fronte ai Paesi che fomentano il discorso estremista, nella speranza che si tratti – appunto – soltanto di un discorso. No, non sono solo parole, sono fatti. E morti, la maggior parte dei quali fuori dall’Europa. Troppo tempo abbiamo già perso svendendo le nostre convinzioni, la libertà religiosa in primis, per il nostro, moderno, piatto di lenticchie. E ora la minaccia è globale. In questa duplice presa di posizione sta il contributo più vero che possiamo offrire ai nostri fratelli musulmani che, nella larghissima maggioranza, guardano sgomenti quanto sta avvenendo, ma stentano ad articolare un’alternativa chiara, scaricando troppo spesso la responsabilità soltanto sulle condizioni, pure oggettive, di ingiustizia economica e sociale. Porsi ed opporsi. Come la luce che, scrive Giovanni, «splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta». 5. Non temete I pastori «furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: “Non temete: ecco io vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo» (Vangelo, Lc 2,9b-10). Nella liturgia di tutte le celebrazioni del periodo natalizio, questo invito alla gioia si ripete continuamente («Gioisca tutto l’universo» Prefazio; «In questo giorno festoso»; Sui doni; «A noi che celebriamo gioiosi, Dopo la Comunione»). Ognuno di noi sa bene, lo sa sulla propria pelle, quanto la paura tenda a tenere sotto scacco le nostre persone. Ed è superfluo elencarne le ragioni… Quanto più ci sforziamo di difendercene, essa sembra beffare i nostri tentativi ed inchiodarci alla nostra impotenza. Eppure il richiamo del Natale è più vero che mai. Oggi nasce per noi Colui che ci salva dalla radice di tutte le paure, che è la paura della morte. Tanti dei nostri fratelli cristiani perseguitati, in tante parti del mondo, ce lo testimoniano. Chiediamo alla Madonnina, che dall’alto del nostro duomo ci custodisce, di rafforzare la nostra fede per fare eco all’invito gioioso del Natale. Amen. ** The birth of Jesus reveals to mankind and to the world the certain hope of a rebirth. Merry Christmas! ** Die Geburt Jesu enthüllt allen Menschen und der ganzen Welt die sichere Hoffnung einer Wiedergeburt. Gesegnetes Weihnachtsfest! ** El nacimiento de Jesús hace brotar para todos los hombres y para toda la realidad la esperanza cierta de renacer. Feliz Navidad. ** La naissance de Jésus ouvre à chacun et à la réalité toute entière l’espérance d’une nouvelle naissance. Joyeux Noël! [Alcuni passi dell'omelia sono pubblicati sul sito Chiesa di Milano, dove è possibile anche visitare la galleria fotografica della celebrazione]