Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:43:13

Il 25 marzo 2010 è stato un giorno speciale in Libano: per la prima volta infatti cristiani e musulmani hanno festeggiato insieme l’Annunciazione, il giorno che ricorda la visita dell’angelo a Maria e la “notizia” che diventerà la madre di Gesù. Un passo e un’esperienza vissuta dai libanesi che ha da insegnare qualcosa anche al di fuori del Medio Oriente. Quando come Oasis, nel novembre scorso, avevamo incontrato a Beirut Mohamad Nokkari, tra gli ideatori della nuova Festa nazionale islamo-cristiana, questo shaykh musulmano ci aveva parlato delle non poche resistenze che la proposta stava incontrando. Nei mesi successivi però l’iniziativa è stata fatta propria dal Consiglio nazionale per il Dialogo e infine ufficialmente approvata dal Consiglio del Ministri, nella convinzione che una festa comune possa accrescere l’intesa tra cristiani e musulmani, messa a dura prova dai lunghi anni di guerra. La figura della Vergine Maria è cara anche ai musulmani e nel Corano si trova un ampio racconto dell’Annunciazione, anche se naturalmente i fedeli delle due religioni divergono sul significato di questo evento. Per i musulmani esso è l’annuncio della nascita di un grande profeta, mentre per i cristiani è il primo atto dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Evidentemente l’iniziativa della festa islamo-cristiana libanese ha anche un valore politico, legato alla ricerca di nuovi equilibri nel Paese, ma, almeno nello spirito dei promotori, non si esaurisce in un gioco di alleanze. Fin qui la cronaca libanese. Ma in questo fatto c’è un messaggio che supera i confini del piccolo Stato mediorientale. Nelle nostre società plurali il fatto del meticciato di civiltà s’impone sempre più come un’evidenza: cresce la presenza di uomini e donne di diverse tradizioni religiose, musulmani certamente ma non solo, basti pensare in Italia alla rapidissima crescita della comunità ortodossa. L’esito di questo tumultuoso processo non è per nulla garantito e necessita di essere orientato, se non vuole ridursi a una caotica ibridazione. Occorre trovare le ragioni adeguate per sostenere il bene pratico dell’essere insieme e il primo strumento è il riconoscimento reciproco: valorizzare i punti in comune, anche quando la coincidenza non è totale, renderà possibile un reale confronto sulle implicazioni di ciascuna posizione (religiosa e laica) riguardo al modo di concepire l’uomo, il cosmo e la società, e sulle ragioni che le sostengono. La festa islamo-cristiana libanese è un invito e una provocazione in questa direzione e al tempo stesso mostra che le religioni sono capaci di pensare e realizzare il bene dell’essere insieme, in anticipo sulla politica, pur senza poterne fare a meno. L’esempio libanese insegna infine che si può trovare un’intesa senza “neutralizzare” la propria storia, anzi rilanciandola.