Davanti alle persecuzioni, la risposta dei cristiani, più o meno evidente, è molto spesso sostenuta dalla fede e la loro testimonianza è una luce per tutti

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:54:57

Under Caesar's Sword.jpgRecensione di Daniel Philpott, Timothy Samuel Shah, Under Caesar’s Sword. How Christians Respond to Persecution, Cambridge University Press, 2018

 

Com’è noto, i cristiani subiscono discriminazioni, violenze e soprusi in molti Paesi del mondo. Sono emarginati, perseguitati e, in alcuni luoghi, anche in pericolo di vita. Ma come reagiscono alle persecuzioni? E che conseguenze hanno le loro scelte? Queste domande hanno ispirato il progetto di ricerca Under Caesar’s Sword [Sotto la spada di Cesare], nato dalla collaborazione tra alcune università e istituti americani con il sostegno del Templeton Religion Trust e conclusosi nell’aprile 2017. Ne è uscito un approfondito resoconto di più cinquecento pagine, in cui quattordici studiosi prendono in esame diversi Paesi, illustrando gli strumenti utilizzati per valutare il livello di violenza e le strategie di sopravvivenza. Raccontano, inoltre, la storia particolare di ciascuna comunità, riportando numerose testimonianze raccolte sul campo.

 

Vari sono i fattori in gioco nelle persecuzioni. Il pericolo, ad esempio, può cambiare volto se la comunità è in una situazione di minoranza, se il sistema di governo è autoritario o meno (alcuni Paesi con regimi democratici non sono estranei al problema), se vi sono sul terreno attori non statali come i gruppi terroristici; può dipendere anche dalla storia del rapporto che la singola comunità ha stretto e stringe con il resto della società. Non bisogna dimenticare, infine, che anche in Occidente i cristiani non sempre vivono in condizioni ideali, specialmente negli ultimi trent’anni, anche se il livello di violenza non è certamente paragonabile ad altri Paesi. Nel capitolo dedicato a Europa e America settentrionale, Paul Marshall riporta le parole di Papa Francesco, secondo cui le società occidentali esercitano una “persecuzione educata” attraverso il secolarismo (p. 6).

 

Le reazioni dei cristiani sono di diversa intensità e pur dipendendo da diversi fattori si lasciano raggruppare in tre categorie: reazioni di sopravvivenza, di associazione e di confronto. Del primo gruppo fanno parte, ad esempio, uno stile di vita conforme alla società maggioritaria, l’adozione di tradizioni locali e la celebrazione di feste nazionali, fino alla cooperazione politica. Nella categoria di associazione rientrano, tra gli altri, l’impegno al dialogo interreligioso e la costruzione di alleanze al di fuori del Paese e con le altre comunità. L’ultimo gruppo riunisce le reazioni più visibili e talvolta violente, come l’accettazione del martirio, ma anche l’aperta opposizione e la resistenza armata. Le tre categorie, sottolineano gli autori, non intendono comunque giudicare l’atteggiamento dei fedeli, sempre declinato in ciascun capitolo a seconda dell’identità nazionale e culturale, ma semplicemente ordinare i risultati empirici dalla ricerca. I motivi che spingono i fedeli a una scelta particolare non sono infatti riassumibili in breve, così come le conseguenze sulla società non sono generalizzabili, perché sono strettamente legati alla realtà particolare del Paese, della singola comunità e della singola vicenda familiare.

 

Apre il volume la storia dei fratelli Bhatti in Pakistan, nota probabilmente anche al lettore occidentale in genere poco informato sul tema. A seguire, i contributi coprono l’intero mappamondo, dal Medio Oriente all’Africa e all’Asia centrale, proseguendo verso l’estremo Oriente; si oltrepassa poi l’Oceano Pacifico per arrivare in America Latina e finire nel mondo occidentale. Degno di nota è l’ultimo capitolo, di Maryann Cusimano Love, dedicato alle reti transnazionali cristiane, ovvero gli ordini religiosi, gli ospedali e le organizzazioni internazionali.

 

Le storie raccontate aiutano a immedesimarsi evitando di perdersi in giudizi di valore sulle scelte come meri osservatori esterni. Se accetta di lasciarsi interrogare, infatti, il lettore può spostare il proprio giudizio su sé stesso, chiedendosi come avrebbe reagito in una situazione analoga. Dando voce ai cristiani perseguitati in tutto il mondo, Under Caesar’s Sword offre inoltre una luce per chi deve sopportare gravi ingiustizie a causa delle proprie convinzioni religiose.

 

Il volume ha il merito di seguire un metodo di ricerca unitario. Le testimonianze in prima persona offrono senza dubbio un valore aggiunto, arricchendo alcuni contributi e dando concretezza ai dati raccolti, in quanto testimonianza vissuta di ciò che le statistiche mostrano. Ciò che si evince dalle esperienze raccontate è che la voce dei cristiani perseguitati grida una perseveranza nella fede, in condizioni anche disperate, possibile soltanto quando questa è vissuta nel rapporto personale e comunitario con il Mistero fatto carne, che ha già sopportato – e redento – tutte le persecuzioni del mondo.

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis.

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