Come il dialogo può contribuire alla ridefinizione culturale delle componenti religiose e della società

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:07:51

Questo articolo è la presentazione sintetica di una ricerca attualmente in corso nel quadro del progetto "Non un'epoca di cambiamento, ma un cambiamento d'epoca" realizzato con il contributo di Fondazione Cariplo La stabilizzazione di una consistente popolazione di appartenenza musulmana nei vari Paesi europei ha contribuito in modo sostanziale a conferire un profilo multireligioso a società tradizionalmente caratterizzate dal riferimento prevalente alla religione cristiana, seppur confessionalmente diversificata al proprio interno. È soprattutto la presenza dei musulmani e della loro visibilità nello spazio pubblico che ha richiesto alle chiese di Europa di impegnarsi nel dialogo e nelle relazioni interreligiose. In questo impegno le chiese d’i Europa hanno fatto ricorso alle fondamentali indicazioni del magistero del Concilio Vaticano II che in Lumen Gentium 16, in Ad Gentes 3-9-13 e nella dichiarazione Nostra Aetate hanno legittimato e fondato il dialogo interreligioso come scelta formale attuata dalla Chiesa cattolica per gestire le relazioni con le altre comunità religiose. Altra guida importante sul piano pastorale è rappresentata dal documento Dialogo e Annuncio (1991) del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e della Congregazione di Propaganda Fide in cui sono articolate le forme e tipologie fondamentali di dialogo interreligioso che le comunità cristiane sono invitate a sviluppare sul piano locale. Le conferenze episcopali europee con tonalità variabili di interesse e di impegno si sono confrontate sulla questione delle relazioni tra Chiesa e musulmani a partire soprattutto da alcuni nuclei tematici di interesse pastorale: i matrimoni misti, la presenza di musulmani (giovani e talora meno giovani) negli spazi ecclesiali (oratori, scuole cattoliche, attività caritative), l’interazione con i musulmani in spazi comuni di assistenza pastorale (carceri, ospedali). Potremmo quindi dire che le relazioni della Chiesa cattolica con i musulmani ha avuto inizialmente due prospettive fondamentali: l’urgenza di formare alla conoscenza dell’Islam operatori pastorali o comunque formatori che fossero in grado di agire in contesto multireligioso; lo sviluppo di relazioni dirette con i musulmani a partire in particolare dai contesti ecclesiali o dal territorio caratterizzato in modo crescente dall’insediamento di popolazione musulmana. Le relazioni dirette con i musulmani hanno dato sviluppo nella Chiesa a due orizzonti di riflessione: 1) il primo orizzonte, più ampio, si è aperto su due prospettive: a. la riflessione sul rapporto tra religioni e società e Stato in un contesto divenuto multireligioso, e in particolare segnato dalla presenza musulmana portatrice di una propria visione di tale rapporto; b.) la riflessione sul possibile statuto teologico dell’Islam in rapporto alla rivelazione cristiana. 2) Il secondo orizzonte (collegato al precedente ma di carattere più applicativo) declinato in una varietà di prospettive è invece diretto a come interagire con i musulmani negli spazi ecclesiali e nei vari contesti locali. All’interno di questo secondo orizzonte si staglia anche la questione prettamente religiosa: si tratta cioè di capire in quale misura sia possibile sviluppare relazioni e rapporti che non si limitino al pur necessario ambito etico e culturale – con i relativi riferimenti religiosi – ma che si aprano anche alla dimensione prettamente religiosa e spirituale in forma dialogica (dialogo della spiritualità). Si tratta quindi di verificare in quale misura gli orizzonti sopra menzionati abbiano concretamente originato nuove visioni di “riconoscimento” reciproco e pratiche di dialogo e di relazione tra chiesa e musulmani, cercando di identificare esperienze virtuose nonché limiti e problematiche aperte. L’obiettivo ultimo è di valutare in quale misura allo stato attuale il dialogo tra chiese e musulmani contribuisca alla ridefinizione culturale delle rispettive componenti religiose, attrezzandole a condividere lo spazio comune europeo e a sostenere attivamente nuovi processi di integrazione culturale.