Estratto dell’intervento del card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano e Presidente della Fondazione Oasis, all’inaugurazione della nuova sede a Milano (sbobinato non rivisto dall’autore).

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:39:35

29 aprile 2013 Voglio solo dire grazie a tutti voi. In fondo cerco sempre di assecondare la realtà e tento di dire perché ho assecondato questa idea di una sede di Oasis a Milano. Nell’evoluzione di Oasis, che nacque con l’intento di aiutare i cristiani in minoranza in paesi prevalentemente musulmani e la cui prima intuizione fu a Damasco nel 2000, ci siamo posti il problema di conoscere meglio l’Islam. Ma, soprattutto in questi ultimi due, tre anni, ci siamo resi conto che guardare solo all’Oriente è limitativo, perché i problemi a Oriente e Occidente sono gli stessi. Anche se voi, presenti numerosi stasera, smentite questo dato, c’è una grandissima indifferenza verso questo problema in Europa come negli Stati Uniti: siamo ignoranti, nel senso letterale del termine, eccezion fatta per quanti qui tra noi lavorano da anni su questi temi, una minoranza spesso inascoltata. Milano in questo nuovo orizzonte è dunque il ponte, l’occasione, per la sua posizione di Mediolanum, per favorire una conoscenza e una presa di coscienza da parte dell’Occidente di che cosa sia questa realtà e di come si debba entrare con più decisione nell’accettazione dell’inter-religiosità e dell’inter-culturalità, una categoria che include anche le visioni sostantive che si vogliono agnostiche o atee. L’ecumenismo e il dialogo interreligioso, cioè la tensione ad affermare l’unità dei cristiani e al rapporto con le altre religioni, è una dimensione immanente all’atto di fede, non qualcosa che sta fuori da esso. Perché la fede non può vivere da sola, la fede genera sempre religione e quindi la modalità con cui altre fedi hanno generato religione, a partire dall’unico Dio che guida la famiglia umana, mi interessa in termini strutturali. Questo non significa assolutamente perdere la propria fisionomia, la propria identità, ma significa giocarla, rischiarla, metterla alla prova, verificarne la bontà e perciò imparare a dare ragioni all’uomo di oggi, assetato e spesso smarrito, della bellezza, della bontà e della verità del credere. Accanto a questa ragione sostanziale, c’è la ragione storica. Come è stato richiamato, la diocesi da tempo è aperta a questo aspetto decisivo, a tal punto che abbiamo dovuto articolare meglio, anche a livello diocesano, la realtà dell’ecumenismo, del servizio per il dialogo con l’Islam, con le religioni orientali, con l’ebraismo. C’è poi un discorso che parte da Milano, ma che riguarda tutto il Paese e tutta l’Europa: Milano, da metropoli qual è, è chiamata a interloquire con le altre grandi metropoli europee. È una realtà significativa in cui i cristiani hanno da portare, nella sinfonia della nuova Europa (bisogna parlare di una nuova Europa, bisogna veramente rifondarla) la sensibilità di popolo, che a livello cristiano è la dimensione pastorale. Dal punto di vista dei cristiani, senza escludere gli altri, la prima fase dell’Unione europea si è giocata con la Francia, capace di interpretare subito la cultura, con la Germania, da cui proviene la scientificità della riflessione teologica, e con l’Italia, che ha portato la sensibilità pastorale, di popolo. Dobbiamo ritrovare in forme nuove questo compito che ci tocca come cristiani e come cittadini, coscienti di dover tradurre i contenuti della nostra fede dentro una società plurale. Oasis è una fondazione privata, che si mette volentieri al servizio di questo. Vorrei che una frase molto semplice del Vangelo diventasse il titolo di quest’azione che intendiamo svolgere nel prossimo anno pastorale - che abbiamo identificato grossolanamente nella Messa del giovedì santo con l’affermazione «non ci sono bastioni da abbattere, ma strade da percorrere per andare incontro all’uomo» -: «Il campo è il mondo». Benedetto XVI nell’ultima visita ad limina ai vescovi, mi disse: «Milano è al centro dell’Europa e deve essere il cuore credente dell’Europa». Iscriviamo dunque il nostro lavoro in questo augurio del precedente Pontefice, seguendo con grande gioia i primi passi di Papa Francesco che ci stanno aprendo alla speranza, sperando di poterlo rendere effettivo. Grazie a tutti.