Muhammad Qasim Zaman, Modern Islamic Thought in a Radical Age. Religious Authority and Internal Criticism, Cambridge University Press, New York 2012

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:37:51

Molti autori sono da tempo concordi nel pensare il rapporto tra Islam e modernità in termini di crisi. Ma in che cosa consista esattamente questa crisi, quali siano le sue cause, e soprattutto come essa possa essere superata è questione più controversa, tanto che il dibattito interno all’Islam, iniziato nel XIX secolo, non solo non sembra sopirsi, ma riacquista periodicamente vigore in coincidenza di particolari congiunture storiche (l’11 Settembre, le Rivoluzioni arabe). Così, benché non manchino gli studi in proposito, «molte dimensioni cruciali di tali dibattiti rimangono poco compresi». A dirlo è Muhammad Qasim Zaman, professore di Studi mediorientali a Princeton, che con il suo Modern Islamic Thought in a Radical Age contribuisce in modo originale e approfondito all’interpretazione della riforma islamica. L’opera si distingue dall’abbondante produzione scientifica e pubblicistica in materia per tre importanti aspetti. Il primo attiene alla categoria di “critica interna”, i cui contenuti e forme di espressione dipendono dall’interazione tra i repertori forniti dalla tradizione islamica, i suoi riformatori, effettivi o potenziali, e i vari contesti entro i quali questi si collocano. Il secondo aspetto riguarda la decisione di lasciare sullo sfondo i termini generali della riflessione sull’Islam moderno per concentrarsi su alcune delle questioni che lo interrogano più in profondità: l’autorità del consenso (ijmâ‘); la reinterpretazione delle norme giuridiche (ijtihâd); il discorso sul bene comune (maslaha); l’educazione; il ruolo e lo statuto della donna; la giustizia socio-economica e la violenza. Il terzo aspetto consiste nella scelta di analizzare queste tematiche attraverso l’opera di alcuni grandi protagonisti dell’Islam moderno sia arabi (Rashîd Ridâ, Yûsif al-Qaradâwî) che indo-pakistani (‘Ubayd Allah Sindhi, Anwarshah Kashmiri, Taqi ‘Uthmani tra gli altri), con una capacità, rara tra gli studiosi, di muoversi con la stessa straordinaria competenza sui due grandi fronti del pensiero islamico moderno. Ne risulta così allo stesso tempo uno studio comparato e una suggestiva panoramica sugli scambi intellettuali tra Medio Oriente e Subcontinente indiano dalla fine del XIX secolo a oggi. L’intreccio di questi tre livelli di analisi fa emergere un dibattito interno all’Islam molto intenso, articolato, e non privo di ambiguità e paradossi, spiegabili anche per il fatto che gli ‘ulamâ’ non sono «pensatori sistematici che articolano una filosofia coerente al suo interno, ma piuttosto intellettuali militanti che rispondono, nel corso di lunghe carriere, a nuove e vecchie controversie» (p. 310). All’interno di tale dibattito, l’analisi delle incongruenze tra la retorica dei vari attori e i contenuti effettivi della loro produzione permette di denunciare i limiti della consolidata classificazione dei pensatori islamici in riformatori modernisti, riformatori fondamentalisti (o islamisti) e ‘ulama conservatori, a sua volta frutto di uno schema interpretativo definito dalle coppie tradizione/rinnovamento, apertura/chiusura, moderazione/estremismo (per citare le più utilizzate). Lo schema non sempre funziona, sia perché per qualcuno riforma non significa «mettere da parte la tradizione, ma scavarvi più a fondo» (p. 88), sia perché i vari “critici interni” all’Islam possono scambiarsi posizioni e giudizi secondo il contesto in cui agiscono e i temi di cui dibattono. Così, un Qaradâwî, molto sensibile all’idea di un Islam all’altezza dei tempi, può simultaneamente essere flessibile sull’applicazione del divieto del prestito a interesse e intransigente nella difesa della poligamia. Insomma il discorso islamico moderno manca forse di rigore, ma non certo di vivacità e fermento, al punto che non sembra esagerato parlare dell’esistenza di un vero e proprio spazio pubblico islamico globale. Per esplorarne e comprenderne tutte le sfaccettature occorreranno altri studi e altre ricerche, ed è lo stesso Qasim Zaman a riconoscerlo. Intanto il suo libro è destinato a diventare un classico.