Nel corso di un’intervista, lo studioso Ahmed al-Raissouni ha insistito sulla marocchinità del Sahara occidentale e della Mauritania. La polemica che ne è scaturita lo ha spinto ad abbandonare l’Unione mondiale degli ulema

Ultimo aggiornamento: 15/03/2024 11:51:33

Il 20 agosto scorso, in occasione del 69° anniversario della Rivoluzione del re e del popolo, data commemorativa del sollevamento dei marocchini contro la destituzione del re Muhammad V da parte dei francesi, l’attuale sovrano Muhammad VI ha affermato che «il dossier del Sahara è il prisma attraverso il quale il Marocco considera il suo ambiente internazionale». Commentando il discorso, il settimanale marocchino TelQuel ha scritto che la politica estera della monarchia alawita è ormai fondata su un aut aut: «o con noi o contro di noi». Per Rabat non c’è in effetti questione più strategica del Sahara occidentale, territorio sul quale il Marocco rivendica una piena sovranità e che il Fronte noto come Polisario ha invece dichiarato “Repubblica araba democratica dei saharawi”. La controversia è uno dei nodi della storica rivalità tra Marocco e Algeria, principale sostenitrice del Polisario; alla fine del 2020, il riconoscimento della sovranità marocchina sul Sahara era stato l’atout con cui l’allora presidente americano Trump aveva ottenuto la normalizzazione tra Marocco e Israele; nel 2021 la questione era stata fonte di forti tensioni diplomatiche con la Spagna, colpevole di aver ospitato il leader del Fronte Polisario Brahim Ghali per prestargli assistenza sanitaria; nell’agosto di quest’anno è toccato al presidente tunisino Kais Saied scegliere d’incontrare Ghali in occasione di una conferenza internazionale tenutasi a Tunisi e aprire così una crisi diplomatica tra il suo Paese e il Marocco.

 

Ma il tema è talmente rilevante da condizionare anche gli ambienti religiosi. Nell’ultimo mese, l’esperto religioso marocchino Ahmed al-Raissouni si è dimesso prima dalla presidenza e poi da semplice membro dell’Unione Mondiale degli Ulema, importante organizzazione dell’attivismo islamico transnazionale con sede a Doha, proprio a causa delle sue posizioni sulla marocchinità del Sahara.

 

La vicenda è scoppiata all’inizio dell’agosto scorso, quando Raissouni ha dichiarato in un’intervista con un’emittente marocchina che «l’esistenza di ciò che si chiama Mauritania è un errore», dal momento che «la fedeltà degli ulema e dei dignitari del “Paese di Chinguetti” è sempre andata al re del Marocco». Ha inoltre aggiunto che la questione del Sahara occidentale e la Mauritania sono «una costruzione coloniale» e ha invitato il popolo marocchino a prepararsi a una marcia verso Tindouf, la città algerina in cui ha sede il fronte Polisario.

 

Com’era prevedibile, le dichiarazioni di Raissouni hanno suscitato l’indignazione di organizzazioni e personalità politiche e religiose sia algerine che mauritane. L’Unione degli Ulema ha così dovuto prendere le distanze dal suo presidente e ha chiarito in un comunicato che questi parlava a titolo personale. Raissouni ha parzialmente ritrattato, sostenendo che le sue affermazioni erano state fraintese e che il loro vero significato era un invito a una più stretta unità tra i Paesi del Nord Africa. Ciò non è bastato a calmare le acque e Raissouni si è dimesso prima dalla presidenza e, a distanza di una settimana, dall’Unione tout court, motivando la sua decisione con la volontà di «mantenere la propria libertà di espressione».

 

Per avere la misura dell’accaduto è bene tenere in considerazione il profilo di Raissouni, una personalità di spicco sia dell’Islam marocchino che di quello internazionale. Studioso noto per le sue ricerche sugli obiettivi della sharī‘a, sul rinnovamento dell’Islam e sul rapporto tra Islam e politica, ha fondato insieme ad Abdelilah Benkirane il movimento per l’Unicità e la Riforma (MUR), piattaforma ideologica del partito della Giustizia e dello Sviluppo che ha governato il Marocco dal 2011 al 2021. Nel 2018 è succeduto all’influente predicatore egiziano Youssef al-Qaradawi alla guida dell’Unione Mondiale degli Ulema, e nell’ultimo decennio si è distinto per i suoi interventi pubblici sui grandi eventi del mondo arabo-musulmano: dopo il 2011 è stato uno dei più convinti fautori delle rivoluzioni arabe, soprattutto nella loro declinazione islamica; nel 2017 ha pubblicamente sostenuto le ragioni del Qatar contro il blocco imposto al piccolo emirato del Golfo dal quartetto composto da Arabia Saudita, Emirati arabi, Egitto e Bahrein, e a partire dal 2020 è stato molto critico verso l’ondata di normalizzazioni tra Israele e alcuni Paesi arabi, tra cui il suo Marocco.

 

Proprio le prese di posizione di Raissouni sui rapporti con Israele aiutano a cogliere la portata del suo atteggiamento nei confronti del Sahara. Lo studioso non fa parte dell’establishment religioso della monarchia e non può essere considerato un semplice portavoce di quest’ultima, con la quale gli è capitato di trovarsi in disaccordo. In particolare i rapporti con lo Stato ebraico rimangono un tema fortemente divisivo, al punto che l’ex-presidente dell’Unione mondiale degli Ulema ha apertamente denunciato lo scambio tra riconoscimento della marocchinità del Sahara occidentale e intesa con Tel Aviv. Ma la sovranità sul Sahara è un principio che in Marocco trascende le differenze politiche e religiose ed è capace di generare un consenso diffuso e trasversale.

 

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