Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:43:54

La dichiarazione conciliare Nostra Aetate ha invitato tutti a evangelizzare la relazione islamo-cristiana, a liberarci cioè dai pregiudizi del passato e a sostituirli con una relazione rispettosa, così come è giusto tra credenti, attraverso collaborazioni in grado di servire la giustizia e la pace. Giunto in Algeria nel 1946, ho vissuto tutta la vita nel contesto di questa relazione islamo-cristiana, quasi sempre in Algeria, ma per due anni anche in Marocco e per altri due in Egitto. Insomma l’incontro con i musulmani ha formato la trama della mia vita di fede e della mia testimonianza cristiana per tutti questi anni. E ringrazio Dio per avermi dato questa vocazione e questa missione. La rapida crescita demografica del mondo islamico, da un secolo a questa parte, e la sua diffusione su un’area geografica sempre più vasta hanno reso la relazione islamo-cristiana uno degli aspetti più rilevanti della fedeltà della Chiesa alla sua missione nel mondo contemporaneo. Fa parte della missione della Chiesa servire la pace tra gli uomini e perciò, in particolare, tra i credenti e con i musulmani. Gesù ha detto nel sermone della montagna: «E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?» L’apertura del cuore al “fratello diverso” è un segno di fedeltà al discorso della montagna. «Amerai il prossimo tuo come te stesso» è un richiamo che non può escludere nessuno. D’altra parte i cristiani hanno ora capito meglio che la Chiesa non è un’istituzione al servizio dei soli cristiani, ma un segno di Dio proposto a tutti gli uomini. Il ministero del Papa, in particolare così come è stato vissuto da Giovanni Paolo II, ha reso visibile questa missione nel mondo interno. Adesso, Benedetto XVI mostra in ogni suo viaggio segni di questa apertura attraverso i suoi incontri coi responsabili delle comunità islamiche. D’altronde è inconcepibile per gli uomini di questo tempo che le religioni che vogliono onorare Dio – ognuna a suo modo, è vero – possano rappresentare una delle cause di tensione tra gli uomini del mondo attuale. Le ultime iniziative dei responsabili musulmani (per esempio la lettera dei 138) dimostrano che i musulmani intenzionati oggi a lavorare a una relazione pacifica tra cristiani e musulmani sono molti. È per questo che sono stato felice di dedicare tutta la mia vita a questo rapporto. Certo, ci sono oggi fondamentalisti che vogliono provocare un ripiegamento in entrambi i campi, quello dei cristiani e quello dei musulmani. Ma sono sessant’anni che vedo musulmani ricercare l’amicizia di cristiani e impegnarsi con loro in una collaborazione in vista del bene comune, e questo non può che provocare in me una gioia profonda. Sono amicizie che hanno rappresentato l’essenza della mia fedeltà al Vangelo, così come della manifestazione del Vangelo ai nostri amici musulmani. Dall’amicizia nasce la fiducia e quest’ultima rende possibile la collaborazione per il bene comune nella sua multiforme varietà: azione sociale, impegno per la giustizia e la pace, condivisione di patrimoni culturali, ecc... La comunicazione delle esperienze spirituali rappresenta uno dei vertici di questa condivisione. In alcune occasioni si può arrivare a pregare insieme: nei funerali, nelle prove della vita così come nelle gioie da vivere insieme. Si è troppo spesso confuso il dialogo islamo-cristiano con incontri accademici. Questi ultimi sono senza dubbio segni preziosi di rispetto reciproco tra le due comunità. Ma il dialogo è innanzitutto la relazione fondamentale tra tutte le persone di buona volontà, relazione da cui scaturisce la fiducia e sulla quale si stabilisce la pace, sulla base dell’amicizia tra le persone.