Per la prima volta Papa Francesco ha rilasciato un’intervista a una testata giornalistica del Medio Oriente, l’emiratina «al-Ittihād». Una conversazione sul ruolo degli Emirati, il futuro che attende i giovani, la convivenza tra religioni, il cambiamento climatico e la cura del pianeta. Qui la traduzione dall’arabo

Ultimo aggiornamento: 15/03/2024 11:14:06

Dialogo raccolto da Hamad al-Ka‘bī, direttore di «al-Ittihād»

 

 

Per cominciare vorremmo rassicurarci delle Sue condizioni di salute dopo l’operazione chirurgica.

 

È stata un’operazione difficile, ma ora grazie a Dio sto meglio, per merito del lavoro e della professionalità dei medici e dell’equipe di infermieri, che ringrazio molto. Prego per loro, per le loro famiglie e per tutte le persone che mi hanno scritto e hanno pregato per me in questi giorni. Penso anche a tutti gli ammalati e auguro loro una pronta guarigione e di trovare, nell’oscurità della malattia, la forza per scoprire il senso della vita, la luce della fede e la gioia della speranza.  

 

Santità, Lei ha descritto gli Emirati come una culla di diversità e una terra di tolleranza e ha descritto la storica visita da Lei compiuta nel 2019 come una «pagina nuova» nella storia delle relazioni interreligiose. Le chiedo allora: in che modo vede il ruolo degli Emirati e quello di Sua Altezza lo Shaykh Muhammad bin Zayed Al Nahyan, presidente dello Stato – che Dio lo protegga – in qualità di partner fondamentale nel sostenere gli sforzi di pace e tolleranza?

 

Ricordo con grande gioia e gratitudine il mio viaggio del 2019 negli Emirati Arabi Uniti e la calda accoglienza che ho ricevuto… Sono rimasto assai colpito dal generoso affetto che mi ha riservato il Suo nobile Paese. Come ho detto nel mio discorso ad Abu Dhabi, è stato magnifico e molto incoraggiante osservare che nel vostro Paese «non s’investe soltanto nell’estrazione delle risorse del sottosuolo, ma anche nell’estrazione delle risorse del cuore, cioè nell’educazione dei giovani». Stimo molto l’impegno continuo degli Emirati Arabi Uniti e di Sua Altezza lo Shaykh Muhammad bin Zayed Al Nahyan nel costruire il futuro e plasmare un’identità aperta, capace di prevalere sulla tentazione di chiudersi in sé stessi e irrigidirsi. Il fatto è che la grandezza di qualsiasi Paese non si misura soltanto nella sua ricchezza, ma prima di tutto per il contributo concreto nel diffondere e difendere la pace, la fratellanza e la convivenza e per il sostegno [che offre] agli sforzi internazionali per la pace e la tolleranza, perché investire nella cultura riduce l’odio e contribuisce a far crescere e fiorire la civiltà.

 

Spesso i giovani si trovano circondati da messaggi negativi e da fake news. Come possono resistere alle tentazioni materialiste, agli incitamenti all’odio e ai pregiudizi? Quali sono le modalità per respingere l’ingiustizia e le esperienze dolorose del passato? Come possono imparare a difendere i diritti altrui con la stessa forza con cui difendono i propri?   

 

I giovani ci giudicheranno un giorno in maniera positiva se daremo loro solide fondamenta per creare nuovi incontri di civiltà, o in maniera negativa se non gli lasceremo altro che miraggi, incertezze o il pericolo di scontri ignobili d’inciviltà. Dal mio punto di vista, l’unica via per proteggere i giovani dai messaggi negativi e dalle fake news, dalle notizie manipolate, dalle tentazioni del materialismo, dell’odio e dei pregiudizi è di non lasciarli soli in questa battaglia, ma di fornirgli gli strumenti necessari, che sono la libertà, il discernimento e [il senso di] responsabilità.  

 

La libertà è ciò che caratterizza l’essere umano. Dio ci ha creati liberi al punto da poterlo rifiutare… Oggi non possiamo più obbligare i nostri giovani a non pensare, a non farsi domande, a non conoscere dubbi. Perché domandare è la via alla verità e la libertà di coscienza, la libertà di credo, di pensiero e di espressione sono questioni fondamentali per aiutarli a crescere e a formarsi. I giovani di oggi hanno sempre il cellulare in mano, arrivano a qualsiasi informazione; non possiamo più costringerli o obbligarli all’oscurità, all’ignoranza, all’odio e alla chiusura. Il discernimento è un’arte, un’arte che si può imparare, ha le sue regole. Se imparassimo a discernere correttamente, questo ci permetterebbe di vivere una vita più bella e armoniosa. Il discernimento è anche un dono di Dio che dobbiamo sempre domandare, senza mai illudersi di essere diventati esperti e autosufficienti. È quella proprietà che ti fa distinguere tra giusto e sbagliato, tra originale e copia, tra ciò che dobbiamo fare, comprendere e imparare e ciò che dobbiamo evitare, allontanare e respingere.

 

La responsabilità è la consapevolezza di essere creatore e artefice del proprio futuro… Non dobbiamo mai cadere nella tentazione di trattare i giovani come bambini incapaci di scegliere e prendere decisioni: sono il presente, investire su di loro significa garantire continuità. Il fondatore della Sua patria, lo Shaykh Zayed – riposi in pace – è un esempio eccellente di leader lungimirante, che ha costruito la vostra patria sulla tolleranza, la convivenza, l’istruzione e i giovani. I suoi figli – che Dio li protegga – seguono le sue orme. Possiamo combattere l’odio, i pregiudizi, gli scontri e l’ingiustizia solo attraverso il coraggio di scegliere la via dell’amore, della tolleranza, della giustizia, del dialogo, dell’apertura e della fratellanza umana, seguendo la regola d’oro: «Fa’ agli altri quello che vuoi gli altri facciano a te».

 

Nel documento sulla fratellanza umana Lei ha promesso che avrebbe agito per far arrivare il messaggio a quanti prendono decisioni a livello mondiale, alle organizzazioni internazionali e regionali competenti. Ad esempio, ne ha donato una copia al presidente americano. Anche le Nazioni Unite lo hanno fatto proprio e hanno proclamato il 4 febbraio come giorno della fratellanza umana. Come descriverebbe il modo in cui la società mondiale guarda al messaggio e agli obbiettivi del documento? Lo vede come una guida per le generazioni future e un riconoscimento del fatto che siamo tutti membri di una sola famiglia umana? Qual è il futuro della collaborazione tra le religioni?

 

Offro il documento sulla fratellanza umana a tutte le delegazioni che ricevo in Vaticano perché credo che sia un testo importante, non soltanto per il dialogo interreligioso, ma anche per la convivenza pacifica tra tutti gli uomini. [Non abbiamo alternative:] o la civiltà della fratellanza o il regresso all’ostilità. O costruiamo insieme il futuro o non ci sarà futuro. Mi fa molto piacere che la società mondiale accolga e comprenda il messaggio del documento e i suoi obbiettivi come una guida per le generazioni che verranno e come un riconoscimento del fatto che siamo tutti membri di una sola famiglia umana, perché il documento diventi sempre più una cultura. Vorrei dire: Il documento è una luce che guida tutti gli uomini e le donne di buona volontà a camminare sulla via della convivenza e dell’incontro. È un programma di lavoro per chiunque scelga con coraggio di essere costruttore di pace nel nostro mondo lacerato da guerra, violenza, odio e terrorismo.

 

La fratellanza umana è la medicina di cui il mondo ha bisogno per guarire dal veleno di queste ferite. Il futuro della collaborazione tra le religioni si fonda sul principio della reciprocità, del rispetto dell’altro e della verità… Ogni religione non insegna soltanto a denunciare il male, ma invita anche a consolidare la pace. Il nostro compito, senza abbandonarsi a un concordismo buonista, è di pregare gli uni per gli altri domandando a Dio la grazia della pace e d’incontrarci, dialogare e rinsaldare l’armonia con spirito di collaborazione e amicizia. Il nostro compito è di trasformare il senso religioso in collaborazione, in fratellanza, in opere concrete di bene.

 

Oggi abbiamo bisogno di costruttori di pace, non di fabbricanti di armi; abbiamo bisogno di costruttori di pace, non di fomentatori di conflitti; abbiamo bisogno di gente che spegne gli incendi, non che li appicca; abbiamo bisogno di gente che invita alla riconciliazione, non che minaccia distruzione.

 

Il documento che ha firmato insieme a Sua Eccellenza lo Shaykh di al-Azhar, il professor Ahmad al-Tayyib, afferma che il dialogo, la comprensione reciproca e la diffusione di una cultura di tolleranza e convivenza possono contribuire ad alleviare molte delle difficoltà sociali, politiche, economiche e ambientali che assediano gran parte dell’umanità… Come valuta gli sforzi finora profusi a questo riguardo, quali sono i passi che andrebbero compiuti per realizzare questo obbiettivo?

 

Il documento comincia con questa frase essenziale che è il fondamento di tutto il testo: «La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio, che ha creato tutti gli esseri umani, che ha creato l’universo e le creature – uguali per la Sua Misericordia –, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere». Solo in questo modo possiamo onorare Dio, se ci consideriamo fratelli e sorelle non a parole, ma nei fatti e nelle opere di bene, soprattutto verso i nostri fratelli e le nostre sorelle bisognosi e poveri.

 

È facile parlare di fratellanza, ma il metro reale della fratellanza è quello che facciamo veramente e concretamente per offrire aiuto, sostegno, assistenza, soccorso, per nutrire e accogliere i miei fratelli e le mie sorelle in umanità. Ogni opera di bene, per natura, deve rivolgersi a tutti senza discriminazione. Se faccio il bene solo a quelli che pensano e credono come me, il mio bene è ipocrisia, perché il bene non conosce distinzione o esclusione. In questo senso mi piace rivolgere una parola d’incoraggiamento a tutte le associazioni e fondazioni benefiche che sono nate dal documento e che offrono i loro servizi a tutti senza alcune distinzione o esclusione.

 

Come si può radicare la cultura della tolleranza nella vita dell’umanità e nelle sue interazioni quotidiane, in modo che sia sinonimo di bene e di crescita, antidoto all’odio, al razzismo e al fanatismo? Come le legislazioni e le leggi possono contribuire a radicare i valori della tolleranza e del rifiuto dell’odio e del fanatismo?

 

La “cultura della tolleranza” può essere radicata nella nostra vita quotidiana attraverso l’istruzione e l’impegno sociale e religioso. La tolleranza diventerà reale quando impareremo a rispettare le differenze e a considerarle una ricchezza, non un pericolo… quando impareremo, come afferma il documento sulla fratellanza umana, che «Dio […] non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente».

 

Le Nazioni Unite hanno messo in guardia sul fatto che la minaccia del terrorismo è aumentata e si è diffusa in varie regioni del mondo grazie alle nuove tecnologie. Qual è il Suo messaggio alle persone di tutte le religioni, in particolare ai giovani che operano per rafforzare la pace nel mondo e opporsi al terrorismo e all’odio?

 

Che siano “costruttori di pace”, mai artefici di morte o di violenza. Che trovino nella fede in Dio la fonte e la forza per essere migliori, per rendere il mondo un posto migliore. «Il primo e più importante obiettivo delle religioni è quello di credere in Dio, di onorarLo e di chiamare tutti gli uomini a credere che questo universo dipende da un Dio che lo governa, è il Creatore che ci ha plasmati con la Sua Sapienza divina e ci ha concesso il dono della vita per custodirlo. Un dono che nessuno ha il diritto di togliere, minacciare o manipolare a suo piacimento, anzi, tutti devono preservare tale dono della vita dal suo inizio fino alla sua morte naturale. Perciò condanniamo tutte le pratiche che minacciano la vita come i genocidi, gli atti terroristici, gli spostamenti forzati, il traffico di organi umani, l’aborto, la cosiddetta eutanasia (che non è affatto una buona morte) e le politiche che sostengono tutto questo», come afferma il documento.

 

Sua Santità ha posto la prima pietra della Casa Abramitica insieme al Grande Imam e ai nostri governanti. Si tratta di un progetto che è nato dal documento sulla fratellanza umana, era soltanto un’idea e ora è diventato realtà. Che cosa pensa di questo progetto? Che cosa pensa del fatto che gli Emirati lo abbiano saputo realizzare in un breve arco di tempo? La convivenza tra le religioni è possibile?

 

Nel video messaggio che ho inviato in occasione dell’inaugurazione della Casa di Abramo ho affermato: «La Casa Abramitica, composta di tre luoghi di culto, una chiesa consacrata a San Francesco, una moschea e una sinagoga, è nata per realizzare il principio della fratellanza umana». È un luogo di culto in cui ogni credente innalza le sue mani verso il cielo e pratica la convivenza nella diversità e nel rispetto reciproco tra credenti. È un messaggio che testimonia che la fede in Dio deve alimentare soltanto sentimenti di bene, dialogo, rispetto e pace e mai sentimenti di violenza, conflitto, scontro o guerra.

 

La Casa Abramitica è un luogo per il rispetto della diversità, che è voluta da Dio, e per non trasformare la differenza in disprezzo o motivo di lotta. È un luogo di convivenza, tolleranza e fede. Tutti noi possiamo vivere la nostra fede nel rispetto della fede dell’altro e della libertà dell’umanità. Solo quelli che non sono certi della loro fede vivono nella paura dell’incontro con l’altro e vanno in cerca di contrapposizioni. Il credente autentico vive la sua fede senza sentirsi minacciato dagli altri e senza bisogno di minacciare gli altri.

 

La Casa Abramitica è stata progettata e costruita per essere un modello di convivenza nella diversità. Un luogo in cui ogni credente può trovare e vivere – nel pieno rispetto della sua fede, della sua tradizione e delle sue usanze – i valori della pace, della tolleranza e della fratellanza.

 

Ringrazio caldamente qui tutti coloro che hanno lavorato con dedizione e impegno per rendere questo progetto realtà. Sono certo che questo luogo costituirà un modello e un centro di dialogo religioso e di convivenza tra le religioni.

 

Come commenta il rogo del Nobile Corano che è recentemente avvenuto in Svezia? Come si sente rispetto a questi comportamenti infamanti?

 

Provo rabbia e disgusto per questi comportamenti. Ogni Libro considerato sacro dai suoi seguaci va rispettato per il rispetto che si deve a quanti credono in esso. Non si dovrebbe mai sfruttare la libertà di espressione come pretesto per disprezzare gli altri, permettere che questo accada è un atteggiamento da rifiutare e condannare.

 

Lei ha insistito, insieme a Sua Altezza lo Shaykh Muhammad bin Zayed Al Nahyan, sulla collaborazione per contrastare le malattie, in occasione della firma di una dichiarazione congiunta sulla salute mondiale che invita a combattere le malattie tropicali trascurate [Neglected Tropical Diseases] e alla creazione di una “Cassa dell’Ultimo Miglio”. A questo proposito Le chiedo: come valuta questi sforzi per rafforzare il benessere delle società e realizzare gli obbiettivi di crescita mondiale?

 

Stimo molto l’impegno di Sua Altezza lo Shaykh Muhammad bin Zayed Al Nahyan nel combattere le malattie ovunque nel mondo e nel diffondere i principi del documento di Abu Dhabi attraverso iniziative concrete che mirano a migliorare la vita dei nostri fratelli e delle nostre sorelle indigenti e malati. Sono grato a Sua Altezza per l’impegno degli Emirati nel trasformare gli insegnamenti del documento in opere concrete di bene fraterno, opere che abbracciano tutti e si pongono al loro servizio, perché come ho appena detto, il bene deve essere per natura universale, la fratellanza è universale.

 

Santità, in più di un’occasione Lei ha invitato a trovare soluzioni mondiali per le grandi sfide poste dal cambiamento climatico e ha chiesto di proteggere la nostra casa comune e prendersi cura del pianeta in cui viviamo attraverso cambiamenti profondi negli stili di vita. Gli Emirati ospitano quest’anno la Cop28, la Conferenza delle Parti, e Sua Altezza lo Shaykh Muhammad bin Zayed Al Nahyan ha proclamato il 2023 anno della sostenibilità nel nostro Paese. Come valuta gli sforzi degli Emirati in questo campo, quale messaggio manda al mondo per proteggere il pianeta terra?

 

Nella mia enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune ho cercato di porre alcune domande sul tipo di mondo che vogliamo lasciare a quelli che verranno dopo di noi, ai bambini che saranno gli adulti di domani. La Cop27 che si è tenuta in Egitto e la Cop28 negli Emirati Arabi Uniti sono occasioni fondamentali per suonare l’allarme e per dare risposte alla crisi ambientale, al grido della terra e al grido dei poveri che non possono più attendere.

 

Prendiamoci cura del creato, il dono del nostro Dio buono… Incoraggio gli Emirati Arabi Uniti nei loro sforzi e auguro loro successo, per il bene del nostro pianeta che è la nostra “casa comune”. L’unico modo efficace per affrontare questa crisi è trovare soluzioni realistiche ai problemi reali posti dalla crisi ecologica. Dobbiamo trasformare le dichiarazioni in provvedimenti prima che sia troppo tardi.

 

 

Originale: https://www.alittihad.ae/news/الإمارات/4414953/البابا-فرنسيس-لـ-الاتحاد---قيادة-الإمارات-مهتمة-ببناء-المستق

 

Traduzione dall’arabo di Martino Diez e Mauro Primavera, © Fondazione Internazionale Oasis

 

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente la posizione della Fondazione Internazionale Oasis
 
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