«Prevedibile l’impasse nella vicenda della costruzione della moschea a Ground Zero, perché la richiesta di Cordoba Initiative, dietro il richiamo alla libertà religiosa, nascondeva un’esigenza simbolica e politica, che ha urtato l’opinione pubblica». È il giudizio di Andrea Pin, giurista e autore del libro uscito di recente Laicità e Islam nell’ordinamento italiano.

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:42:36

Intervista a cura di Pier Luigi Fornari Cosa mascherava la richiesta? Non rispondeva ad una reale esigenza di libertà religiosa (l’area è commerciale e non si caratterizza per una rilevante presenza musulmana), ma a intenzioni simboliche e politiche: una parte del mondo islamico cerca di darsi visibilità mondiale, di legittimare la propria religione con un’immagine di pace. La prima risposta delle istituzioni? A parte Obama, che non poteva che richiamare gli ampi spazi della Costituzione americana nel campo della libertà religiosa, la riposta delle autorità cittadine è stata allo stesso modo animata da finalità politiche e simboliche. Si è risposto sì, non in nome delle reali esigenze di culto dei musulmani, ma perché, si è detto, «per combattere il terrorismo si deve essere tolleranti». E l’opinione pubblica? Restando sul piano delle valenze simboliche, l’assunto era che il dio nel nome del quale si chiedeva di erigere la moschea era lo stesso invocato per giustificare il massacro delle Twin Towers. Ma qual è la realtà del mondo musulmano? È caratterizzato da un’estrema frammentazione e rivalità, acuitasi dopo l’11 settembre. Una parte ha condannato l’attacco terroristico, una parte l’ha stigmatizzato ma ha mostrato comprensione per le motivazioni addotte, individuando nell’Occidente un blocco antislamico. Una terza parte ha approvato, anche se in modo sotterraneo. E la Cordoba Initiative? Sono tra coloro che hanno condannato l’11 settembre, e ora dicono: «Siamo musulmani americani e gli attentatori sono nemici dell’Islam». Ma è difficile individuare le appartenenze e le traiettorie ideali dei suoi membri e il trasformismo è piuttosto diffuso. L’americano medio, allora, cosa ha pensato? Ha probabilmente colto che dietro la richiesta della moschea e il consenso della città di New York c’era un gioco politico, più che una reale esigenza di libertà religiosa. Cosa insegna la vicenda? Un’impostazione troppo formalista della libertà religiosa non consente di distinguere le reali esigenze di culto dalle intenzioni politiche e simboliche portate avanti in specie da un mondo religioso come quello musulmano nel quale le rivalità sono molto accese. In Italia? Nella comunità islamica presente nel nostro Paese si mescolano continuamente aspetti religiosi, culturali e politici. Fattori politici e simbolici analoghi a quelli che riguardano la moschea a Ground Zero, hanno bloccato i tentativi di accordo tra lo Stato e l’Islam, fermi da quindici anni. Credo comunque che il meglio della nostra tradizione costituzionale, la “laicità all’italiana” che descrivo nel mio libro, sia in grado di consentire un approccio concreto per rispondere alle reali esigenze religiose. * Da Avvenire di venerdì 20 agosto 2010, www.avvenire.it