Spesso in Europa si pensa che nell’Islam non esista un dibattito sulle sue Scritture sacre. Ma il dibattito esiste, e usa spesso toni forti suscitando anche controversie, come in questo articolo tratto da As-Safir, quotidiano di sinistra filo-siriano, il cui tono è sicuramente molto duro e accusatorio. Come interpretare il Corano alla luce del contesto in cui vivono oggi i musulmani?

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:06:49

As-Safir, 21 novembre 2016 Nel mondo di oggi è raro trovare una comunità più arretrata dei musulmani. La «migliore comunità mai suscitata tra gli uomini» (cfr. Cor. 3,110) finì il giorno della morte del Profeta Muhammad e probabilmente il discorso coranico sulla “migliore comunità” riguarda in modo specifico i musulmani nell’epoca del Profeta senza includere l’insieme di quanti sarebbero venuti dopo di loro. Altrimenti non si spiegherebbe il male che da centinaia di anni colpisce i musulmani, la loro arretratezza e divisione odierna, fino ad arrivare a Isis, l’ultima delle loro produzioni e il loro coronamento. È inutile separare tra l’Islam e i suoi seguaci per assolvere il primo dell’arretratezza dei secondi e dei loro crimini. Il problema dell’arretratezza dei musulmani non si risolve distinguendo tra l’Islam come religione civilizzata sul piano teorico e i musulmani come strumento applicativo di distorsione. In realtà, ci sono forme di Islam distorte che molti musulmani fanno proprie e applicano nella loro integralità. [In questi casi] rinunciare all’Islam e lasciarlo stare è molto meglio che distorcerlo o abbatterlo attraverso l’attaccamento a esso. Il problema dei musulmani non è tanto l’essersi allontanati dalla loro religione quanto il fatto che la comprendono male e ne applicano gli insegnamenti in modi distorti trasformandola, in queste condizioni, in credenze fossilizzate e immutabili e in pratiche rituali distruttive. Se il Profeta Muhammad fosse venuto nella nostra epoca, per esempio, avrebbe ordinato di tagliare la mano al ladro o piuttosto di metterlo in prigione? Nei detti della tradizione religiosa si legge che il Mahdi1 atteso alla fine dei tempi porterà una religione nuova. Questa visione è in sintonia con la “novità”, intesa come carattere dominante nell’era della globalizzazione e della modernità. La religione è rivelazione del contesto, diagnostica le malattie di tale contesto e ne propone delle cure adeguate. Gli insegnamenti religiosi non cambiano nello spirito e nelle finalità (maqāsid), ma con il variare delle epoche possono variare nelle norme e negli strumenti. La nuova religione è essenziale per far sì che l’uomo contemporaneo e i nuovi mondi si conformino agli insegnamenti divini. I musulmani perciò hanno bisogno di tornare a capire il testo religioso alla luce del contesto in cui vivono, piuttosto che evocare il contesto storico del testo e calarlo nel presente. L’Islam praticato dalla maggior parte dei musulmani soffre di una preferenza accordata alla forma sulla sostanza, al rituale sul valore, alla materia sullo spirito, al mezzo sul fine, al precetto sulla finalità, al significante sul significato, all’interpretazione letterale (tafsīr) sull’interpretazione spirituale (ta’wīl), al prìncipe sulla comunità, alla classe sulla società. La maggior parte degli islamisti prende in considerazione alcune parti del Testo sacro e ne tralascia altre. In questo essi si comportano come un chirurgo che maneggia con abilità il bisturi nel corpo del malato, ma rinuncia a curare e sradicare la malattia. Gli islamisti, per esempio, impongono il diritto (fiqh) mentre non tengono in conto l’etica, laddove le due dimensioni sono strettamente collegate nel testo, e anzi la prima è la premessa della seconda e dovrebbe esserne l’origine. Inoltre, il diritto in vigore in molti gruppi islamici continua a rappresentare una restrizione del testo religioso, ingabbiandolo in stampi letterali che inibiscono il progresso dell’umanità e la sua capacità di evolversi; non si spiegherebbe altrimenti il divieto di utilizzare le banche, la proibizione della musica e delle arti (le arti figurative e la scultura), la necessità di distruggere gli idoli, e il fatto di considerare la donna come ‘awra [intesa come un oggetto sessuale che dev’essere coperto, N.d.T.]. Rinnovare l’Islam significa purificarlo dai pregiudizi, dalle cadute, dai miti e dalle alterazioni che l’hanno colpito nel corso della storia, e applicarlo in modo conforme allo spirito del tempo e dell’epoca. Significa anche tornare a leggere il testo religioso con la ragione, la morale e la spiritualità del Profeta, non alla lettera. *Professore presso l’Università Libanese, Habib Fayad ha conseguito un dottorato in Filosofia e teologia islamica con una tesi dal titolo: “Il rinnovamento del pensiero arabo durante la Nahda”. È un editorialista di As-Safir, quotidiano di sinistra filo-siriano. [Traduzione a cura della redazione]