Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:11:52
L'agile volume Tradizioni in subbuglio mette finalmente a disposizione del pubblico italiano una significativa, seppur piccola, parte dell'opera di una straordinaria figura di studiosa. Si tratta di alcuni brevi saggi, precedentemente pubblicati in inglese, nei quali l'Autrice, con un nitore pari all'acume dei giudizi, conduce i lettori attraverso le vicende della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, tracciandone la storia e in particolare l'eredità.
Nelle sapienti mani della Glendon, docente di Diritto internazionale e di diritto costituzionale ad Harvard, Presidente della Pontificia Accademia per le Scienze Sociali e ora Ambasciatrice degli Stati Uniti presso la Santa Sede, la Dichiarazione si rivela il frutto di una straordinaria impresa non solo giuridica, ma culturale. Un'impresa che, come l'Autrice ha avuto modo di dire altrove, è sottoposta oggigiorno ad un assedio, ugualmente giuridico e prima ancora culturale.
Mary Ann Glendon mostra come il lavoro per giungere alla Dichiarazione abbia radunato politici e studiosi di culture profondamente diverse, ciascuna delle quali ha apportato un proprio inestimabile contributo ad un documento che si rivela profondamente unitario nella concezione e nell'articolazione.
Le due parole-chiave che, secondo l'Autrice, sono state in grado di coagulare diversi orizzonti culturali attorno ad un'unica soluzione, sono universalità e dignità umana.
Infatti, negli estensori della Dichiarazione non si ritrova la preoccupazione di individuare dei punti in comune tra le varie concezioni culturali e politiche, ma qualcosa di buono e quindi valido universalmente. In altri termini, essi si sono chiesti cosa fosse buono per tutti, non cosa tutti pensassero.
Se il fatto che un mondo tanto lacerato si sia potuto raccogliere intorno ad una concezione sostantiva dell'essere umano può destare stupore, ancor più sorprendente risulta la novità del prodotto: una Dichiarazione che ruota intorno alla dignità umana.
Gli articoli del documento dettagliano, infatti, un'attenzione per l'uomo nella sua totalità e in tutti i suoi aspetti. Le varie parti della Dichiarazione non possono essere considerate separatamente senza perdere di vista la fisionomia complessiva della dignità umana: gli articoli stanno insieme, come i colori della tavolozza concorrono unitariamente a comporre l'immagine di un quadro.
Dietro questa concezione unitaria si cela lo sforzo, da parte di ciascuna tradizione culturale, di decodificare il proprio patrimonio per renderlo accessibile agli altri. Uno sforzo ingaggiato anche dalla Chiesa cattolica, che ha dovuto utilizzare il concetto di dignità, al posto di quello più risalente di natura umana.
La Chiesa, nelle parole della Glendon, ha però familiarizzato tanto con questo nuovo concetto, da esserne divenuta la custode quasi esclusiva, di fronte a chi intende la Dichiarazione come un menù dal quale scegliere la priorità del momento.