Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:39:14

L’ultima volta in Italia era stato a San Servolo nel giugno 2011. Poi era stata la volta di Tunisi nel 2012. E quest’anno è toccato all’Università Statale di Milano ospitare per due giorni la settantina di personalità del mondo accademico ed ecclesiale che costituiscono la rete di Oasis, la Fondazione Internazionale voluta dal Cardinal Scola nel 2004 per sostenere le comunità cristiane nei Paesi islamici e attraverso di esse promuovere l’incontro con i musulmani. «Non sono uno di quelli che pensa che tutti i mali del Medio Oriente o dell’Islam siano colpa degli americani. Esistono dei problemi che ci creiamo da noi stessi». Sayyed Jawad al-Khoei, segretario della al-Khoei Foundation, importante realtà sciita irachena, non ama girare intorno al punto: il pericolo per il suo Paese, che non può ancora dirsi pacificato, è la diffusione di ideologie estranee che rinnegano la pluralità e seminano la violenza terroristica. Con le sue valutazioni concordano le analisi da Iran, Egitto e Marocco e persino dall’Arabia Saudita. Con toni diversi, i relatori denunciano il pericolo di quella trasformazione della religione in un’ideologia d’avanguardia che è la caratteristica principale di gran parte dell’Islam politico. Osserva Tewfik Aclimandos, politologo egiziano: «Non si può capire al-Azhar o i salafiti senza conoscere a fondo l’Islam; ma per comprendere le mosse dei Fratelli musulmani il riferimento islamico è del tutto secondario; molto meglio andarsi a studiare i partiti marxisti del Novecento». Il dissidente iraniano Jahanbegloo, riparato in Canada, constata in positivo l’emergere nel suo Paese di una forma di secolarità non ostile alla fede e aperta al trascendente. Essa contesta il principio teocratico in nome della sovranità popolare. Se la religione come ideologia genera una cappa opprimente, nemica per principio di ogni forma di pluralismo (e le minoranze cristiane lo sanno bene), la soluzione non è però quella della rimozione dell’ “ipotesi Dio”. Uno degli assiomi del secolarismo moderno è infatti che la secolarizzazione sia via alla democrazia, ma l’affermazione resta tutta da dimostrare secondo Olivier Roy, noto esperto di Islam politico che per il terzo anno di fila ha partecipato ai lavori di Oasis. Al contrario, l’umanesimo esclusivo che è stato coltivato da una parte della modernità si è tradotto in un rovesciamento paradossale. Esso infatti – ha affermato provocatoriamente il filosofo francese Rémi Brague – non sa più rispondere alla domanda radicale: “Perché è bene che l’uomo sia?”. Il secolarismo, che nasce come messa in discussione dell’universalismo cristiano a seguito delle guerre di religione tra protestanti e cattolici, sembra essere giunto a un momento di svolta, documentato in Europa dalla crisi economica e dal suo persistere. Stretta tra questa duplice negazione (né militanza né irrilevanza) si chiarisce la proposta contenuta nel titolo dell’incontro di Oasis: camminare sul crinale. È l’angusto sentiero che cristiani e musulmani sono chiamati a percorrere insieme. Immaginare uno spazio di indistinti, in cui ognuno debba spogliarsi dal suo singolare, non avrebbe infatti senso, perché è impossibile per un uomo vivere un’esperienza religiosa spogliandosi di un universale concreto. « Bisogna essere cristiani fino in fondo, musulmani fino in fondo, in maniera dinamica, assumendo l’esperienza religiosa della fede a 360 gradi » ha concluso il Cardinal Scola. Per Oasis questo incontro, il decimo della serie, segna una tappa importante. Emerge ormai con chiarezza che le domande che travagliano il mondo occidentale trovano elementi di forte analogia con i cambiamenti in atto nelle società musulmane. Il punto sorgivo, quell’ascolto delle comunità cristiane nei Paesi a maggioranza musulmana che Oasis ha ricevuto in dono da Venezia e dalla sua millenaria tradizione di contatti con il Levante, si dilata così verso le società plurali dell’Occidente, di cui Milano, con i suoi quasi 150.000 musulmani, offre un esempio certamente significativo.