Autore: Luigi Giussani
Traduzione in Arabo: Sanaa Fadhil, Sobhy Makhoul e Camille Eid
Titolo: al-Hiss ad-dini (il senso religioso)
Editore: Milano 2006, pp. 188

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:50:53

Non è usuale cominciare una recensione con un'accusa rivolta all'opera che s'intende presentare ai lettori: l'accusa, nel caso specifico, è di essere stata motivo di qualche notte insonne. Tale esperienza è stata tanto più importante in quanto la lettura di questo libro ha rappresentato, per il recensore, occasione d'incontro con la figura di Mons. Luigi Giussani, recentemente scomparso. Il contenuto del libro è stato oggetto di diverse analisi e presentazioni fin dalla data della sua prima edizione italiana. Notiamo soprattutto che queste pagine non cessano di porre al lettore domande cruciali. Il punto di partenza, o piuttosto il tema centrale, se non addirittura la parola chiave dell'opera, è «il realismo». Ciò fa del libro un documento estremamente importante sul piano teologico e, più precisamente, a livello di teologia pratica. In seguito al Concilio Vaticano II la teologia non è più considerata come una scienza puramente "speculativa" o "scolastica" (nell'accezione negativa del termine), ma come una riflessione (una ragione) che emana dalla "vita" degli uomini. Il "reale" non è più una constatazione fissa e definitiva, ma un "segno" che chiama al superamento, un invito ad andare oltre, verso una realtà più grande che lo trascende. Il reale è sorgente e ricettacolo della verità, un'"educazione alla libertà", un'"avventura dell'interpretazione" continua e sempre nuova. E la realtà è in rapporto con l'infinito per mezzo della ragione, cosciente di essere in presenza del Mistero. È proprio questo fatto a conferire alla ragione il dinamismo di non fermarsi mai, anche quando arriva al limite delle sue possibilità. «La nostra natura è esigenza di verità e di compimento, cioè di felicità»; per questo deve abbandonarsi all'assoluto, al trascendente, alla Rivelazione. Salutiamo l'idea di tradurre in arabo quest'opera di Giussani. La traduzione in sé, condotta da parte di arabi, è eccellente e molte verifiche ne hanno provato la qualità e la fedeltà al pensiero dell'autore. È chiaramente visibile che i traduttori hanno conosciuto Giussani e hanno reso il suo messaggio in modo più che conveniente. A parte la volontà di far conoscere l'autore e l'opera al mondo arabo, e di arricchire la biblioteca cristiana della regione con un pensiero adattabile con facilità alla vita ecclesiale di questa parte del mondo, questa traduzione contribuisce a far evolvere la ricerca e a sviluppare il vocabolario teologico arabo, che è attualmente in corso di formazione. Sul piano pastorale l'opera risponde alle domande dei cristiani arabi, particolarmente dei giovani. Essi vi troveranno non risposte preconfezionate, ma una metodologia di riflessione che li aiuterà ad aprirsi al senso ultimo della loro vita, che continuamente ricercano. Non possiamo concludere questa presentazione senza avanzare una riserva di forma per questa traduzione. Non ne avrebbe guadagnato a rispettare le convenzioni tipografiche arabe? La vocalizzazione è totalmente assente, quasi non ci sono shaddah per indicare le consonanti doppie, né tanwîn. Un'altra riserva concerne l'assenza di uno strumento importante, che aiuterebbe lo sviluppo di un vocabolario teologico arabo, cioè un indice che presenti i termini teologici di rilievo e l'equivalente arabo utilizzato. Ciò renderebbe il compito dei teologi di lingua araba più facile e più ricco, e verrebbe ad aggiungersi agli sforzi in atto, a livello di ricerca, nell'ambito della letteratura araba cristiana. Infine, possiamo sperare di vedersi realizzare la traduzione delle due altre parti del PerCorso?

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