Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:42:33

Perché in Oriente dobbiamo sempre tirare in ballo Dio? Il 3 agosto di ogni anno, in Libano, alcune migliaia di cittadini, in maggioranza sciita, festeggiano la “vittoria divina” (nasr [min] Allah)! Di quale vittoria si tratta? Di quella del “Partito di Dio” (Hizbollah) sul “nemico sionista”, mentre Sion è per altri il simbolo di Gerusalemme, quella “Terra promessa” da Dio al suo popolo. I fatti sono noti: martedì 3 agosto 2010, l’esercito israeliano avanza per sradicare un bell’albero della montagna allo scopo di vedere meglio il nemico hizbollahi. Contemporaneamente l’esercito libanese, vedendo il nemico sionista muoversi nella sua direzione, si difende con spari e armi anticarro. Come sempre, l’esercito israeliano reagisce pesantemente. Parrebbe di trovarsi in uno di quei videogiochi che simulano le guerre, uno dei tanti, se non fosse che alla fine sono morti quattro esseri umani: due militari libanesi, un militare israeliano e un giornalista libanese. Vittoria divina! Il giorno successivo, risoluti come il giorno precedente, gli israeliani sradicano l’albero che impedisce loro la visuale e altri due accanto ad esso per affermare il loro diritto alla desertificazione. Gioco tremendo, che purtroppo non è virtuale ma reale. Alcune ore più tardi il “Sayyed” (Hassan Nasrallah) celebra la vittoria di Dio, che ha concluso la guerra dei 34 giorni del luglio-agosto 2006. Vera vittoria, che ha fatto “solo” 1200 morti libanesi e 160 morti israeliani, oltre ai 4000 feriti libanesi e circa 3,6 miliardi di dollari di danni, parzialmente coperti dall’Europa e dai “paesi fratelli” iraniani o arabi, secondo la loro fede in Dio, ancora Lui! Ahimè, nessuno ha fatto tornare i morti in vita! Ma cosa importa, dal momento che è stata una “vittoria divina”? Si può combattere in nome di Dio? Ognuno vuole difendere l’onore della patria, o del clan. Alcuni pensano di difendere così Dio o la religione. Ma Dio, e il suo onore, e la religione non hanno bisogno di essere difesi da nessuno. L’onore di Dio è la vita dell’uomo! È l’uomo ad aver bisogno di essere difeso. Per ogni essere ucciso, di chiunque si tratti, è una parte di Dio ad essere toccata. «Com'è vero ch'io vivo - oracolo del Signore Dio - io non godo della morte dell'empio, ma che l'empio desista dalla sua condotta e viva» (Ez, 33,11). E Gesù Cristo: «io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Giov, 10,10). Gli israeliani avevano superato la linea blu? La Forza di pace delle Nazioni Unite (FINUL) afferma che si trovavano a sud della linea, ciò che ha fatto concludere a Israele: «eravamo dalla parte del diritto». Replica il Libano: «esistono settori a sud della linea blu che sono in territorio libanese», o ancora «gli alberi si trovavano a sud della linea blu, ma in territorio libanese!» Non è forse giunto il momento che l’ONU definisca una no man’s land provvisoria, segnata con chiarezza tra i due paesi, e ricavata in parti uguali da entrambi, per evitare altri conflitti? Avrebbe sicuramente un costo inferiore rispetto alla situazione attuale. D’altronde, come ha affermato Alain Le Roy, capo delle forze di pace dell’ONU: la FINUL aveva chiesto a Israele di affidarle la supervisione della potatura degli alberi, ma la richiesta è stata respinta. Si rischia ora una nuova guerra? Sembra che i due Stati non lo vogliano… per ora. Il ministro israeliano della Difesa, Ehud Barak, l’ha detto chiaramente: «spero che non si verifichi un’escalation, che l’estate continui ad essere calma e che le cose tornino alla normalità», aggiungendo: «l’incidente di martedì non è stato programmato né dallo stato maggiore dell’esercito libanese a Beirut né da Hizbollah. Ha inoltre dichiarato: «occorre agire in modo tale che un incidente locale non degeneri in una vera crisi». Da parte libanese c’è stata la stessa reazione. Che alla fine sia stato l’esercito, e non Hizbollah, a cercare di difendere il Libano è un buon segno. Da qualche mese a questa parte la situazione in Medio Oriente è cambiata: si assiste a una lotta d’influenza tra l’Arabia Saudita (sunnita) e l’Iran (sciita), con la Siria a fare da intermediario. Il 30 luglio scorso si è tenuto a Beirut un mini-vertice con il re Abdallah d’Arabia e il Presidente siriano Bashar al-Asad sui rapporti tra l’Iran e Hizbollah, che non è più forte come nel 2006. Tutto ciò lascia prefigurare un cambiamento strategico che potrebbe rivelarsi positivo. La vera soluzione è nota: un accordo di pace, che rispetti le decisioni internazionali. Ciò suppone certamente delle rinunce, ma è molto più benefica di qualsiasi guerra e qualsiasi vittoria, fossero pure “divine”! * Articolo redatto il 6 agosto 2010