La Chiesa copta è soddisfatta, ma all’interno della comunità cristiana c’è chi sostiene che il testo non migliori la situazione

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:07:30

Il vecchio regolamento prevedeva restrizioni significative alla costruzione e alla manutenzione delle chiese. In applicazione di un decreto ottomano del 1856, per costruire una nuova chiesa i cristiani dovevano ottenere l’autorizzazione presidenziale. Una legge del ministero dell’Interno del 1934 fissava inoltre una decina di condizioni che dovevano essere soddisfatte per poter ottenere il permesso di costruire, mentre era necessaria l’autorizzazione del governatore per ristrutturare un edificio esistente. In pratica, la procedura poteva durare anni e comunque erano concesse poche autorizzazioni perché i servizi di sicurezza locale e nazionale temevano le reazioni ostili della popolazione locale. Anche quando i permessi erano rilasciati, gli ultraconservatori locali si opponevano, provocando gravi disordini confessionali. I copti erano spesso accusati di convertire clandestinamente le abitazioni in luoghi di culto, ciò che provocava ugualmente tensioni e scontri violenti. La nuova costituzione adottata nel 2014 invitava il legislatore ad approvare, fin dalla sua prima legislatura, una legge a regolamentazione della costruzione e ristrutturazione delle chiese che garantisse ai cristiani la libertà di praticare i loro riti religiosi. La nuova legge è stata approvata ad agosto dal Parlamento poco prima della chiusura della sessione annuale. Inizialmente le chiese hanno approvato una prima bozza ma successivamente si sono opposte agli emendamenti apportati ritenuti “inammissibili” e che, per la Chiesa copta ortodossa, rappresentavano “un pericolo per l’unità nazionale dell’Egitto, complicando e ostacolando la costruzione delle chiese senza tener conto dei principi di cittadinanza”. Qualche giorno dopo però i dirigenti delle chiese hanno annunciato di aver trovato un accordo con il governo e hanno ritirato le loro obiezioni. Ciononostante, in un comunicato la Chiesa ortodossa ha espresso l’augurio che la legge non fosse applicata alla lettera. Il disegno di legge è stato approvato dal Parlamento dopo accesi dibattiti. Esaminando il testo, molti dei trentanove deputati copti, eletti grazie all’istituzione nella costituzione del 2014 di una quota loro riservata, hanno espresso delle riserve. Quanto ai deputati salafiti, hanno votato contro il testo, dicendo che è inopportuno consentire la costruzione di chiese sul suolo egiziano perché l’Islam è la religione di Stato. Secondo chi criticava la legge, la mancanza di una regolamentazione unificata sui luoghi di culto è il segno della disparità di trattamento tra musulmani e cristiani. In effetti le moschee sono soggette a una legge del 2004 molto più flessibile che prevede il rilascio del permesso di costruzione da parte del solo ministero degli Awqaf [Ministero degli Affari religiosi, N.d.R.] e non del presidente, mentre la ristrutturazione non necessita dell’autorizzazione governativa. Molti copti hanno anche criticato il fatto che la legge sia stata negoziata tra lo Stato e i dirigenti delle chiese senza che i membri della comunità fossero consultati. Con la nuova legge la costruzione di una nuova chiesa continua a essere soggetta a un’autorizzazione preventiva, ma la decisione spetta ora al governatore locale nominato dal presidente, anziché al capo di Stato. Il governatore ha quattro mesi di tempo per dare una risposta che, in caso negativo, dev’essere motivata. La legge però non precisa se è possibile fare ricorso contro la risposta o in assenza di risposa del governatore. La legge inoltre specifica che la superficie della nuova chiesa dev’essere proporzionale al numero di cristiani presenti nell’agglomerato e ai loro bisogni, ma non definisce i criteri per valutare questa “proporzione” e non indica l’autorità incaricata delle valutazioni. In assenza di statistiche ufficiali sulla ripartizione della popolazione tra le diverse religioni è impossibile determinare il numero di cristiani in una determinata circoscrizione. La legge si riferisce peraltro ai “cristiani” in termini generali, senza distinguere tra le diverse comunità religiose. Quanto ai luoghi di culto esistenti, il loro statuto potrà essere legalizzato l’anno successivo all’entrata in vigore della legge, a condizione che siano conformi alle norme edilizie e al diritto di proprietà. Un comitato è incaricato di assicurarsi che queste regole siano state rispettate. La legge non fissa un tempo massimo entro cui il comitato è tenuto a comunicare la risposta e non precisa la procedura da seguirsi in caso di ricorso contro le sue decisioni. Molti di questi edifici non sono stati costruiti nel rispetto delle norme e sono, il più delle volte, alloggi convertiti in chiese. Quindi difficilmente saranno legalizzate. Se Papa Tawadros e i dirigenti delle altre due grandi chiese hanno espresso piena soddisfazione per questa legge, gli oppositori anche interni alla stessa comunità copta li accusano di aver ceduto alle pressioni delle autorità e sostengono che questo testo non apporti alcun miglioramento al sistema precedente. Per la deputata Nadia Henry, “questo progetto imposto dallo Stato ai cristiani e alle chiese codifica l’ingiustizia e la persecuzione contro i cristiani. È una vergogna per gli egiziani che lo accetteranno”. La legge è stata approvata con i due terzi della maggioranza. I suoi detrattori temono che essa possa provocare un aumento della violenza confessionale.