La riflessione sul Sinodo d’Africa del di S. E. Mons. Maroun Lahham, Vescovo di Tunisi

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:43:26

Sono molti gli argomenti risuonati nella sala del Sinodo, questioni che non investono esclusivamente la vita della Chiesa d’Africa, ma anche che provocano la Chiesa tutta, aspetti problematici, ma anche punti di speranza. Uno dei temi più discussi è stato quello dell’etnicità o del tribalismo: il legame di sangue, della tribù o dell’etnia – si è sostenuto da più parti – appare tuttora più forte del legame che nasce dalla condivisione della stessa fede in Cristo. Lo si constata nelle relazioni sociali, nella vita della Chiesa, nella riconciliazione tra individui e comunità. L’etnicità spesso si traduce nei fatti in un abuso della cultura, un alibi per occultare i comportamenti sbagliati sotto il velo delle “pratiche tradizionali”. A volte l’identità etnica e l’identità cristiana si trovano in antagonismo per cui occorre lavorare per favorire un’osmosi tra i valori positivi dell’una e dell’altra e, come ha detto Benedetto XVI, occorre che «il Vangelo penetri le culture africane e le culture africane penetrino il Vangelo». Altra questione posta a tema dal Sinodo è stata la situazione della donna: non solo il suo posto particolare nella vita della società civile e della Chiesa non è ancora riconosciuto, ma ancora la donna deve sostenere il peso di alcune tradizioni tribali ingiuste, come la poligamia, e di feroci maltrattamenti. Un’altra preoccupazione emersa dai lavori dei padri sinodali è stata quella relativa alla tutela della famiglia tradizionale, che oggi ancora tiene come punto di riferimento in Africa, ma è minacciata da più parti: dalla teoria del gender che giunge dall’Europa, dalla diffusione dell’AIDS e dalla stregoneria. I bambini restano la parte più fragile e indifesa della società: per la loro scolarizzazione i governi stanziano scarsissimi finanziamenti, mentre lo sforzo maggiore resta sulle spalle delle scuole cattoliche; restano brucianti le piaghe dei bambini soldato, del lavoro minorile, degli abusi sessuali e abbandono dei minori. La stregoneria causa molti problemi: è quasi ovunque e pervade tutti gli aspetti della vita delle singole persone, delle famiglie e della Chiesa. Anche gli uomini politici vi ricorrono in caso di bisogno. Anche alcuni preti e marabutti si lasciano coinvolgere in certe pratiche. È molto pericolosa: non di rado si scopre che alla base di certi omicidi stanno folli credenze ispirate da certa stregoneria che ritiene che uccidere una persona permetta di impossessarsi del suo spirito. Un capitolo fondamentale trattato è stato il rapporto con l’Islam. Si è evidenziato come non esista in Africa un Islam monolitico: l’Islam nordafricano non è l’Islam subsahariano, né quello dell’Africa del Sud o dell’Est. Ci sono ambiti dove si pratica il dialogo e ambiti invece dove prevale la paura crescente dell’Islam. Certamente si avverte l’influsso dei Paesi arabi, promotori di una spinta missionaria in Africa. Certo è che ogni volta che nella sala del sinodo o nei momenti di pausa si toccava l’argomento Islam, si manifestavano opinioni ed esperienze divergenti. Tutte le questioni fino a qui evidenziate sono esacerbate da quello che è forse il problema numero uno in Africa: la cattiva gestione politica che blocca lo sviluppo economico di un continente paradossalmente povero, ma ricco a un tempo di risorse. Tutti i vescovi hanno condiviso l’osservazione per cui, a parte due o tre paesi, i governanti e politici sono lungi dal perseguire il bene comune, troppo spesso sostenitori degli interessi delle multinazionali che sfruttano le ricchezze naturali del continente, più che degli autentici interessi del loro Paese. Il messaggio finale del Sinodo non ha risparmiato parole molto dure nei loro confronti, ha proposto di istituire delle cappellanie per la classe dirigente, che comprende anche molti cattolici, ma soprattutto ha rivolto un accorato appello a tutti gli africani: prendano in mano il loro destino, si mettano al lavoro su giustizia, riconciliazione e pace, e non disperino perché la grazia di Dio è abbondante. La sapienza antica africana in certo modo lo riconosce e tramanda in un diffuso proverbio: «Un esercito di formiche ben organizzato può abbattere un elefante».