A partire da queste prese di posizione molto precise e prima ancora da una comunione che, come ricorda autorevolmente il documento, precede le tradizioni particolari, i cristiani del Medio Oriente potranno affrontare le sfide che li attendono. Su questo secondo versante, nell’esortazione prevale l’affermazione di alcuni principi generali. Ed è naturale che sia così, visto che la regione è sempre più instabile: chi avrebbe immaginato nell’ottobre 2010 che solo pochi mesi più tardi sarebbero iniziate le rivoluzioni arabe? Ma anche chi si sarebbe aspettato la comparsa del film offensivo verso Muhammad che ha di colpo infiammato il mondo islamico, arrivando a lambire anche il Libano? Sarebbe dunque molto rischioso (e probabilmente anche estraneo alle finalità dell’esortazione) pronunciarsi sull’attualità, tessuta di segnali positivi, ma anche di fatti molto preoccupanti come gli attacchi di questi giorni alle ambasciate americane. L’esortazione ricorda piuttosto alcuni principi: l’ecumenismo da rilanciare, il dialogo interreligioso e la necessità di una sana laicità, temi che superano i confini della regione (e del resto il Papa ha dichiarato che l’esortazione è rivolta a tutta la Chiesa). Viene riaffermata l’importanza del legame con l’ebraismo, cosa mai scontata nel contesto mediorientale, e al tempo stesso si insiste sulla necessità di un rapporto positivo con i credenti musulmani. In uno dei passaggi più forti, il Papa afferma che i cristiani orientali «si sono lasciati interpellare dalla religiosità dei musulmani». Proprio questa idea del reciproco interpellarsi potrebbe essere una chiave per impostare in modo nuovo i rapporti con l’altro credente, secondo l’espressione usata nel documento. Ma per farlo occorre sgomberare il campo dalla violenza, «liberando la religione dal peso della politica», tutelando i diritti fondamentali per tutti, operando con decisione per la libertà religiosa. Obiettivi ambiziosi, ma irrinunciabili, se si vuole arrestare la continua emorragia di credenti che minaccia il futuro delle chiese orientali.
Senza dubbio il messaggio dell’esortazione richiederà parecchio tempo per essere recepito. C’è però una parola che i libanesi hanno capito molto bene fin dal primo momento: «Vi lascio la mia pace». È lo slogan del viaggio. È riproposto con infinite variazioni nei cartelli che tappezzano le vie di Beirut e dintorni, anche nei quartieri sciiti intorno all’aeroporto. È il desiderio profondo di tanti.
Qualcuno pensava che non avesse senso per il Papa salire fino alla Madonna di Harissa per consegnare l’esortazione apostolica. Troppo rischioso. Diversi media si erano spinti a prevedere la cancellazione del viaggio all’ultimo minuto. Ma Benedetto XVI ha scelto di non tirarsi indietro. La sua presenza in Libano, in un momento così delicato, è il primo segno di cui hanno bisogno non solo i cristiani, ma tutti gli uomini di buona volontà, in questo Paese e in tutta la regione. Con il suo gesto il Papa mostra di credere fino in fondo a quella possibilità di una coesistenza pacifica e arricchente a cui viene dedicato così ampio spazio nell’esortazione apostolica. Il primo messaggio di Benedetto XVI è oggi la sua presenza.
Dal 2004 lavoriamo per favorire la conoscenza reciproca tra cristiani e musulmani e studiamo il modo in cui essi vivono e intrepretano le grandi sfide del mondo contemporaneo.
Chiediamo il contributo di chi, come te, ha a cuore la nostra missione, condivide i nostri valori e cerca approfondimenti seri ma accessibili sul mondo islamico e sui suoi rapporti con l’Occidente.
Il tuo aiuto è prezioso per garantire la continuità, la qualità e l’indipendenza del nostro lavoro. Grazie!