Louis Massignon fu segnato indelebilmente dalla figura di de Foucauld. Una pagina in cui l’islamologo ricorda l’apostolo del Sahara

Ultimo aggiornamento: 15/03/2024 10:48:45

Uno degli ultimi appelli di Foucauld risale al 1950, quando sentii di dover andare a Tamanrasset con mia moglie, per completare il viaggio di nozze interrotto nel 1914 a Touggourt. A bordo dell’aereo militare che riforniva le piazzeforti del Sahara orientale, raggiungemmo il Grand Erg, Fort Flatters, Fort Polignac, Ghāt (dove parlai con Madani ag Soda, ultimo sopravvissuto degli uccisori di Foucauld), Djanet, Bīr al-Gharāma, Tamanrasset. Qui, tra il 19 e il 20 ottobre 1950, dalle undici di sera alle quattro del mattino, trascorsi la mia notte di adorazione con Foucauld, nel suo Borj; notte nera, più nera della nostra prima notte di adorazione comune al Sacré-Coeur, nel 1909, ancora più povera e desolata. Ma, come dice il proverbio arabo, Dio sa vedere «gli spostamenti della formica nera, sulla pietra nera, nella notte nera»: «dabīb al-namlat al-sawdā’ ‘alā al-sakhrat al-sahmā’ fī al-laylat al-zalmā’».

 

E io portavo, nella mia preghiera ancor più unita alla sua, nel mio sacrificio ancor più amalgamato al suo, tutta quella massa di credenti musulmani per i quali egli è morto; ai quali, da oltre cinquant’anni, do fraternamente la mia vita; dai quali la sua vita è stata presa con violenza. Eravamo entrambi penetrati fra loro protetti dall’amān, la sacra ospitalità; entrambi ne avevamo abusato, ce ne eravamo serviti, arrivando a travestirci, nella nostra rabbia laica di capire, di conquistare, di possedere. Ma il nostro stesso travestimento li aveva «dati» a noi in modo inesprimibile, in ragione di quel Diritto di Asilo che nessun uomo d’onore, e men che mai un fuorilegge, può tradire; perché è l’ultimo suo punto di verginità, il suo onore di uomo. Foucauld è stato paragonato al colonnello Lawrence d’Arabia, e qualcuno ha osato dire, credendo così di lodare entrambi, che tutti e due avevano abusato dell’ospitalità araba e musulmana. Ora, io ho conosciuto bene Lawrence, Thomas Edward Lawrence, dato che siamo stati nominati insieme, a parità di grado, ufficiali aiutanti dell’emiro Faysal a Gedda; e da quanto egli stesso mi ha confessato il giorno della presa di Gerusalemme, mentre eravamo sulla stessa auto, so che, se ha gettato i galloni, se è volontariamente morto in estrema umiltà, come semplice soldato del personale a terra dell’aviazione, è per il disgusto di essere stato delegato presso quegli arabi, insorti contro i turchi, di cui avevamo fatto i nostri alleati: per servircene e poi scaricarli, come se a un uomo d’onore fosse permesso vendere i propri ospiti.

 

Qualche volta penso: Foucauld ha rispettato a tal punto l’Ospite e il suo Diritto di Asilo, sacro per un Sacerdote, che, se alla fine ha accettato di custodire un deposito di armi nel suo Borj, proprio lui che si era impegnato con un voto a non tenere mai nessuna arma nella propria cella, era per dare ai suoi nemici «dispensa plenaria di versare il suo sangue», per rendere legale il sacrificio.

 

Foucauld commutava per essi in anticipo la qualifica del loro atto omicida: «Siate combattenti di guerra santa; quanto a me, io morrò martire», entrando così nel loro cuore al pari di un vino inebriante. Gesù, già spezzato sulla croce, viene ancor più distrutto nell’offerta del suo ultimo pasto fraterno, in quella povera fragile reliquia, esile meraviglia, oggetto di adorazione, che non è un’icona né tantomeno un idolo: poiché si concede, tutta distrutta e morente, per risuscitare noi, suoi nemici, suoi uccisori, suoi Ospiti, nel povero Paradiso del suo Cuore.

 

«Poniti come un sigillo sul mio cuore, poniti come un sigillo sul mio braccio inchiodato, perché l’Amore è forte come la morte, e il Fuoco della sua gelosia è più duro dell’Inferno».

 

*Testo tratto da Louis Massignon, Parola data, traduzione di Augusto Comba e Claudia Maria Tresso, Adelphi, Milano 1995, pp. 75-76

 

 

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