Questo articolo è pubblicato in Oasis 2. Leggi il sommario

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:52:27

Autore: Joseph Ratzinger Titolo: Fede, verità e tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo Editore: Edizioni Cantagalli, Siena, 2003 Nel presente volume Joseph Ratzinger da poco diventato Papa Benedetto XVI affronta uno dei temi centrali della riflessione filosofico-teologica sulle religioni insistendo sul proprium della fede cristiana; essa non solo non conduce all'intolleranza, ma costituisce la strada per evitare il rischio dell'indifferentismo religioso (una religione vale l'altra perché tutte conducono a Dio). L'autore riconosce il valore dei diversi cammini che conducono all'incontro con Dio, ma non per questo afferma che siano intercambiabili e, soprattutto, non per questo accetta l'ipotesi dell'impossibilità di una effettiva rivelazione da parte di Dio. Infatti, ciò che caratterizza eminentemente la fede cristiana è il fatto della rivelazione. In estrema sintesi il futuro Benedetto XVI individua in questo volume alcune questioni fondamentali. In primo luogo occorre riconoscere che la domanda essenziale non riguarda quale sia la strada più adeguata per raggiungere il mistero di Dio, bensì qual è stata la strada che Dio ha scelto per incontrare l'uomo. In secondo luogo è necessario ammettere dato che nel pensiero dell'autore è di primaria importanza che nella storia delle religioni il Cristianesimo costituisce, tra l'altro, il primo tentativo di conciliare religione e ragione, motivo per il quale l'indifferentismo religioso (che prescinde dall'istanza veritativa) suppone un'autentica regressione. Infine la conciliazione tra religione e ragione offerta dal Cristianesimo fu accompagnata da un'adeguata proposta etica, fatto che favorì ampiamente la diffusione della fede cristiana. Risulta istruttivo il paragone tra il pensiero di Ratzinger e quello di alcuni promotori del dialogo interreligioso a partire da presupposti che possiamo considerare relativisti. Il nostro volume cita la critica a questo pensiero riportata in un istruttivo editoriale de La Civiltà Cattolica (quaderno 1, 1996, 107-120). L'editoriale della rivista dei gesuiti prendeva spunto dalla traduzione italiana del libro No other Name? A critical survey of Christian attitudes toward the world religions (1985) di Paul F. Knitter, professore della Xavier University di Cincinnati. Knitter, sulla base della sua tesi, invitava i cristiani ad abbandonare definitivamente la presunzione di possedere l'unica religione rivelata, l'unica Verità, andando incontro agli altri così da raggiungere un accordo sull'unica verità accessibile in un mondo relativista. Sulla stessa linea Knitter aveva collaborato con un teologo presbiteriano, John Hick, che sosteneva il carattere mitico dell'incarnazione: essa sarebbe una mera metafora per esprimere in un modo accessibile all'umana ragione l'eterno e infinito amore di Dio che, essendo appunto infinito, non può essere ridotto ad un uomo, foss'anche Gesù. Siamo in presenza di un nuovo tentativo di dialogo interreligioso su presupposti relativisti. A questa corrente appartiene, in un certo senso, anche il pensiero di Panikkar: l'uomo di nome Gesù non è altro che una delle manifestazioni del Cristo, il quale si sarebbe incarnato anche in Rama, Krishna, Isvara, Purusha o Tathagata... poiché nessuna di queste manifestazioni esaurisce il Mistero. Ad una tale posizione Ratzinger risponde con nettezza: «Se si osserva l'attuale situazione [...] deve addirittura apparire un miracolo che nonostante tutto si continui ancora a credere cristianamente, non semplicemente nelle forme sostitutive di Hick, Knitter e altri, ma con la fede piena e gioiosa del Nuovo Testamento, della Chiesa di tutti i tempi. Come mai la fede ha ancora in assoluto una sua possibilità di successo? Direi perché essa trova corrispondenza nella natura dell'uomo. L'uomo infatti possiede una dimensione più ampia di quanto Kant e le varie filosofie postkantiane gli abbiano attribuito. Kant stesso con i suoi postulati lo ha anche dovuto ammettere in qualche modo. Nell'uomo vi è un'inestinguibile aspirazione nostalgica verso l'infinito. Nessuna delle risposte che si sono cercate è sufficiente; solo il Dio che si è reso finito, per lacerare la nostra finitezza e condurla nell'ampiezza della sua infinità, è in grado di venire incontro alle domande del nostro essere. Perciò anche oggi la fede cristiana tornerà a trovare l'uomo. Il nostro compito è quello di servire a lui con umile coraggio, con tutta la forza del nostro cuore» (142-143).

Tags