Fatwa del dottor Yûsuf al-Qaradâwî, presidente dell’unione mondiale degli ulema musulmani, circa la necessità di sostenere il presidente egiziano eletto Muhammad Morsi, e di mantenere la Costituzione vigente con il dovere di portarla a compimento nonché invito rivolto al generale al-Sîsî e a quanti sono con lui a ritirarsi per preservare la legalità e la democrazia.

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:39:10

Sia lode a Dio, e preghiera e benedizione siano sul nostro Signore e Imam Muhammad, Inviato di Dio, e sugli altri suoi fratelli Profeti e Inviati, sulla sua Famiglia e sui suoi Compagni e su quanti li seguiranno sulla via del bene fino al Giorno del Giudizio. Quanto al resto, questa è una fatwa emessa per il popolo egiziano in tutte le sue classi e componenti, a beneficio di quanti si compiacciono d’avere Dio come Signore, l’Islam come fede, il Corano come Imam e guida e Muhammad come Profeta e Inviato, quanti fanno della legge islamica – nella sua completezza e complementarietà, nel suo equilibrio e nella sua moderazione – il loro riferimento, quando la confusione aumenta e le difficoltà crescono, quando la gente si dirige chi a destra e chi a sinistra. Allora non si può trovar miglior guida né indicazione più pura del libro di Dio e della Sunna del suo Profeta, poiché «colui cui Dio non ha dato Luce non ha luce (24,40)». In sintesi la mia fatwa, su cui concordano molti ulema di al-Azhar in Egitto, gli ulema del mondo arabo e islamico e gli ulema dell’unione mondiale degli ulema dei musulmani che mi onoro di presiedere, afferma quanto segue. Gli egiziani sono vissuti per trent’anni – per non dire sessant’anni – senza poter eleggere liberamente un presidente a cui affidare il compito di governarli, finché Iddio ha concesso loro per la prima volta un presidente di loro scelta, secondo il loro volere, che è il presidente Muhammad Morsi. A lui hanno prestato patti e giuramenti di ubbidienza, nella buona e nella cattiva sorte, in quanto sarebbe loro piaciuto e in quanto avrebbero trovato difficile. Si sono sottomessi a lui tutte le classi civili e militari, i governanti e i governati, tra cui il generale ‘Abd al-Fattâh al-Sîsî che era ministro della difesa e della produzione bellica durante il premierato di Hishâm Qandîl. Egli giurò e prestò dichiarazione di fedeltà (bayʿa) davanti ai nostri occhi, impegnandosi a ubbidire al Presidente Morsi. E in quell’obbedienza ha continuato finché d’improvviso l’abbiamo visto mutare e da semplice ministro rivendicare un’autorità superiore, con cui ha voluto giustificare la deposizione del suo Presidente legale. Infranta la fedeltà che gli doveva, si è unito a una parte dei cittadini contro l’altra parte, sostenendo di stare con la parte più numerosa. In tal modo il generale al-Sîsî e quanti gli hanno dato man forte hanno errato dal punto di vista costituzionale e dal punto di vista sharaitico. Dal punto di vista costituzionale, il Presidente eletto con un’elezione democratica, su cui non c’è disputa o dubbio, deve restare in carica per tutta la durata del mandato stabilito, cioè quattro anni, se è in grado di agire e se non ne è impedito in modo permanente. E se anche ha commesso degli errori, come personalmente ha riconosciuto, il popolo e diverse forze politiche devono correggerne gli errori, consigliarlo e portare pazienza, ma egli rimane il presidente di tutti. Che un gruppo smetta di obbedirgli e si arroghi un’autorità sul popolo, deponga il presidente e annulli la Costituzione e imponga un altro Presidente e un’altra Costituzione, è un’azione totalmente nulla: costoro si sono attribuiti un’autorità senza fondamento popolare, e anzi hanno violato il Patto di Dio, e il Patto del popolo, vanificando la grande rivoluzione compiuta da tutto il popolo, attraverso la quale è stato istituito questo regime democratico che si è sognato per secoli e per cui sono stati sopportati anni e anni di sacrifici prima di poterlo realizzare. Per questo chiunque annunci provvedimenti incostituzionali nega la costituzione e il regime democratico. Dal punto di vista sharaitico, la Legge islamica che gli egiziani vogliono loro riferimento in uno Stato civico, non in uno Stato religioso teocratico, impone a chiunque vi creda e ad essa faccia riferimento l’obbedienza nei confronti del Presidente legalmente eletto, impegnandolo a eseguirne gli ordini e attenersi alle istruzioni, in ogni realtà della vita, a due condizioni. La prima è che [il governante] non ordini al popolo di ribellarsi apertamente a Dio, con prova certa agli occhi dei musulmani. Questo è quanto dichiarano gli hadîth profetici tramandati da al-Bukhârî, Muslim e altri. «Ascoltate e ubbidite, anche se a governarvi fosse uno schiavo abissino con la testa rinsecchita come un chicco d’uva» (da Anas Ibn Mâlik). «Chi vede nel suo emiro una cosa detestabile, porti pazienza poiché chiunque abbandona la comunità di un solo palmo e muore, muore una morte pagana» (da Ibn ‘Abbâs). «Ascoltare e ubbidire è un diritto [che il sovrano ha] su ogni uomo musulmano, gli piaccia o meno, finché non ordina un atto di ribellione a Dio. Se agisce in questo modo, nessuna ubbidienza è più dovuta» (da Ibn ʿUmar). «Si obbedisce solo nel bene» (da ʿAlî). Tutto questo conferma l’indicazione del Corano quando esso afferma del giuramento delle donne: «E [s’impegnano] a non disobbedirti in quel che è conveniente (60,12)». Ora, in nessun evento si è potuto appurare che il Presidente Muhammad Morsi abbia ingiunto a un solo cittadino un atto aperto di ribellione contro l’Altissimo. Al contrario, le manifestazioni e le reazioni che vediamo in Piazza Tahrir offrono testimonianza della bontà di Muhammad Morsi. La seconda condizione è che [il governante] non ordini al popolo qualcosa che li faccia uscire dalla fede ed entrare nella miscredenza sfrontata, termine con cui s’intende la miscredenza esplicita, senza dubbio e senza discussione. È quello che insegna lo hadîth di ‘Ubâda, che Dio sia soddisfatto di lui: «Abbiamo dichiarato fedeltà all’Inviato di Dio, impegnandoci ad ubbidirgli, nella cattiva come nella buona sorte, e a riconoscergli la preminenza, senza contestare l’ordine delle persone in autorità, tranne che – disse – vediate miscredenza sfrontata tra di voi, di cui Dio vi dia prova certa» (hadîth accettato sia da Bukhârî che da Muslim). Da questo possiamo affermare con chiarezza che il presidente legale Morsi non ha ordinato di ribellarsi a Dio e non ha commesso un atto di miscredenza sfrontata, ma anzi è un uomo che frequentemente digiuna e prega, zelante nell’ubbidire all’Altissimo. Pertanto è necessario che continui a essere presidente, e a nessuno è lecito pretendere presso il popolo di avere il diritto di deporlo. La pretesa del generale al-Sîsî di aver deposto il Presidente Morsi per il bene del popolo e per impedire che si dividesse in due fazioni non lo giustifica a sostenere una delle due parti contro l’altra. Quanti hanno offerto il loro appoggio al generale al-Sîsî non rappresentano il popolo egiziano, ma solo una sua piccola parte. Il Grande Imam il dottor Ahmad at-Tayyeb, Presidente dell’ente dei grandi ulema di cui faccio parte, non ci ha consultati né noi l’abbiamo incaricato di parlare a nostro nome. È lui a sbagliare nel sostenere la ribellione contro il presidente legittimo del Paese, è lui a venir meno al consenso della umma, e nella sua presa di posizione non si poggia sul Corano né sulla Sunna, perché tutto il Corano e la Sunna sono con il Presidente Morsi. Egli si allontana dagli ulema della nazione islamica che non sono disposti a vendersi per una qualsiasi creatura. At-Tayyeb non ha saputo rispondere altro che “occorre scegliere il male minore”. Ma chi ha detto che deporre il Presidente legittimo, rifiutare la Costituzione approvata da quasi due terzi del popolo, e precipitare il Paese in un caos che Dio solo sa, chi ha detto che questo sarebbe il male minore? No, è il male maggiore da cui mettono in guardia il Libro e gli hadîth profetici e i detti degli ulema! Magari il dottor at-Tayyeb si comportasse con il dottor Morsi con la stessa attenzione dimostrata in passato con Hosni Mubarak! Perché usa due pesi e due misure? Il suo atteggiamento distrugge il ruolo dell’Azhar, che è sempre stato con il popolo e non con il governante tirannico. Quanto a Papa Tawadros, i copti non gli hanno affidato il compito di parlare a loro nome e infatti tra di loro ve ne sono alcuni che si sono uniti al partito Libertà e Giustizia e ai partiti islamisti. Al-Baradei non è stato incaricato del gruppo del Fronte di Salvezza e dietro di lui ha soltanto una manciata di seguaci: neppure le forze di opposizione pretendono che sia lui a rappresentarle. E quanti parlano a nome del Partito della Luce [dei salafiti] rappresentano soltanto un piccolo gruppo di singoli ben noti, perché tutti i salafiti e la gamâ‘a islâmiyya e i partiti nazionali liberi e i singoli rispettabili sono contro l’orientamento che è stato preso e che sta per condurre il Paese e i diritti dei Servi di Dio a una triste fine. Io invito il generale al-Sîsî e quanti sono con lui con pieno amore e sincerità, invito tutti i partiti e le forze politiche egiziane, invito i miei fratelli ulema nel mondo e quanti desiderano la libertà, la dignità e la giustizia, a far fronte comune, per salvare il diritto e riportare il Presidente Morsi alla sua posizione legale, per continuare a offrirgli consigli e a stabilire dei percorsi e dei programmi pratici che ci conservino la libertà e la democrazia che ci siamo conquistate a prezzo del sangue e di cui non dobbiamo mai abusare. Per trent’anni Hosni Mubarak è restato in sella, spargendo la corruzione nel Paese, umiliando i Servi di Dio, rubando il loro denaro, facendoli fuggire all’estero, assoldando i teppisti perché proteggessero i suoi uomini, fino alle ultime forme di tirannia e corruzione che la gente ben conosce. Da ultimo ha consegnato il Paese a chi l’ha seguito in uno stato di devastazione totale e malgrado questo l’esercito non ha pensato di deporlo, ma ha lasciato che fosse lui a incaricare l’esercito di prendere in mano la situazione. Abbiamo pazientato trent’anni sotto Hosni Mubarak e non pazienteremo un anno solo sotto Muhammad Morsi? Il difetto non è nel regime democratico, ma in quelli che lo applicano e il rimedio è attenersi ad esso, non distruggerlo dalle fondamenta. Dio non voglia che l’Egitto agisca ingiustamente verso la sua Costituzione e il suo presidente eletto e verso la Legge di Nostro Signore, perché questo non condurrà altro che all’ira di Dio e al Suo castigo: “E non credere che Iddio non sia attento a quel che fanno gli iniqui” (14,42). Io esorto dal profondo del cuore tutto il popolo egiziano, che amo e per cui darei la vita, e da cui non attendo ricompensa o ringraziamento perché nel mio agire cerco soltanto il Volto di Dio, lo esorto, nell’Alto Egitto come nel Delta, nelle città e nei villaggi, nei deserti e nelle campagne, lo esorto, uomini e donne, giovani e vecchi, ricchi e poveri, impiegati e operai, musulmani e cristiani, liberai e islamisti, a restare unito per conservare le acquisizioni della rivoluzione: libertà e democrazia, liberazione da ogni dittatura, senza cedere a un governante tirannico, sia esso militare o civile. Questo è quanto è capitato ad alcune nazioni che, persa la libertà, l’hanno riguadagnata solo dopo diversi anni. E non vi è potenza né forza se non in Dio. O Dio, proteggi l’Egitto e conserva il nostro popolo e non farci perire per le azioni compiute dagli stolti tra noi… Amen. Yûsuf al-Qaradâwî Presidente dell’unione mondiale degli ulema musulmani (trad. Martino Diez)