Autore: Karen Armstrong Titolo: Los Orígenes del fundamentalismo en el Judaísmo, el Cristianismo y el Islam Editore: Tusquets editores, Barcelona Edizione italiana: Il nome di Dio, il fondamentalismo per ebrei, cristiani e musulmani Editore: Il Saggiatore, Milano Prima edizione inglese: The Battle for God Editore: Alfred E. Knopf, New York

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:52:49

L'importanza dell'argomento che affronta il presente volume è più che ovvia. Occorre, invece, mettere in rilievo il suo oggettivo valore: ci troviamo dinanzi ad una voluminosa sintesi delle diverse correnti delle tre religioni del Libro che, soprattutto dopo il XV secolo, hanno intrapreso la via del fondamentalismo. È impossibile che un tentativo così ambizioso non contenga errori, anche gravi, come l'affermazione che Santa Teresa d'Avila sarebbe stata un'ebrea convertita al Cristianesimo o quella che porrebbe la nascita dell'Inquisizione nella Spagna del XV secolo. Anche se questi errori sono importanti - non si dimentichi che l'erudizione paga sempre chi si prende cura di coltivarla - essi non riescono ad intaccare l'imponenza del tentativo e la sorprendente equanimità dell'autrice, soprattutto se si tiene presente il suo percorso personale (Karen Armstrong è stata suora prima di abbandonare la vita religiosa e la Chiesa Cattolica mantenendosi attualmente al di fuori di ogni confessione religiosa).

Chiaramente non manca una specifica chiave di lettura. Possiamo descriverla come la convinzione che lungo la storia uomini e donne hanno vissuto conformemente al mythos (le credenze ricevute dagli antenati), cercando continuamente il logos (le ragioni che spiegano le cose e che permettono di eliminare il mythos). Non siamo, tuttavia, dinanzi ad un'idealizzazione del razionalismo. Anzi l'autrice riconoscere che nei fatti il razionalismo possiede un'origine cristiana che, paradossalmente, si è sviluppata fino a condurre all'irrazionalismo agnostico del XX secolo. Inoltre riconosce l'esistenza di spazi spirituali preclusi alla conoscenza e alle spiegazioni da parte della ragione umana (logos). E non se ne duole; semplicemente constata il fatto. Non cerchiamo pertanto in questo volume riflessioni teologiche, senza dubbio fondamentali, bensì un imponente ed ordinato mosaico composto con le tessere dei movimenti fondamentalisti degli ultimi cinquecento anni. Il limite della chiave di lettura dell'autrice ricompare quando affronta l'origine storica del fondamentalismo.

Essa appare come "logica". E noi storici sappiamo che gli eventi accadono molto raramente "in maniera logica". In primo luogo perché uomini e donne non sono soliti agire sempre in modo logico; poi perché lo storico, nel tentativo di spiegare i fatti del passato, può contare solo su poche variabili, ragion per cui la sua logica è necessariamente riduttiva. Karen Armstrong ricorda che i "Re Cattolici" - Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona, protagonisti dell'unità delle due corone delle Spagne e, pertanto, dell'unità politica della nazione alla fine del secolo XV - crearono il primo "Stato" in senso proprio, mettendo in atto il primo sforzo di "razionalizzazione dello Stato". Il tentativo, tuttavia, era prematuro: fu messo in moto prima che il logos avesse raggiunto un livello accettabile e, conseguentemente, i monarchi si videro obbligati a creare l'Inquisizione, cioè a ricorrere all'irrazionale per reprimere il mythos dei dissidenti. Questo fatto provocò la deriva fondamentalista dei dissidenti: ebrei e musulmani. In seguito entrarono in gioco i filosofi razionalisti, in particolare protestanti, e il problema si acuì fino all'estremo.

La conclusione a cui perviene l'autrice è che il fondamentalismo è l'insieme dei movimenti che pretendono di difendere ad oltranza il mythos e che nascono dal timore di vedere disarmate le proprie credenze da parte della razionalizzazione politica e filosofica. Ma con un nota bene: non si tratta di semplici regressi al passato ma, come ogni reazione, essi assumono, consapevolmente o meno, parte della novità che tentano di combattere. In questo senso i movimenti fondamentalisti sono essenzialmente e paradossalmente moderni. E ciò che è peggio: dopo il 1978 questi movimenti sono diventati violenti. L'autrice si riferisce ai fondamentalismi di matrice ebraica e musulmana, non a quelli di matrice cristiana, identificati soprattutto nei movimenti protestanti nordamericani. Grande conoscitrice del cattolicesimo, non affronta il mondo cattolico né confonde il fenomeno del fondamentalismo con quello dell'integralismo, sorto nel XIX secolo. L'originale americano è stato pubblicato nell'anno 2000, prima quindi dell'11 settembre. Fino a quel momento i crimini fondamentalisti erano stati normalmente selettivi e, in questo senso, l'autrice non spiega la ragione per cui si è arrivati al massacro indiscriminato e di massa. Ma la tesi del volume potrebbe farci pensare che l'adozione del moderno per combattere il moderno abbia condotto taluni fondamentalisti all'impiego dei mezzi moderni e concretamente all'impiego degli strumenti enormemente sviluppati dalla tecnologia. E tra di essi innanzitutto due: la tecnologia finanziaria, che permette loro di agire nell'ambito della speculazione capitalistica, e poi la tecnologia bellica acquisita con i mezzi economici citati.

L'esito dell'operazione è noto. Nell'introduzione all'edizione spagnola del volume, pubblicata dopo gli eventi dell'11 settembre, l'autrice aggiunge al suo pensiero un'osservazione di rilievo: diversi tra i protagonisti dei terribili attentati islamici degli ultimi anni non erano zelanti osservanti delle loro religioni, ma beoni e donnaioli che non adempivano le norme più elementari della religione che invocavano. Per questo dato di fatto l'autrice non sa trovare una spiegazione. L'unico suggerimento è quello che forse si tratti di una forma di "peccato santo", persino autodistruttivo, il cui scopo è forzare Dio ad irrompere di nuovo nella storia per raddrizzarla. Anche se non è da rifiutare, questa tuttavia non sembra una ragione sufficiente. Il fatto in questione riunisce in sé più elementi. Ci troviamo sicuramente dinanzi a problemi psicologici individuali e collettivi, oltre che dinanzi a credenze, e in questo senso ci potremmo domandare fino a che punto in questi problemi non si possa trovare qualche forma di revival dell'irrazionalismo d'origine cristiana in chiave islamica o ebraica. Si tratta, tuttavia, di una semplice ipotesi, anche se a mio avviso fondamentale: la vicinanza con l'Occidente non avrà contribuito, lungo il tempo e in modo inconsapevole, a spingere ebrei e musulmani ad atteggiamenti occidentali che, paradossalmente, sono di radice nichilista, forse nietzschiana o heideggeriana? La stessa Karen Armstrong qualifica come nichilista il più recente fondamentalismo islamico. Anche se comunque l'uso di questo termine per riferirci all'Islam può essere riduttivo: il nichilismo come autodistruzione, eventualmente un'autodistruzione che provochi l'intervento di Dio. Il mio interrogativo riguarda proprio la domanda sulla matrice di questa chiave interpretativa: è originariamente musulmana o è frutto di un nuovo sincretismo con l'Occidente?

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