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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:49:19

San Francesco d'Assisi ha posto nella Regola dei Frati Minori un capitolo su i frati che vanno tra i Saraceni e altri infedeli. Dalle origini del movimento francescano troviamo la sete di essere testimoni di Cristo al di là del mondo cristiano allora conosciuto. Lo slancio missionario fu infuso nei frati dallo stesso fondatore che intese il vangelo "alla lettera", anche e soprattutto in quei capitoli dove Gesù manda i suoi discepoli due a due ad annunciare il Regno di Dio. Sono tanti i frati del suo ordine che hanno seguito il suo incoraggiamento e sono andati nelle terre "dei Saraceni": molti di loro sono morti da martiri. La presenza forte dei Frati Minori in Terra Santa e in tutto il Vicino Oriente è solo l'aspetto più visibile dell'impatto che le parole di Francesco hanno avuto. Sono centinaia se non migliaia i Frati Minori dei tre ordini che da più di 750 anni «hanno offerto se stessi e hanno affidato i loro corpi al Signore Gesù Cristo» dal Marocco alla Cina, e dall'attuale Turchia all'Africa. Ancora oggi tanti Frati Minori (Conventuali, Francescani e Cappuccini) vivono in paesi a maggioranza musulmana insieme ad altri religiosi e religiose e cercano di comportarsi nel modo indicato da San Francesco: senza suscitare liti o controversie, malgrado le situazioni conflittuali in molti paesi; essendo «soggetti per amore di Dio, a ogni umana creatura», cosa non sempre facile in una società in cui un non-musulmano e straniero molto spesso è visto e trattato come un essere umano di seconda classe; confessando «di essere cristiani» senza imporsi, ma con il coraggio di dichiarare apertamente la loro identità e di rendere conto della fonte della loro fede; annunciando, dove e quando è indicato, cioè quando «piace al Signore», la Parola di Dio. Le parole del Santo si applicano a quei fratelli cristiani che da lunghissima tradizione, già prima dell'arrivo dell'Islam, vivono in questi paesi, come pure a quelli che sono arrivati più tardi, così da testimoniare che l'amore di Dio e del prossimo spinge a vivere con serenità tra quelli che non condividono la stessa fede. I frati lo fanno secondo le parole di San Francesco perché «hanno offerto se stessi e hanno affidato i loro corpi al Signore Gesù Cristo». I frati che vanno tra i Saraceni e altri infedeli Regula non bullata cap. 16: Dice il Signore: «Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Siate perciò prudenti come serpenti e semplici come colombe». Perciò tutti i frati che vorranno andare tra i Saraceni e altri infedeli, ci vadano con il permesso del loro ministro e servo. E il ministro dia loro il permesso e non li contrasti, se li vedrà idonei alla missione; infatti sarà tenuto a rendere conto al Signore se in questa o in altre cose si muoverà senza discrezione. I frati poi che vanno tra gli infedeli possono vivere e comportarsi con loro, spiritualmente, in due modi: un modo è che non suscitino liti o controversie, ma siano soggetti, per amore di Dio, a ogni umana creatura, e confessino di essere cristiani; l'altro modo è che, quando vedranno che piace al Signore, annuncino la Parola di Dio, affinché quelli credano in Dio Onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di ogni cosa, e nel Figlio redentore e salvatore, e siano battezzati e diventino cristiani, poiché chi non rinascerà dall'acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel Regno di Dio. Queste e altre cose, che piaceranno al Signore, possono certo dire ai Saraceni e ad altri, poiché il Signore dice nel Vangelo: «Tutti colo¬ro che mi riconosceranno davanti agli uomini, anch'io li riconoscerò davanti a mio Padre, che è nei Cieli»; e: «Chi si vergognerà di me e dei miei discorsi, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella maestà sua e del Padre e degli angeli». E tutti i frati, dovunque sono, ricordino che hanno offerto se stessi e hanno affidato i loro corpi al Signore Gesù Cristo. [brano tratto da Claudio Leonardi (a cura di), La letteratura francescana (vol. 1) Francesco e Chiara d'Assisi, Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori Editore 2004, pp. 31-33 e 73-75].

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