Intervista a S.E. Mons. Kyrillos William Samaan, Vescovo d' Asyût per i copto-cattolici

A cura di Meriem Senous

Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:40:23

Quale la sua impressione del Sinodo al quale partecipa? Uno dei punti centrali condivisi da tutti è che prima di parlare di evangelizzazione, dobbiamo essere evangelizzati noi stessi. Significa che gli evangelizzatori hanno bisogno a loro volta di essere evangelizzati. Abbiamo quindi fatto appello alla conversione, all’umiltà, alla penitenza e alla preghiera per poter evangelizzare. Sono stati affrontati diversi temi concernenti l’evangelizzazione e coloro cui si rivolge. Si è posto l’accento piuttosto sul valore di una evangelizzazione rinnovata: è lo stile che deve essere rinnovato, i mezzi e i metodi. L’evangelizzazione ha come unico oggetto Gesù Cristo come persona viva. Come viene tradotta praticamente l’evangelizzazione rinnovata? Dobbiamo ritrovare l’entusiasmo della prima evangelizzazione. L’entusiasmo della Pentecoste. Il fuoco della Pentecoste deve far ardere i nostri cuori, per aprirci con coraggio e con gioia, e deve ritornare l’entusiasmo della prima evangelizzazione. Cosa si aspetta da questo Sinodo, in particolare in quanto vescovo orientale? Ci aspettiamo molto. Ci aspettiamo un risveglio e un esame di coscienza per noi, per concepire uno stile nuovo per svolgere il ministero. Si è parlato molto anche delle relazioni con in nostri fratelli musulmani e del modo in cui evangelizzarli. Non si può solo farlo sul piano teorico. Nel mio intervento ho citato più volte le attività che vengono proposte nella chiesa e sono numerosi i non-cristiani che vi partecipano e che frequentano le nostre scuole, i nostri ambulatori, il lavoro di sviluppo e di promozione umana. Si può rendere visibile Cristo dalle nostre azioni, dal nostro amore, dalla nostra apertura, dal nostro rispetto per gli altri che riscoprono la nostra dignità. Sono in molti a stimare queste attività sociali che la Chiesa cattolica guida. Ci sono perfino state delle persone che ci hanno detto: “Voi fate delle attività che oltrepassano le vostre dimensioni”. Noi cattolici non siamo in molti, ma la Chiesa è molto presente e molto attiva attraverso le sue scuole, gli ambulatori e le opere di carità. Le nostre opere sono aperte a tutti senza distinzioni, tanti musulmani vi partecipano e stimano molto quello che facciamo. Desideriamo costruire dei ponti con i nostri fratelli musulmani. Per noi l’importante è essere testimoni di Gesù Cristo nel nostro mondo. Alcuni estremisti ci dicono: “Andatevene! Voi potete facilmente ottenere il visto per l’Europa, per l’America, andatevene e lasciateci il Paese!”. Noi rispondiamo così: “Questo è il nostro Paese e ci dobbiamo restare perché abbiamo una missione da compiere, noi siamo il sale della terra, noi siamo la luce e il futuro del mondo. Noi siamo i testimoni di Cristo, gli artigiani della pace e della riconciliazione, e i seminatori della civiltà dell’amore”. Come vivrà la comunità copta questo Anno della fede? Prima di partire per il Sinodo, il Consiglio Pastorale - composto da tutti i rappresentanti delle diocesi dell’Egitto copto cattolico e di tutte le altre Chiese cattoliche d’Egitto, dei laici, dei preti e dai rappresentanti di religiosi e religiose - ha organizzato un incontro di riflessione di tre giorni, soprattutto per l’Esortazione Apostolica Post-Sinodale Ecclesia in Medio Oriente. Dedicheremo l’Anno della fede alla Sacra Scrittura come fonte della fede. Ci si concentrerà particolarmente sulla distribuzione della Bibbia e della sua lettura in famiglia. Ogni giorno un breve passaggio. Per i giovani organizzeremo dei seminari sulla Bibbia per introdurli alla fede adulta. Io dico sempre che dobbiamo fare il passo dalla fede ereditata dai nostri genitori alla fede personale. In questo modo i giovani crederanno perché sono convinti. Non più una fede ereditata per tradizione, ma una fede vissuta. Come guarda ai fatti recenti dei bambini copti accusati di blasfemia e alle violente proteste contro il film anti-Islam? Abbiamo pubblicato una dichiarazione che condanna questo film in quanto è contro il Vangelo, che insegna ad amare e rispettare tutti, e contro il Concilio Vaticano II, di cui celebriamo quest’anno il cinquantesimo anniversario, che invita al rispetto dei nostri fratelli musulmani. Per quanto riguarda il caso dei due bambini, ci sono delle persone che esagerano: cosa possono capire dei bambini così piccoli di blasfemia? Fortunatamente però ci sono le organizzazioni dei diritti umani che hanno protestato e che hanno potuto agire in favore della liberazione dei due bambini. Qualcuno teme che l’Egitto possa diventare un altro Pakistan, dove i cristiani saranno discriminati e perseguitati. Lei che ne pensa? No, non credo. Che ci siano gli estremisti è vero, ma la maggioranza dei musulmani è moderata, secondo l’insegnamento di al-Azhar. Ci sono state manifestazioni in Piazza Tahrir contro l’islamizzazione del Paese. Uno degli slogan dice: “L’Egitto non è una fattoria”, dove chiunque può entrare e fare ciò che vuole. L’Egitto appartiene a tutti gli egiziani. Vi sono proteste anche contro la Costituzione che non rappresenta tutti gli egiziani e a favore dell’istituzione di uno Stato civile. È soprattutto attraverso il dialogo della vita e l’intesa che possiamo conquistare i cuori dei nostri fratelli musulmani. Persino degli estremisti. Abbiamo avuto anche delle iniziative comuni: una volta, ad esempio, abbiamo organizzato una veglia di preghiera insieme, con rappresentanti cristiani e musulmani, e tutti ne sono usciti con le lacrime agli occhi. L’incontro si è tenuto nella nostra cattedrale e c’erano dei giovani musulmani che cantavano canti cristiani e musulmani come quello di San Francesco d’Assisi, “fammi strumento della tua pace”, e ciascuna confessione religiosa ha recitato le sue preghiere. Addirittura alcuni giovani musulmani si sono presentati spontaneamente per pregare e che hanno veramente parlato dal fondo del loro cuore. Dopo questa esperienza, ho pensato che sarebbe opportuno diffondere questa iniziativa, bisogna che si faccia tale esperienza ovunque, in piccolo in tutte le parrocchie per favorire un clima d’intesa. A pochi giorni dal primo anniversario degli avvenimenti di Maspero, la comunità copta crede che sia possibile una recrudescenza degli atti di intolleranza ed che ci possa essere un altro caso Maspero? Non penso che ci sarà un altro caso Maspero, ma fino ad oggi i responsabili di quel crimini non sono ancora stati trovati. La comunità copta si domanda di continuo chi ha commesso quel crimine. Non si sa, è un segreto. Speriamo che sia fatta giustizia. I copti si sentono cittadini di seconda categoria, i loro diritti non sono riconosciuti e questo li ferisce. Speriamo vivamente che il futuro sia migliore. Almeno, dopo la rivoluzione del 25 gennaio si ha la libertà e il coraggio di parlare. Prima i copti non parlavano, non dicevano niente perché non osavano; mentre ora parlano, domandano e tutti ci sentono. Un giorno o l’altro otterremo giustizia. L’elezione del Papa copto non ha ancora avuto luogo e le scadenza sono passate… Il 29 ottobre i 2400 elettori cominceranno la votazione. Anche i rappresentanti della Diaspora dovranno ugualmente votare. Il sorteggio sarà il 4 novembre e il 18 novembre ci sarà l’insediamento. Ci sono dei candidati favoriti? Si parla molto di Anba Raphael, il vescovo di Wast al-Kahira, Wast-al-Medina, del centro della città, un uomo molto pio, molto umile. Si parla anche di un monaco, Raphael, che è stato il segretario di Cyril VI. Chiunque sia, speriamo sappia difendere i cristiani. Per quanto riguarda l’elaborazione della nuova costituzione, fino ad ora non ci sono riferimenti alla Shari’a… La tendenza è quella di mantenere il testo della precedente Costituzione. Vogliono perfino aggiungere una nota per cui i non-musulmani dovrebbero far riferimento alla propria legislazione. Come vede il futuro dell’Egitto? Preghiamo molto per l’Egitto, perché diventi uno Stato civile e democratico. Noi cerchiamo di parlare a coloro che pensano di emigrare dicendo che il Paese ha bisogno di loro. Abbiamo una missione da compiere. Non dobbiamo scappare davanti alle difficoltà. Ma ci sono gravi problemi economici oltre che politici, che spingono ad emigrare.