Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:40:37
Intervento di
S.E. Mons. Landel, Arcivescovo di Rabat, all'incontro del Comitato scientifico della Fondazione Oasis del 2012.
Siamo stati tutti sorpresi dagli eventi cominciati in Tunisia e il cui spirito si è si è diffuso in Medio Oriente e anche tra noi. In numerosi mezzi di comunicazione, abbiamo letto o sentito parlare di questa “Primavera Araba”. La primavera non è il tempo in cui la natura riprende vita?; un tempo in cui ci si prepara ad accogliere tutto ciò che fiorirà da queste gemme?; un tempo in cui si vedono nascere colori, sempre nuovi, dappertutto, perfino in mezzo a campi rocciosi?; un tempo in cui, anche fisicamente, ognuno di noi si sente rivivere?
È vero che in questo o quel Paese, la violenza ha preso il sopravvento, ma noi non dobbiamo forse avere la pazienza di accogliere questa Primavera che, in qualche modo, è già arrivata?; non dobbiamo prepararci, con speranza, ad accogliere questa nuova vita che, per il momento, non è che allo stato germinale? Non possiamo rimanere solo spettatori di tutto ciò che si trasforma. È il momento per noi di lasciar penetrare nei nostri cuori tutte quelle informazioni “verificate”; un periodo per leggere un testo che ci può permettere di gestire meglio l’avvenire. Certo, molti tra noi, cristiani, sono solo di passaggio, ma non possiamo trascurare il dinamismo che questo popolo che ci accoglie sta vivendo. Non siamo uccelli del malaugurio, interessiamoci a tutto ciò che si schiude!
Come in passato, con la nuova Costituzione, i cristiani, tutti stranieri, hanno la libertà di culto. Voci, o alle volte degli articoli di stampa, parlano di un’islamizzazione del Paese. Testimone che cerca sempre di essere attento a quanto succede, devo confessare che io non la percepisco, non la vedo. Certamente vedo tutti i giorni delle manifestazioni dalle finestre; ma sono di carattere sociale e non ho assolutamente sentito un’appropriazione religiosa di qualsiasi tipo.
In quanto cristiani, non dobbiamo forse «rendere conto della speranza che è in noi» essendo al servizio della pace, della giustizia e della riconciliazione là dove ci troviamo? In primavera queste gemme di pace giustizia e riconciliazione possono anche sbocciare! La nostra Chiesa in Marocco non vive anch’essa una primavera? Un momento in cui la vita continua a fluire, anche se la terra è continuamente agitata, anche se noi, come sementi, siamo in perpetuo cambiamento. Non si tratta di piantare semi “modificati” nei nostri campi, bensì i semi che noi siamo e che non hanno altro desiderio che germogliare. La primavera non si manifesta: attraverso tutte le nostre celebrazioni liturgiche che mostrano una fede così viva e dinamica, vissuta in una cattolicità sorprendente? Noi rappresentiamo più di 90 nazionalità diverse!; in tutti quei preparativi ai sacramenti vissuti nelle diverse catechesi proposte ai cristiani stranieri?; attraverso quelle riflessioni che si fanno in questo o quel movimento o gruppo informale?; nei numerosi battesimi o cresime dei cristiani stranieri?; nella nostra presenza nell’economia del Paese o nelle università ? questa testimonianza gratuita non è forse la più forte?... un grano seminato nella terra non fa rumore, ma quale immensa apertura possono continuare a portare tutti quei cristiani sul loro luogo di lavoro!; in tutti quegli incontri che noi possiamo fare a livello più religioso?; nella nostra presenza tra migranti subsahariani, ma nelle numerose associazioni marocchine a carattere sociale o educativo?; nella presenza nell’ambito della scolarizzazione e della sanità? Sapremo noi rallegrarci per questa primavera della Chiesa alla quale partecipiamo? Sapremo noi testimoniare alle persone che incontriamo che questa primavera della Chiesa, nel cuore di questa primavera araba, è qualche cosa di meraviglioso? Una primavera che può scoppiare nel cuore di questo mondo musulmano. Si! È una vera primavera perché la nostra fede è obbligata a crescere, se vuole essere vera!
E per noi che abbiamo la Grazia di appartenere alla Chiesa in Marocco, sapremo essere così audaci da dire in tutti i continenti che noi possiamo vivere una fede viva e vivificante nel cuore del mondo dell’Islam? E come abbiamo detto durante l’ultima Conferenza Episcopale dei Vescovi di Libia, Tunisia, Algeria, Marocco: «ci sembra che tre sfide essenziali emergano in questi Paesi: una sfida religiosa, una sfida politica e una sfida socio-economica».
Queste sfide comportano dei passaggi: dalla paura di un recupero religioso, alla tranquilla affermazione delle proprie convinzioni della fede nel rispetto degli altri valori; da una vita sociale abitata dalla paura, al rischio della libertà, anche a costo di sacrificarsi affinché tutta la nazione possa vivere con più democrazia e dignità; diritto di parola e di responsabilità per le numerose donne che proclamano la loro volontà di essere più rispettate nella dignità e nei diritti; crisi dei giovani che desiderano uno sbocco su un vero avvenire professionale. Queste sfide e questi passaggi non sono ancora stati raggiunti. Ci saranno dei sussulti, ma in quale Paese si è mai potuto fare un cambiamento senza difficoltà? Perché per il nostro Paese dovremmo rendere sinonimo di “difficoltà” “catastrofe”? Cristiani in Marocco, a nostro modo, non possiamo non accogliere queste sfide e questi passaggi. La Chiesa in Marocco non può che essere arricchita da questa “Primavera Araba”. Le parole libertà, giustizia, dignità, partecipazione, onestà, responsabilità, non sono vuote di senso per noi battezzati!