Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:39:17

Nella crisi egiziana un ruolo importante è stato svolto da al-Azhar, la moschea-università tradizionale riferimento dei musulmani egiziani, e in particolare dal suo attuale Shaykh, Ahmad at-Tayyeb. Non si tratta di una novità. Dopo la rivoluzione del 25 gennaio 2011, al-Azhar infatti ha prodotto una serie di documenti, concordati tra alcuni ulema e una “élite” di intellettuali: sul futuro dell’Egitto e sugli obiettivi della Rivoluzione, sulle libertà fondamentali, sulla concordia nazionale e da ultimo, pochi giorni fa, sulla posizione della donna. La logica che li guidava era sempre la stessa: portare allo stesso tavolo esponenti di diverse sensibilità e trovare dei punti comuni su cui costruire. Ma proprio queste e altre prese di posizione hanno sancito la rottura con i Fratelli, lanciati nella corsa al potere. Per la verità, già in partenza le posizioni erano lontane, poiché lo Shaykh, nominato al tempo di Mubarak, è sempre stato diffidente rispetto alle pretese egemoniche dei Fratelli. Questi ultimi hanno cercato in vari modi di esercitare pressioni, appoggiandosi anche su una parte degli azharisti, fino a ventilare la possibilità di dimissioni dello Shaykh, fatto quasi senza precedenti, dal momento che la carica è a vita. Due bracci di ferro hanno opposto at-Tayyeb e i Fratelli in occasione della nomina del Mufti della Repubblica e del Ministro degli Affari religiosi (con vittoria di al-Azhar nella partita più consistente, quella della nomina del Mufti), ma gli incidenti di percorso non sono mai mancati: come quando il governo Morsi ha lanciato i titoli di Stato “islamici” e al-Azhar ha risposto dichiarando che l’aggettivo “islamico” non aveva fondamento. Sempre lo shaykh aveva interpretato in modo molto blando la funzione di controllo di legittimità religiosa che la Costituzione del 2012 confusamente gli attribuiva. Difensore del ruolo e delle prerogative dell’istituzione azharita, non è stato una sorpresa vederlo in prima fila mentre veniva letto il comunicato dell’esercito che dettava la fine del governo della Fratellanza. (Qui il documento di al-Azhar sulle libertà fondamentali )