Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:38:59
Nel nome di Dio, clemente, misericordioso
Cari Fratelli, sono lieto di darvi il benvenuto nel vostro Paese, la Giordania, di salutarvi e ringraziarvi per il vostro impegno.
La nostra regione è sottoposta a uno stato di violenza e di conflitti intra-religiosi, settari ed ideologici. Per molto tempo abbiamo lanciato l’allarme sulle conseguenze negative di tale situazione, che produce modelli di comportamento estranei alla nostra tradizione e al nostro patrimonio umanitario e culturale, basato sui principi della moderazione, della tolleranza, della convivenza e dell’accettazione dell’altro. Cristiani e musulmani, condividiamo queste stesse sfide e difficoltà. Esse esigono l’unione degli sforzi e la nostra piena collaborazione. Dovremmo perciò trovarci d’accordo su un codice di comportamento che ci unisca invece di dividerci.
La nostra principale preoccupazione è che questa percezione negativa, il ripiegamento su di sé e la condizione di isolamento tra i credenti delle diverse religioni possa mettere a rischio la coesione sociale. Dobbiamo perciò concentrarci sull’educazione e sul modo in cui facciamo crescere i nostri figli per proteggere le generazioni future. È una responsabilità che spetta alle famiglie e alle altre istituzioni educative, così come alle moschee e alle chiese.
Sosteniamo ogni sforzo teso a preservare l’identità storica arabo-cristiana, e a salvaguardare il diritto alla libertà di culto, fondata sul principio, presente sia nel Cristianesimo che nell’Islam, che sottolinea l’amore per Dio e l’amore per il prossimo, così come espresso nell’iniziativa “A common word”.
Vi invito perciò a promuovere il processo del dialogo interreligioso e a concentrarvi sulla valorizzazione degli elementi comuni che uniscono i seguaci di diverse religioni e confessioni. A tal fine, ci siamo fatti promotori di diverse iniziative quali l’Amman Message, a Common Word e la World Interfaith Harmony.
Siamo fieri che la Giordania costituisca un modello unico di convivenza e fraternità tra musulmani e cristiani. Crediamo anche che la protezione dei diritti dei cristiani sia un dovere e non un favore. I cristiani arabi hanno svolto un ruolo fondamentale nella costruzione delle società arabe, e nella difesa delle giuste cause della nostra nazione.
Gli arabi cristiani sono coloro che possono capire meglio l’Islam e i suoi valori più autentici. In questa fase chiediamo loro di difendere l’Islam, che è vittima di ingiustizia per via dell’ignoranza di alcuni circa l’essenza di questa fede, la quale predica la tolleranza e la moderazione, e rifiuta l’estremismo e l’isolamento.
Gerusalemme, che oggi è purtroppo sottoposta alle peggiori forme di giudaizzazione, testimonia quattordici secoli di profonde, solide e fraterne relazioni tra musulmani e cristiani, corroborate dal patto di Omar (Ibn al-Khattab), e promosse da mio nonno, lo Sharif Husayn Ben ‘Ali, che Dio lo benedica. Mio padre, re Husayn e io abbiamo continuato, con l’aiuto di Dio a seguire le sue orme.
Abbiamo tutti il dovere di difendere l’identità araba di Gerusalemme, e di proteggere i suoi luoghi santi islamici e cristiani. Gli arabi cristiani dovrebbero restare saldi nella loro identità araba, mentre è un nostro compito collettivo opporci a tutte le pratiche che puntano ad allontanarli o a emarginarli.
Concludendo, vi auguro una buona riuscita dell’incontro, nella speranza che possiate formulare raccomandazione efficaci sulla base delle quali potrò confrontarmi con i leader arabi miei fratelli e con la comunità internazionale affinché possano mettere in atto il sostegno necessario ad applicarle.
La pace, la grazia di Dio e la Sua benedizione siano con voi.