Analisi. È raro sfogliare un libro di autore musulmano senza imbattersi nei temi della decadenza e della crisi profonda del suo sistema valoriale e culturale. In questi ultimi anni e in particolare dopo il 2001, la questione è diventata assillante ed è stata al centro di un grande forum degli ulema e degli intellettuali. Ecco le conclusioni.

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Ultimo aggiornamento: 22/04/2022 09:51:24

L'attentato dell'11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di New York, per il suo carattere eminentemente spettacolare e terrorista, ha scatenato una sorta di terremoto nel mondo intero. La reazione degli Stati Uniti è nota. Le reazioni del mondo musulmano sono varie e non sempre note: da una parte, sul momento, l'attentato ha suscitato in una parte dei musulmani, specialmente giovani, un certo entusiasmo, («per una volta, l'Occidente, rappresentato dal suo più prestigioso paese, è stato vinto»); dall'altra, in seguito al contraccolpo, responsabili politici e uomini di pensiero hanno preso coscienza della gravità della situazione politica, sociale, culturale e religiosa del mondo musulmano. Essi si interrogano sempre più sulle cause di questa situazione e sui mezzi per uscirne. È questo secondo aspetto che noi vogliamo qui trattare. Nessuno dubita, nel mondo arabo-musulmano, che l'Islam stia attraversando una crisi profonda. È raro aprire un libro scritto da un musulmano, a qualsiasi tendenza appartenga l'autore, senza imbattersi in qualche pagina sull'attuale decadenza del mondo musulmano e la profonda crisi che attraversa l'Islam. Questo fenomeno non è nuovo. La presa di coscienza di questa decadenza, o di questo ritardo, o di uno sfasamento tra il "sistema musulmano" e il pensiero moderno, risale alla fine del XIX secolo. È anzi questa presa di coscienza, determinata dall'incontro con l'Europa rappresentato in particolare dalla campagna di Napoleone in Egitto (1798-1801), ad aver suscitato la reazione e il rinascimento arabo e musulmano, la Nahda. Questa presa di coscienza ha trovato in passato espressione in modo evidente nella domanda posta dallo shaykh Muhammad Basyuni `Imran del Borneo (Indonesia) alla rivista Al-Manar di al-Azhar, fondata dallo shaykh Rashid Rida, riformista-tradizionalista: «Perché i musulmani sono regrediti e perché gli altri hanno progredito?» (Limâdhâ ta'akhkhara l-muslimûn, wa-limâdhâ taqaddama ghayruhum). È per tentare di rispondere a questa angosciante domanda che l'Emiro Shakîb Arslân redigeva nel 1930, in arabo, a Losanna, la sua famosa opera che porta questo titolo.1 È significativo che l'opera sia stata recentemente ripubblicata in Libano dallo shaykh Hasan Tamim.2 La pagina pubblicitaria della riedizione, sul dorso dell'opera, recita: «La distanza tra l'epoca in cui fu posta la domanda e la nostra epoca è grande; ma il problema resta identico e la domanda è la stessa, malgrado la distanza di tempo».3 In questi ultimi anni la domanda è divenuta assillante. Dopo l'attentato dell'11 settembre 2001, questo sentire è aumentato: non si tratta solo di "ritardo" nei confronti dell'Occidente, bensì di una crisi profonda che coinvolge l'insieme del mondo musulmano. Senza esagerare, si possono trovare centinaia di articoli, comparsi nel giro di qualche anno, scritti da intellettuali musulmani, che domandano una riforma della società musulmana e propongono soluzioni concrete in vista di questa riforma, tanto sul piano politico (lotta contro il terrorismo di ispirazione islamista, democratizzazione, rispetto dei diritti umani, etc.), quanto sul piano socio-culturale e religioso (posto e ruolo della donna nella società, uguaglianza fra tutte le persone, controllo delle fatwa, rilettura del Corano e della tradizione islamica, apertura al mondo moderno, etc.). Riservando a un'altra occasione lo studio di questi progetti di riforma promossi dagli intellettuali musulmani, mi limiterò qui a presentare e ad analizzare i documenti ufficiali promulgati in occasione della terza Conferenza straordinaria dell'OCI (Organizzazione della Conferenza Islamica), tenuta alla Mecca nei giorni 6-8 dicembre 2005.4 L'intento riconosciuto di questa conferenza era di giungere a delle decisioni per far uscire la Umma musulmana dalla crisi in cui si trova. Se le idee avanzate dalla conferenza non sono sempre nuove, hanno però il vantaggio di rappresentare la voce ufficiale del mondo musulmano. Io mi baserò sul rapporto del Segretario generale dell'OCI, il Prof. Ekmeleddin Ihsanoglu. La Conferenza sulla Disunione All'inizio dell'anno 2005, il Re d'Arabia, Abdullah Bin Abdelaziz, lancia un appello ai dirigenti del mondo musulmano per preparare la terza Conferenza straordinaria dell'OCI di dicembre. Propone loro di «tenere delle riunioni degli ulema e intellettuali della Umma in preparazione della prossima sessione straordinaria del summit della Conferenza islamica, per esaminare la situazione generale del mondo musulmano, ricercare le vie e i mezzi più indicati per unire i nostri ranghi e far uscire la Umma islamica dalla situazione di impotenza e di disunione». Si sarà notato di sfuggita lo scopo di questa riunione: «far uscire la Umma islamica dalla situazione di impotenza e di disunione». Questo ritornerà come un leit-motiv in tutte le dichiarazioni dei capi politici come degli intellettuali. Di conseguenza, si è tenuto alla Mecca, dal 9 all'11 settembre 2005 (la data è forse simbolica?), il forum preparatorio degli ulema e degli intellettuali musulmani. I partecipanti si sono ripartiti in tre commissioni: affari politici e media; economia, scienza e tecnologia; pensiero islamico, cultura ed educazione. Alla fine della tre giorni, hanno stilato le conclusioni secondo le tre commissioni (per ragioni di spazio non presenterò la seconda commissione). La Commissione sulle questioni politiche e i media afferma di primo acchito: «Pur riconoscendo che la Umma islamica attraversa un lungo periodo di crisi, esacerbata da sfide esterne e da campagne ostili, gli intellettuali, ridefinendo le priorità della Umma, hanno raccomandato un certo numero di misure da mettere in atto nel corso del prossimo decennio». Gli intellettuali insistono con forza sulla necessità di rafforzare la solidarietà tra musulmani (3-4). Notano che «l'estremismo e il settarismo impediscono di realizzare una solidarietà vera» (5). Insistono sulla necessità di riformare l'OCI (6). «Essi hanno sottolineato che i parametri islamici del buon governo sono compatibili con la democrazia, l'uguaglianza, la libertà, la giustizia sociale, la trasparenza, la responsabilità, la lotta contro la corruzione e il rispetto dei diritti umani» (7), e «l'importanza di una pacifica risoluzione dei conflitti nel mondo musulmano» (8). Riguardo alla Palestina, «hanno insistito sull'importanza di una soluzione globale del problema in conformità alla legalità internazionale, sul riconoscimento dei diritti inalienabili del popolo palestinese all'autodeterminazione e alla creazione di uno stato palestinese indipendente con Al-Qods Al-Sharif per capitale»(9), ma senza fare alcuna allusione a Israele. Il Terrorismo. La questione del terrorismo è una preoccupazione costante degli Stati musulmani. Il 10 afferma: «Pur sottolineando l'imperiosa necessità di combattere il terrorismo e di aggredire le sue cause profonde, gli intellettuali hanno peraltro sottolineato la mancanza di consenso sulla definizione del termine e hanno insistito sul suo differenziarsi dal diritto di opporsi all'aggresione e all'occupazione straniera come pure dal diritto all'autodifesa. Hanno respinto tutti i tentativi che cercano di stabilire un legame tra l'Islam e i musulmani e il terrorismo, e hanno constatato che ogni lotta condotta contro il terrorismo con mezzi unicamente militari non farebbe che incrementare la violenza. Per questo motivo, si sono appellati all'applicazione della Convenzione dell'OCI sul terrorismo e alla creazione di un centro internazionale di lotta contro il terrorismo, pur esortando gli Stati membri dell'OCI a combattere il terrorismo con sforzi concertati». In questo paragrafo sottolineeremo quattro punti: innanzitutto la riaffermazione della necessità di combattere il terrorismo; poi la necessità "di aggredire le sue cause profonde"; il che comporta che ogni lotta condotta contro il terrorismo con mezzi unicamente militari non farebbe che incrementare la violenza; e inoltre la distinzione da fare tra terrorismo e "diritto di opporsi" all'aggresione e all'occupazione straniera (i mujâhidîn palestinesi entrano evidentemente in questa categoria, ma fors'anche certe azioni irachene); infine e soprattutto il rifiuto di ogni "legame tra l'Islam e il terrorismo". Immagine dell'Islam in Occidente. La questione dell'"islamofobia" ricorre sempre più sulla penna dei musulmani dopo il settembre 2001. Essa è spesso messa in parallelo con l'antisemitismo. Da cui l'affermazione: «Essi hanno inoltre invitato i paesi occidentali a legiferare contro l'islamofobia» (11). Su questa stessa linea, gli intellettuali «hanno attirato l'attenzione sul potere esercitato dal mondo occidentale nel campo dell'informazione e dell'uso deviato dei media per rappresentare negativamente l'Islam e i musulmani» (13). «Per correggere questa stortura gli intellettuali hanno invitato gli stati membri dell'OCI a garantire la libertà di stampa e a trovare un'intesa su un codice di deontologia per i media» (13). Queste due proposte mi paiono essenziali, tanto per il mondo musulmano, quanto per il mondo occidentale. Essi hanno inoltre invitato l'OCI a «produrre documentari e film che correggano le rappresentazioni erronee dell'Islam e dei musulmani» (13); il rischio insito in questa ultima proposta è quello di produrre dei documenti apologetici invece che dare sull'Islam una informazione seria. Le minoranze musulmane al di fuori del mondo musulmano (12) preoccupano sempre più i paesi musulmani per effetto della crescente emigrazione. I testi parlano sempre di «minoranze musulmane» e domandano ai paesi di accoglienza di «vigilare sulla difesa dell'insieme dei loro diritti come pure della loro identità». La menzione dell'identità pone, a mio avviso, un problema: si può parlare di identità musulmana, ed è davvero questo il ruolo dei paesi di accoglienza, quello cioè di vigilare a protezione della loro identità? Si dovrebbe parallelamente domandare all'Arabia Saudita, per esempio, paese organizzatore di questa conferenza, di vigilare a protezione dell'identità dei cristiani. Fino a dove spingersi in questo campo? Dal nostro punto di vista, la terza commissione su pensiero islamico, cultura, educazione è la più interessante e la più ricca di spunti. 1. Innazitutto «gli esperti hanno notato che il mondo musulmano si trova in una fase critica che richiede un nuovo impegno per far fronte ai problemi dell'estremismo, dell'analfabetismo, della qualità dell'educazione, delle malattie da estirpare, del sottosviluppo, della disoccupazione, della responsabilizzazione dei giovani e delle donne, come pure alle sfide culturali che la mondializzazione pone per il patrimonio della Umma» (35). Essi hanno formulato importanti raccomandazioni che contribuiranno «al miglioramento della situazione inaccettabile nella quale si trova attualmente la Umma, in modo da edificare società avanzate che ci permetteranno di stare al passo con la modernità» (36). 2. Questa commissione ritorna a lungo sull'estremismo, da un punto di vista religioso. «L'Islam prescrive la moderazione nei vari aspetti della vita al fine di stabilire l'armonia nella società» (38). Bisogna «accrescere gli sforzi ad ogni livello per disegnare l'immagine veritiera dell'Islam come religione di moderazione, di tolleranza e di coesistenza pacifica» (38). «L'Islam condanna l'estremismo in tutte le sue manifestazioni nella misura in cui esso si oppone a tutti i valori umani». Bisogna «puntare contro le cause dell'estremismo, cause che le sole misure di sicurezza non sono in grado di eliminare» (38, cfr. 10). Bisogna «adottare un discorso islamico moderato». 3. Due punti essenziali sono sviluppati in questo paragrafo 38. «Il discorso deve fare una distinzione chiara tra i principi di base e le ramificazioni, tra quanto è originale e quanto è derivato». Ciò in risposta alla tendenza attuale dell'Islam radicale di mettere sullo stesso piano certi dettagli della vita sociale musulmana con i grandi principi. «Gli intellettuali hanno, inoltre, sottolineato la necessità di sviluppare un programma educativo islamico che tenga conto di questa percezione, e di lanciare, a questo proposito, i necessari processi di revisione». 4. Il moltiplicarsi dei mufti auto-proclamati, che emettono fatwe a vanvera, suscita numerose reazioni nella stampa musulmana, specialmente in Egitto. In questo conteso, gli intellettuali «hanno messo in guardia contro l'emissione di fatwe imprudenti da parte di persone non qualificate che parlano a nome dell'Islam e dei musulmani, e che interpretano gli insegnamenti islamici secondo le proprie opinioni e preferenze, offuscando così l'immagine dell'Islam, tanto all'interno che all'esterno del mondo musulmano» (40). Nello stesso senso, numerosi musulmani auspicano di avere una sorta di «magistero giuridico unificato» (41). È a questo scopo che gli intellettuali hanno sottolineato la necessità di disporre di una referenza internazionale islamica fondata su una giurisprudenza collettiva e organizzata, per fornire chiarimenti sui punti di vista della religione concernenti le questioni e le situazioni nuove. A questo riguardo, hanno fatto appello alla riforma dell'Accademia islamica di Fiqh, in modo che possa servire da autorità giuridica suprema per la Umma islamica» (41). A questo punto arriva una notevole innovazione: «Hanno inoltre raccomandato che le donne facciano parte dei membri dell'accademia in funzione delle loro qualificazioni giuridiche ed accademiche e della loro competenza» (45). 5. L'educazione è il motore principale del progresso. «L'analfabetismo è il principale e reale ostacolo che intralcia lo sviluppo delle società islamiche» (42). «L'insegnamento superiore [...] è lo zoccolo principale sul quale poggia il progresso della Umma e il suo sviluppo». Senza questo «la Umma resterà sempre in ritardo nel campo dell'educazione e della scienza» (43). Infine, affrontando il dialogo tra civiltà, essi sottolineano che «non sarebbe concepibile se non tra partner uguali e sulla base del mutuo rispetto, della reciprocità e della dignità» (45). 6. Gli ultimi paragrafi, infine, (46-51) parlano dei diritti della donna, del bambino, dei giovani ma senza un reale approfondimento. Sui diritti della donna si può leggere: «L'Islam ha chiaramente affermato il ruolo preminente e i diritti della donna nella società. Così pure, si è invocato un miglioramento della condizione e della posizione della donna nella società e negli Stati membri dell'OCI» (46). Piano di Azione contro la Debolezza Due pagine concludono questo rapporto, eccone qualche stralcio significativo: «È convinzione comune delle eminenti personalità, degli ulema e degli intellettuali [...] che il mondo musulmano stia attraversando una fase critica di portata storica. Il mondo musulmano ha bisogno di una nuova visione, di un'agenda appropriata e di un intervento urgente [...]. Il mondo musulmano ha bisogno di un cambiamento meditato e operato da sé stesso e non imposto dall'esterno. Ciò richiede apertura di spirito e vivacità intellettuale, come pure una volontà e una guida politica molto più energica di quella che si è vista in occasione delle passate crisi [...]. Il mondo musulmano ha bisogno di un modo di vedere capace di accogliere queste sfide e di edificare un futuro più radioso per i musulmani sparsi per il mondo [...], un modo di vedere per una comunità di nazioni e di stati che incarni la giustizia, lo sviluppo e la forza morale». «L'assenza di un modo di procedere opportuno e consensuale per raggiungere questo obiettivo potrebbe avere conseguenze imprevedibili, suscettibili di trascinare con sé altre ondate di distruzione, di alienazione, di disperazione, di imbarazzo e di dipendenza nel mondo musulmano». A questo scopo gli intellettuali hanno elaborato un piano d'azione. «Comporta misure di larga portata che dovrebbero essere prese per far uscire i musulmani dalla loro attuale condizione di debolezza, per instaurare un mondo musulmano unificato, solido e forte». «Per concludere, tutta la Umma auspica che sia posto fine all'approccio passivo e isolato assunto di fronte alle sfide che si pongono oggi al mondo musulmano. Essa auspica ugualmente di parlare a una sola ed identica voce e di armonizzare le sue azioni. Una nuova OCI sarà il mezzo in grado di edificare per il mondo musulmano un avvenire più radioso e promettente per centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. La sua riuscita costituirà un autentico successo storico non solo per i musulmani, ma anche per l'umanità nel suo complesso». Non v'è dubbio che gli avvenimenti che hanno fatto seguito all'11 settembre 2001, la diffusione del terrorismo e della violenza nel mondo musulmano, la violenza intra-musulmana, la propagazione dell'estremismo religioso, da una parte; e le reazioni occidentali anti-musulmane, le guerre intraprese dai paesi occidentali contro i paesi musulmani e l'incancrenirsi della situazione in Palestina e in Medio Oriente dall'altra, abbiano rafforzato la percezione di crisi e di debolezza del mondo musulmano e allo stesso tempo la convinzione di essere vittime dell'Occidente. Questa realtà complessa sembra suscitare un profondo desiderio di rinnovamento. Mi sembra essenziale sostenere in tutti i modi questi tentativi perché non falliscano sul nascere. La decadenza del mondo musulmano non può che essere nefasta per il mondo occidentale, per le relazioni internazionali, per le relazioni islamo-cristiane e per la pace mondiale. --------------------------- 1. Shakîb Arslân, Limâdhâ ta'akhkhara l-muslimûn, wa-limâdhâ taqaddama ghayruhum, con prefazione di Muhammad Rashid Rida (Il Cairo: 'Isâ al-Babi al Halabi, 1939). L'autore vi sviluppa l'idea che il ritardo e la decadenza dei musulmani sia dovuto a tre fattori: l'ignoranza, l'assenza di spirito scientifico e la corruzione morale. 2. Idem, edizione riveduta (tab'ah gadidah wa-munaqqahah) dallo shaykh Hasan Tamin (Beyrouth, Dâr Maktabat al-Hayât, s.d.), 167 pp. Nella sua prefazione (p. 5-9, in particolare p. 5-6), lo shaykh Tamin spiega che questo senso di inferiorità (takhalluf) dei musulmani è molto recente; non risale che alla metà del sesto secolo dell'egira (verso il 1150)! 3. Ibidem, sul dorso di copertina, 2. 4. Vedere il sito http://www.islamicsummit.org.sa/fr/9-27.aspx (testo francese), http://www.islamicsummit.org.sa/9-7.aspx (testo arabo), http://www.islamicsummit.org.sa/en/9-27.aspx (testo inglese).

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